Sacchétti, Franco
Indicepoeta e novelliere italiano (Ragusa, Dalmazia, o Firenze ca. 1330-San Miniato, Pisa, 1400). Figlio di un mercante e mercante egli stesso, viaggiò molto, anche fuori d'Italia. Prese parte attiva alla vita politica e civile di Firenze: fu podestà e rappresentante del Comune in paesi di non facile governo come Bibbiena, San Miniato, Faenza, e fu inviato in delicate ambascerie a Bologna e in Lombardia. La peste del 1374 segnò l'inizio di una crisi morale, che si acuì nel 1378 con il tumulto dei Ciompi, di portata sconvolgente per la concezione moderatamente conservatrice di Sacchetti, e nel 1379 con la condanna del fratello Giannozzo. Lutti domestici e difficoltà economiche afflissero negli ultimi anni Sacchetti che, dopo un difficile vicariato a Portico di Romagna, morì di peste. La sua prima opera fu un poemetto in ottave, La battaglia delle belle donne di Firenze con le vecchie, che inserisce un tema tipicamente giocoso (il contrasto tra la bella giovinezza e la turpe vecchiaia) nella struttura popolaresca dei cantari, maliziosamente rivisitati nello spirito di un divertissement letterario, influenzato dal modello boccacciano della Caccia di Diana, e di un gioco salottiero e mondano. Agli anni della Battaglia si ricollegano le prime poesie del Libro delle rime, destinato ad accompagnare, quasi un diario in versi, la vita di Sacchetti: in un primo tempo le Rime procedono senza sostanziali novità nel solco della tradizione toscana, oscillando tra i poli del linguaggio cortese e di quello comico; solo in alcune poesie per musica (madrigali, cacce, ballate) la parola si fa puro ritmo e si scioglie nel canto dando vita a deliziosi quadretti. L'ultimo gruppo di liriche, di intonazione morale, risente della crisi del 1374; al tono evasivo e leggero delle poesie per musica subentra un atteggiamento pedagogico, che trova però il suo mezzo espressivo più congeniale nella prosa, a cominciare dalle Sposizioni di Vangeli. È questa l'opera di gusto più tipicamente medievale di Sacchetti, che, illustrando i brani evangelici delle messe quaresimali e pasquali, rispecchia fedelmente la concezione empirica e prosaica del vivere, propria dei ceti borghesi e mercantili. L'innesto strutturale della tendenza ritmica delle Rime nella moralità delle Sposizioni si verifica nel Trecentonovelle. Pur richiamandosi al modello decameroniano, il capolavoro di Sacchetti se ne allontana per il tono bonariamente conversevole dell'autore, che si definisce “uomo discolo e grosso”, e per il gusto della testimonianza diretta e della cronaca. Il Trecentonovelle è l'efficace e magistrale mimesi artistica di un mondo senza passioni e senza ideali, che nella banalità dei casi quotidiani respinge l'orrore di un'epoca torbida, contrassegnata dal tempestoso tramonto dei Comuni e dall'avvilente crisi del grande Scisma: cattolico osservante e benpensante, Sacchetti sfiora solo la superficie di questa drammatica realtà (di cui resta solo un'eco nelle scialbe e giustapposte “moralità” che chiudono ogni novella), risolvendo la sequenza dei fatti narrati in vivaci e piacevolissimi “scherzi” musicali.
V. Pernicone, Fra rime e novelle di Franco Sacchetti, Firenze, 1942; L. Caretti, Saggio sul Sacchetti, Bari, 1951; G. Getto, Immagini e problemi di letteratura italiana, Milano, 1966; A. Tartaro, Franco Sacchetti e i novellieri, in Autori Vari, La letteratura italiana. Storia e testi, Bari, 1972.