Nièvo, Ippòlito
Indicescrittore italiano (Padova 1831-Mar Tirreno, tra Palermo e Napoli, 1861). Dopo aver trascorso l'infanzia nel castello di Colloredo, di proprietà della famiglia materna, studiò a Soave e a Verona. Precoce fu la sua iniziazione politica: infiammatosi degli ideali mazziniani, nel 1849 subì in Toscana l'influsso del radicalismo di Guerrazzi. Nel 1851 scrisse il suo primo libro, l'Antiafrodisiaco per l'amor platonico, ricco già di ritratti sapidi e pungenti, ma rimasto nel cassetto; l'esordio pubblico avvenne nel 1854, con i primi Versi, che si rifanno alla lezione di Giusti, e con gli Studi sulla poesia popolare e civile, in cui veniva affrontato il problema di una letteratura nuova, aperta alle esigenze del negletto mondo contadino. Al mondo della campagna sono appunto ispirate le prime novelle di Nievo, che avrebbero dovuto costituire, nella sua intenzione, un Novelliere campagnolo: spicca, tra esse, il Varmo, imperniato sugli amori infantili dello Sgricciolo e della Favitta, primo nucleo dell'idillio tra Carlino e la Pisana dell'opera maggiore. Nel 1856 vide la luce il primo romanzo, Angelo di bontà, una vicenda ambientata nella Venezia settecentesca, giunta ormai al culmine del suo processo di disfacimento politico-morale: pur fedele al grande modello manzoniano, Nievo dà tuttavia prova di originalità nel gusto della rievocazione storica, congiunto a un saldo sentimento etico d'impronta laica e democratica, che si rivela anche nelle tragedie I Capuani (1856) e Spartaco (1857). Al mito della città di Venezia si congiunge l'altro mito della terraferma veneta nel romanzo successivo, Il Conte Pecoraio (1857), ambientato nel mondo dei contadini friulani, oppressi dalla nobiltà feudale retriva e austriacante. Dopo questo tentativo di romanzo campagnolo, Nievo, avendo preso coscienza dei limiti angusti della letteratura rusticale, si accinse alla composizione di un'opera di più largo respiro, che illustrasse, nelle vicende esemplari di un personaggio, la maturazione della nuova coscienza nazionale. Nacquero così le Confessioni di un italiano, scritte tra il novembre 1857 e l'agosto 1858 e pubblicate postume (1867) con il titolo, imposto dall'editore, di Confessioni di un ottuagenario. Il romanzo è diseguale nella struttura, che trascorre dall'intonazione memoriale della prima parte, imperniata sulla suggestiva evocazione del “castello di Fratta” e del paesaggio veneto, all'impostazione romanzesca, alquanto frettolosa nello stile, della seconda parte; ma l'unità dell'opera è da ricercare nell'impeto giovanile di Nievo, nel suo anelito generoso ed entusiastico verso la vita, congiunto a una vigile e responsabile presa di coscienza dei problemi della nuova società nazionale. Nel 1858 Nievo pubblicò Le lucciole, liriche di facile vena, cui fecero seguito i più maturi versi della raccolta Amori garibaldini (1860), scaturita dalla partecipazione alla II guerra d'indipendenza tra i “cacciatori” di Garibaldi. Al ritorno da quell'impresa, Nievo scrisse due opuscoli politici: Venezia e la libertà d'Italia e il Frammento sulla rivoluzione nazionale, in cui è risolutamente posto il problema della fusione delle grandi plebi contadine nel corpo vivo della nazione. Imbarcatosi nel 1860 per l'impresa dei Mille, Nievo fu nominato da Garibaldi tesoriere della spedizione, incombenza che non gli impedì di prendere parte ai combattimenti. Dopo la liberazione della Sicilia, si imbarcò il 4 marzo 1861 sul postale Ercole in partenza per Napoli, ma la vecchia nave naufragò in luogo imprecisato e il trentenne Nievo scomparve con i suoi compagni di viaggio.
Bibliografia
L. Russo, Ritratti e disegni storici, Bari, 1946; F. Ulivi, Il romanticismo di I. Nievo, Roma, 1947; S. Romagnoli, Momenti di vita civile e letteraria, Padova, 1966; F. Mollia, I. Nievo, Firenze, 1968; M. Gorra, Nievo fra noi, Firenze, 1970; A. Di Benedetto, Stile e linguaggio, Roma, 1974.