Moḥammad Reẓa Pahlavi
scià dell'Iran (Teheran 1919-Il Cairo 1980). Salì al trono nel 1941, dopo che gli Alleati avevano costretto il padre ad abdicare. Nel 1942 un trattato sanzionò legalmente l'occupazione anglo-russa del Paese. Soltanto nel 1946 Moḥammad Reẓā Pahlavī riprese nelle sue mani, e non senza difficoltà, il controllo di tutto l'Iran. Nel dopoguerra il problema-chiave fu quello del petrolio: sollecitato dal nazionalista Moḥammad Moṣaddeq, il Parlamento iraniano decretò la nazionalizzazione delle concessioni dell'Anglo-Iranian Oil Co. e Moḥammad Reẓā Pahlavī, incapace di dominare la situazione, nel 1953 si allontanò dal Paese confidando il potere al generale Zāhedī. Questi arrestò Moḥammad Moṣaddeq e ripristinò la piena autorità della corte. Nel 1954 la questione del petrolio fu risolta con un compromesso favorevole alle compagnie occidentali. L'anno seguente Moḥammad Reẓā Pahlavī allontanò Zāhedī, il cui regime dittatoriale suscitava un gran malcontento, e promosse una cauta liberalizzazione. L'indirizzo politico continuò a rimanere di stampo assolutista, anche se, nel 1963, furono programmate alcune riforme. La crisi energetica mondiale (1973), con l'affluire nelle casse iraniane d'ingenti quantità di valuta pregiata, diede occasione allo scià d'impegnare il Paese in una politica di armamento da grande potenza che, oltre a lasciare irrisolti i problemi economici e sociali, li aggravò. Ne seguì un crescente malessere che esplose in episodi di aperta rivolta, a carattere anche religioso, e, sul finire del 1978, in una vera e propria insurrezione (egemonizzata dalla corrente musulmana facente capo all'ayatollah Khomeini), tanto da costringere Moḥammad Reẓā Pahlavī a lasciare il Paese (gennaio 1979) e a rifugiarsi prima negli Stati Uniti, poi in Egitto, dove morì.