Vives, Juan Luis

pensatore e umanista spagnolo (Valencia 1492-Bruges 1540). Discendente da ebrei convertiti e perseguitati, studiò a Parigi e insegnò a Oxford, poi a Parigi, dopo il divorzio di Enrico VIII da Caterina di Spagna, e infine a Lovanio. Corrispondente e amico dei maggiori umanisti dell'epoca, da Erasmo a Tommaso Moro, fu un libero e illuminato pensatore del Rinascimento, entro la più consapevole ortodossia cattolica. Come Erasmo, del quale condivise le idee rinnovatrici, scrisse solo in latino; ma tutte le sue preoccupazioni furono moderne. Fu soprattutto un pedagogista, perché considerava essenziale la formazione dell'uomo “intero”; e quindi la psicologia e l'etica del singolo, entro il contesto sociale, costituiscono i poli del suo pensiero, che spesso anticipa idee e tendenze molto posteriori. Le sue opere più geniali sono quelle di pedagogia: Introductio ad sapientiam (1524); De institutione feminae christianae, sull'educazione femminile (1528); De disciplinis, sui programmi scolastici più razionali; De prima philosophia. Ma anche altre, più strettamente filosofiche, come De anima et vita (1538), e di problematica religiosa (De veritate fidei christianae) e sociale (De subventione pauperum), contengono sorprendenti intuizioni e idee suggestive e feconde. Umanista compiuto, compose inoltre opere di erudizione (Rethorica, Quaestiones in Suetonium) e non disdegnò di redigere testi scolastici, come la Exercitatio linguae latinae, consistente in una serie di dialoghi vivi e realistici, che rivelano fra l'altro un acuto spirito di osservazione.

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