nòrdico

Lessico

agg. e sm. (f. -a; pl. m. -ci) [sec. XIX; da nord].

1) Proprio del nord; in particolare, riferito all'Europa, proprio delle regioni più settentrionali dell'emisfero boreale: clima nordico; popoli nordici; lingue nordiche; abitante o nativo delle regioni settentrionali, specialmente europee.

2) In antropologia, tipo principale del gruppo umano europoide. Presenta statura piuttosto alta (173 cm); capelli ondulati, biondi; occhi chiari (azzurri o grigi); cranio dolicocefalo; faccia lunga con naso leptorrino; pelle bianco-rosea; labbra sottili.

Linguistica

Viene così designato il gruppo delle lingue germaniche settentrionali che comprende l'islandese, il norvegese, il danese e il färingio, dal 1948 lingua ufficiale delle isole Fær Øer accanto al danese. Nell'evoluzione storica di questo complesso linguistico si possono distinguere due fasi principali: una antica che arriva fino al sec. XIV e una moderna a partire da tale data. La fase antica comprende tre periodi: quello paleonordico o nordico runico dal sec. III agli inizi del IX, documentato da un certo numero di iscrizioni redatte in un alfabeto runico arcaico di 24 lettere; quello vichingo dagli inizi del sec. IX alla fine dell'XI, documentato da un maggior numero di iscrizioni e in un alfabeto runico più recente di 16 lettere; quello nordico classico o norreno (il termine “norreno” viene anche usato in un'accezione più ampia per designare l'intera fase dei sec. IX-XIV) dalla fine del sec. XI al XIV, in cui l'alfabeto latino, introdotto con la progressiva cristianizzazione della regione, prese il posto dell'alfabeto runico, ciò che permise di fissare per iscritto nei manoscritti i documenti di una rigogliosa letteratura. È soprattutto in questo terzo periodo che si accentuano le differenze dialettali all'interno di una lingua in origine abbastanza omogenea, con la conseguente formazione di un nordico occidentale comprendente il norvegese e l'islandese, e di un nordico orientale comprendente lo svedese e il danese.