Leskov, Nikolaj Semënovič
scrittore russo (Gorochovo, governatorato di Orël, 1831-Pietroburgo 1895). Figlio di un prete e di una nobile, ebbe un'infanzia difficile. Educato in casa degli zii, dovette a solo diciassette anni cercarsi un impiego per le sventure che impoverirono i parenti. Lavorò dapprima al tribunale di Orël, come scrivano, poi passò a Kijev nell'amministrazione delle finanze. Ebbe modo di viaggiare a lungo per il suo ufficio e anche quando lasciò l'impiego pubblico per quello privato continuò a viaggiare arricchendo enormemente la sua conoscenza della provincia russa che rivive con colorito realismo nelle sue storie. Visse una maturità e una vecchiaia serene, dopo essere stato prima membro del comitato culturale del Ministero dell'Istruzione e poi del consiglio pedagogico. Cominciò a scrivere intorno al 1862, con articoli giornalistici di divulgazione popolare. Subito noto, divenne presto inviso ai più per i suoi articoli di critica non tanto alle idee progressiste che in quel tempo si andavano diffondendo, quanto per l'atteggiamento e i metodi dei nichilisti. Conservatore, di idee liberali, non reazionario, Leskov fu, comunque, sempre più criticato per la posizione antinichilista da lui assunta e che espresse nel racconto Il pecorone (1863), nel romanzo Senza via di uscita (1864) e più tardi in Ai ferri corti (1870-71), in cui abbandonò anche lo pseudonimo di M. Stebnickij precedentemente usato. Il Leskov migliore non sta tuttavia nei romanzi in cui espone le sue tesi politiche e sociali, ma piuttosto nel narratore della vita e della gente russa, che gli procurò da Gorkij il massimo degli elogi quando lo definì “il mago della parola”. Definizione quanto mai pertinente per la ricchezza lessicale dell'autore, la sua raffinatissima arte nel dare a ogni figura una lingua propria, piena di espressioni popolari, di vocaboli, di accenti dialettali, di bisticci di parole, di frasi idiomatiche, di gergo, tanto da fare della sua pagina una stupenda, colorita e realissima tranche de vie, sempre col sottofondo di uno humour e di un'ironia sottile, garbata, in cui pare di avvertire da lontano l'eco di un riso, quando non vi sia invece il fondo cupo di un dramma scandito da un ritmo ossessivo, incalzante, che fa di Leskov un narratore straordinario per vigore e arcana forza dell'ineluttabile. Il mondo da Leskov meglio penetrato è quello del clero, tanto che con gli Ecclesiastici (1872) scrive la sua opera di maggiore impegno, nota anche nella traduzione italiana col titolo Gente di Chiesa e I preti di Stargorod (1872), quadro cromatico e pirotecnico della vita del clero ortodosso. La conferma del suo genio creativo e della sua vivacità rappresentativa riappare in altre storie legate al mondo religioso, come L'angelo sigillato (1873), Le piccolezze della vita episcopale (1878-80), Le montagne, Il brigante di Askalon (1880), mentre tutta la vita sociale russa affiora nella Famiglia decaduta (1867) e la fantasia dello scrittore si espande in opere come Il viaggiatore incantato (1873) o in Gli stratagemmi degli ebrei (1880). Il vigore realistico della sua arte era invece già manifesto in racconti come La Lady Macbeth del distretto di Mensk (1865), La donna bellicosa (1868), mentre capolavori di umorismo e di sottile ironia sono Seramúr, il folle per amor del ventre (1869), storia di un vagabondo il cui unico problema è l'appetito, e Il mancino, ovvero storia del mancino guercio di Tula e della pulce d'acciaio (1881), a glorificazione dell'abilità inventiva e creativa dell'operaio russo. Tra i molti altri piccoli capolavori vanno citati Il vero artista (1883) e L'uomo sugli orologi (1887), e il suo ultimo lavoro, Il nascondiglio di lepri (1894), poiché il regno di Leskov sta soprattutto nella cornice della narrazione breve, in cui la sua arte si esalta tanto da costituire un esempio da cui nascerà una vera e propria scuola.