mòdo (musica)
in senso molto generale, il modo indica una determinata struttura intervallare con funzioni normative rispetto alla costituzione di qualsiasi melodia all'interno di un determinato sistema musicale. In questo senso si parla di modo nell'etnomusicologia, riferendosi a sistemi musicali di civiltà extraeuropee (per esempio, indiana, cinese, ecc.), al repertorio folcloristico, e in particolare, per quanto concerne la musica colta occidentale, alla musica greca antica e al repertorio del canto cristiano liturgico. Nella teoria musicale greca il modo è una successione di quattro suoni discendenti (tetracordo) caratterizzati dall'immutabilità del primo e del quarto grado e dalla possibilità di variare il secondo e il terzo, secondo il genere. Il modo rappresenta quindi una sorta di microstruttura modulare, dal momento che genera le armonie ed è alla base del cosiddetto sistema perfetto, composto di 15 suoni. Nel canto gregoriano, per modo si intende una struttura scalare di otto suoni ascendenti, che si caratterizza per la posizione di due note caratteristiche, la finalis e la repercussio (o corda di recita), che si possono, sia pure per larga analogia, far corrispondere ai moderni concetti di tonica e di dominante. I modi gregoriani sono otto, quattro autentici e quattro plagali (o derivati); iniziano rispettivamente dalle note re, mi, fa, sol e la, si, do, re e sono denominati (per analogia con i modi greci, ai quali tuttavia non corrispondono) dorico, frigio, lidio, misolidio (modi autentici); ipodorico, ipofrigio, ipolidio, ipomisolidio (modi plagali). L'uso dei modi si protrasse per tutto il Medioevo e gran parte del Rinascimento; soppiantati dall'avvento della tonalità, furono sporadicamente utilizzati nella musica del tardo Ottocento (Debussy) e della prima metà del Novecento, in alternativa alla stessa tonalità o all'organizzazione dei suoni su nuove basi (atonalità, dodecafonia, ecc.).