megalòpoli

sf. [sec. XX; megalo-+-poli]. Termine con cui si designa, in seguito allo studio di J. Gottmann (1961) sulla megalopoli atlantica, una conurbazione a scala interregionale, caratterizzata dall'enorme dimensione demografica e territoriale (megalopoli atlantica da Boston a Washington, con ca. 40 milioni di abitanti su una zona lunga 800 km, comprendente 5 aree metropolitane; megalopoli renana in Europa, con ca. 10 milioni di abitanti, estesa per 65 km, comprendente 7 aree metropolitane), da gradi diversi di densità insediativa e da elevata mobilità, sia spaziale sia professionale, della popolazione. Il concetto di megalopoli è spesso frainteso e identificato con quelli di agglomerazione e metropoli, specie per quanto riguarda l'estensione del continuum edificato: in realtà, condizione essenziale perché si possa riconoscere correttamente il fenomeno è che l'area urbanizzata si organizzi gerarchicamente, con una spiccata tendenza alla divisione funzionale del lavoro, senza escludere le stesse attività del settore primario, purché condotte in forma capitalistica e tecnologicamente evoluta. La continuità territoriale, dunque, riguarda i flussi di merci, di persone e – soprattutto – di informazioni, oltre alla disponibilità di servizi. Il significato teorico della megalopoli è stato successivamente ripreso nelle ipotesi di P. Hall, K. Linch e M. Weber riguardanti il futuro delle città mondiali.

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