lampadàrio
sm. [sec. XVIII; dal latino tardo lampadaríus, servo portatore di fiaccola, dal classico lampas-ădis, fiaccola]. Apparecchio per l'illuminazione artificiale di ambienti interni, in metallo, vetro o altro materiale, appeso per lo più al soffitto e atto a sostenere una o più lampadine. § In uso già nell'antichità (lampadario bronzeo di Cortona, sec. V a. C., Museo Etrusco), il suo impiego divenne più frequente nell'arredamento delle basiliche cristiane, i cui ambienti interni, in occasione delle funzioni liturgiche, sollecitavano numerose fonti di illuminazione diffusa. In quest'ambito il lampadario si sviluppò assumendo forme diverse, a vaso e a croce, costruite in cristallo e in vetro con ricchi supporti in argento (modelli di lampadari dei sec. XI-XIV sono conservati a Venezia nel Museo di S. Marco). Successivi sviluppi in età gotica e rinascimentale determinarono con l'impiego del bronzo e del ferro battuto nuove forme del lampadario, in genere ispirate a disegni floreali. Nel Seicento e nel Settecento il lampadario fu costruito in rame, in ottone, in legno e in ceramica policroma, secondo forme e ornamentazioni suggerite dal gusto e dagli stili della mobilia dei diversi periodi. Famosi sono i lampadari in vetro trasparente e colorato di Murano (a fusto centrale con molteplici bracci, a forma di pagoda, cioè a più ordini sovrapposti, impreziositi con festoni e pendenti) e quelli di cristallo sfaccettato di Boemia. Il passaggio dei diversi mezzi di illuminazione (olio, candela, gas, elettricità) non apportò sensibili modifiche alla tipologia tradizionale del lampadario, che nel sec. XIX assunse forme monumentali e di elaborato disegno. Con le esigenze dell'arredamento moderno, dopo le originali e stravaganti forme del gusto liberty, il lampadario tradizionale è stato soppiantato da più funzionali strutture.