Montevérdi, Clàudio

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Vita e opere

Compositore italiano (Cremona 1567-Venezia 1643). Nato in una modesta famiglia, fu avviato giovanissimo alla musica, che studiò sotto la guida del maestro di cappella del duomo di Cremona, Marc'Antonio Ingegneri. A quindici anni, nel 1582, pubblicò la sua prima opera, una raccolta di Sacrae Cantiunculae a tre voci, cui seguirono nel 1583 i Madrigali Spirituali a quattro voci e nel 1584 le Canzonette a 3 voci. La pubblicazione del Primo Libro dei Madrigali (1587) segnò il suo ingresso nel novero dei più grandi compositori europei del tempo. Negli anni giovanili Monteverdi si segnalò anche come suonatore di viola e in questa qualità entrò nel 1590 nella cappella musicale del duca Vincenzo Gonzaga a Mantova. Al suo seguito, fu nel 1595 in Ungheria e nel 1599 nelle Fiandre. Durante questi viaggi, specie il secondo, ebbe modo di fare fondamentali esperienze artistiche, venendo a contatto con un ambiente musicale allora tra i più fervidi e attivi d'Europa. La crescente importanza del ruolo di Monteverdi presso la corte mantovana, sia come compositore sia come concertatore e direttore di manifestazioni musicali, gli valse nel 1603 il titolo di maestro di cappella del duca Vincenzo. Nel 1607 esordì nell'ambito teatrale con l'Orfeo su libretto di Alessandro Striggio, favola in musica commissionatagli dal duca per rivaleggiare con gli sfarzosi spettacoli della corte fiorentina, che sette anni prima avevano inaugurato la consuetudine delle opere in musica con l'Euridice di Peri. La composizione, l'anno successivo, dell'Arianna (del quale è pervenuto solo il Lamento, un episodio rielaborato dallo stesso compositore anche come madrigale a cinque voci e come Lamento della Madonna in un travestimento sacro per voce e basso continuo), poneva Monteverdi alla testa del movimento che alle soglie del barocco andava saggiando le molteplici possibilità espressive offerte dalle nuove acquisizioni stilistiche quali la monodia accompagnata, lo stile concertante per voci e strumenti, le forme chiuse, lo stile vocale virtuosistico, ecc. Era in certo modo, da parte del musicista, una risposta alle violente critiche mossegli a più riprese dal canonico bolognese Giovanni Maria Artusi, che in Monteverdi indicava il rappresentante più significativo di una corrente iconoclasticamente negatrice dei supremi ideali di chiarezza e di equilibrio dell'estetica rinascimentale. Gli anni successivi, gli ultimi trascorsi dal musicista alla corte di Mantova, furono densi di attività in tutti gli ambiti musicali, tuttavia spicca la pubblicazione, nel 1610, della prima grande raccolta di composizioni sacre di Monteverdi, comprendente la Missa senis vocibus, costruita con la più cerebrale tecnica contrappuntistica di ascendenza fiamminga, e il grandioso Vespro della Beata Vergine, ispirato alla festosa misura dello stile concertante proprio della scuola veneta. Alla morte di Vincenzo Gonzaga (1612), Monteverdi lasciò la corte mantovana, probabilmente per contrasti con il nuovo duca Francesco, e l'anno successivo ottenne il posto, ambitissimo e ben remunerato, di maestro della basilica veneziana di San Marco. A Venezia rimase sino alla morte, stimato e onorato come uno dei più grandi musicisti viventi, attendendo serenamente ai propri obblighi di maestro di cappella (che prevedevano la composizione di opere sacre e religiose, purtroppo pervenute solo in parte nella raccolta Selva morale e spirituale edita nel 1640 e nell'altra, postuma, Messa a 4 voci et Salmi, del 1650), e impegnandosi in una fervida attività creativa, sia attendendo con regolarità alla pubblicazione dei propri madrigali (di cui nel 1638 pubblicò l'ottavo libro, intitolato Madrigali guerrieri et amorosi e contenente anche composizioni drammatiche, come il celeberrimo Combattimento di Tancredi e Clorinda su testo tratto dal XII canto della Gerusalemme Liberata di Tasso, e il Ballo delle ingrate), sia componendo opere e balletti per nobili famiglie veneziane e per le corti di Mantova, Parma e Vienna (pagine in gran parte perdute), sia scrivendo musiche sacre per chiese veneziane. A coronamento della propria attività compositiva, Monteverdi scrisse due grandi lavori teatrali per due teatri pubblici di Venezia: nel 1641 Il ritorno di Ulisse in Patria, su libretto di G. Badoaro, per il Teatro San Cassiano, e nel 1642 L'incoronazione di Poppea, su libretto di G. F. Busenello, per il Teatro dei Santi Giovanni e Paolo.

La critica: il creatore della musica moderna

A ragione Monteverdi è stato definito dal maggiore dei suoi studiosi, L. Schrade, il creatore della musica moderna: sia nei suoi lucidi scritti di poetica, sia in tutta la sua produzione (con l'eccezione, forse, di parte delle pagine religiose) Monteverdi afferma una concezione della musica essenzialmente come fatto espressivo, come mezzo per rivelare nella loro più vibrante e icastica dimensione “gli affetti” dell'animo umano. Nella sua opera si assiste appunto al passaggio dall'estetica rinascimentale, che poneva nella forma, nell'armonia della struttura il culmine della perfezione estetica, a quella barocca, che vede in tutti gli aspetti dello stile musicale altrettanti mezzi per portare in primo piano il vario e contrastato mondo della psicologia. Questo trapasso ha come perfetta corrispondenza, sul piano stilistico, la sostituzione di una prassi compositiva fondata essenzialmente sulle risorse del contrappunto imitato di ascendenza fiamminga, con una più libera scrittura, che si modella momento per momento, impiegando via via sempre più complessi stilemi, sui nuclei semantici del testo. Gli otto libri di madrigali (1587-1638) permettono di seguire analiticamente il formarsi di questo stile. L'acquisizione della dimensione scenica, caratteristica delle opere accolte negli ultimi tre libri (che sfruttano in misura rilevante anche le risorse del linguaggio strumentale), è la conseguenza estrema di questa ininterrotta ricerca di una sempre più icastica consistenza immaginativa del linguaggio musicale monteverdiano. Tale linguaggio ha modo di realizzarsi compiutamente nell'ambito del teatro, caratterizzato da una costante umanizzazione dei personaggi, che porta Monteverdi dall'elegante e un po' distaccata atmosfera dell'Orfeo, ancora per tanti aspetti legato al mondo della favola pastorale rinascimentale, al tenebroso affresco, di sconcertante audacia realistica, dell'Incoronazione di Poppea, un'opera che non a torto è stata accostata ai maggiori capolavori shakespeariani.

G. F. Malipiero, Monteverdi, Milano, 1929; C. Sartori, Monteverdi, Brescia, 1953; A. A. Abert, Monteverdi und das musikalische Drama, Lippstadt, 1954; G. Barblan, C. Gallico, G. Pannain, Monteverdi, Torino, 1967; D. Arnold, N. Fortune, The Monteverdi Companion, Londra, 1968; G. Carolyn, Claudio Monteverdi, Pisa, 1978; G. Rosa, Canticum novum. Dall'ars nova a Claudio Monteverdi, Napoli, 1990.

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