Lessico

sm. (f. -trice) [sec. XIV; dal latino curātor-ōris].

1) Chi ha l'incarico di assistere qualcuno, di amministrare qualcosa.

2) Chi cura l'edizione di un testo: prefazione del curatore.

3) Guaritore.

Diritto privato romano

Nel diritto privato romano, il curator è colui che viene chiamato a integrare o sostituire il soggetto incapace o limitatamente capace di agire. Se ne conoscono varie figure: curator furiosi, ossia del malato di mente, cui competeva la gestione del patrimonio del soggetto incapace; curator prodigi, cui era affidata la gestione del patrimonio del prodigo, a seguito di una solenne interdictio pronunciata, nei confronti di questo, da parte del pretore; curator impuberis (di epoca più tarda), era il sostituto del tutore, nominato dal pretore in caso di inidoneità, assenza, malattia di questi; curator minoris XXV annorum, dapprima nominato di volta in volta, allo scopo di assistere il minore nel compimento di singoli negozi, divenne di nomina stabile all'epoca di Marco Aurelio, senza che gli spettasse la gestione patrimoniale, riservata al minore.

Diritto moderno

Nel diritto moderno, il curatore designa la persona che, su nomina del magistrato, assiste soggetti parzialmente incapaci. Il curatore interviene nei casi di emancipazione o d'inabilitazione (vedi curatela); di persone scomparse dal loro ultimo domicilio e di cui non si abbiano più notizie; quando il patrimonio di un minore sia male amministrato dai genitori; nel caso in cui occorre proteggere i beni di un nascituro alla morte del di lui padre; per l'amministrazione dell'eredità beneficiata e dell'eredità giacente; per i minori che debbano stipulare convenzioni matrimoniali dove sia negato l'assenso al matrimonio da parte del genitore esercitante la potestà. Particolare rilievo ha nel nostro ordinamento la figura del curatore fallimentare: egli amministra il patrimonio del fallito e lo liquida nell'interesse dei creditori e del fallito stesso; nell'esercizio delle sue funzioni assume la veste di pubblico ufficiale e non può delegare ad altri le proprie attribuzioni, salvo particolari operazioni e previa autorizzazione del giudice delegato.

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