Sūrya
dio vedico del Sole rappresentato nell'arte indiana secondo le convenzioni figurative dell'Apollo greco, sfolgorante su un cocchio tirato da veloci cavalli (sette, gli Haritas, o da uno solo, a sette teste, Etasha) guidati dall'auriga Aruna (il “rosso”). Eretto sul suo cocchio, Sūrya tiene nelle mani gli attributi che ne precisano l'identità, cioè fiori di loto e la conchiglia. Gli esempi più notevoli sono offerti dai rilievi di uno dei pilastri del tempio della Mahābodi a Bodh-Gayā, dai rilievi del vihāra di Bhāja e dal santuario, dedicato al suo culto, di Konarak (Orissa). Sua moglie è Sanjanā, che in seguito assunse il nome di Aśvin (giumenta), poiché secondo il mito ella sfuggì al marito prendendo l'aspetto di una cavalla. Sūrya nondimeno scoperse l'inganno e assumendo le fattezze di uno stallone inseguì la moglie con la quale si accoppiò dando vita ai gemelli Aśvin. In questo suo aspetto equino, Sūrya dettò al saggio Yajnavalkya lo Yajurveda bianco. Tra i suoi appellativi i più comuni sono: Bhāskara, “donatore di luce”, Lokacakṣuh, “occhio del mondo”, e Sāvitri, “Stimolatore” della manifestazione.