crioterapìa
sf. [sec. XIX; crio-+terapia]. Applicazione del freddo a scopo terapeutico. La crioterapia generale consta di bagni freddi attuati per mezzo di particolari casse refrigeranti con doppia parete, nella cui intercapedine circola una sostanza a rapida evaporazione. La crioterapia locale, invece, è molto più usata e di più facile applicazione. In genere, per quest'ultima, si usano borse di tela impermeabile o di gomma riempite di ghiaccio, che vengono applicate sulle varie parti del corpo. Le indicazioni della crioterapia sono piuttosto estese: sull'addome in alcune malattie infettive, nella peritonite acuta, nell'appendicite, nelle emorragie da lesione di organi addominali; sul torace in caso di emottisi; sul capo in caso di insolazione, traumi cranici, ecc. Nel trattamento di alcune patologie cutanee (verruche, mollusco contagioso, fibroma pendulo) si ricorre alla crioterapia mediante azoto liquido o anidride carbonica anidra. Utile l'impiego del freddo nel corso di alcuni interventi chirurgici (criochirurgia).