Govóni, Corrado
poeta italiano (Tamara, Ferrara, 1884-Anzio 1965). Autodidatta, esordì nel 1903 con una prima raccolta di poesie, Le fiale, che, tra echi dannunziani e parnassiani, rivelava già una prodigiosa fantasia verbale. Nelle raccolte successive (Armonia in grigio et in silenzio, 1903; Fuochi d'artifizio, 1905; Gli aborti, 1907) appaiono quei toni dimessi e quelle cadenze di stile che accostano Govoni al crepuscolarismo, pur essendo impossibile delimitare in questa etichetta il suo discorso poetico: Govoni, infatti, si richiama alle suggestioni della natura e al grigiore che avvolge tutte le cose con abbandono malinconico e, insieme, con una violenza d'immagini, un'esplosione di analogie, un epigrammismo folgorante, che non trovano riscontro nella lirica del tempo. Con un simile turgore di sensazioni, era quasi d'obbligo per Govoni il passaggio al futurismo, che si verifica con Poesie elettriche (1911), Inaugurazione della primavera (1915), e soprattutto con Rarefazioni e parole in libertà (1915), forse il primo documento di “poesia visiva”. Nelle raccolte della maturità (Il quaderno dei sogni e delle stelle, 1924; Canzoni a bocca chiusa, 1938; Pellegrino d'amore, 1941) la vena estrosa e sensuale di Govoni perviene a esiti scopertamente surrealistici, documentabili fino alla raccolta postuma La ronda di notte (1966). Frutto di un drammatico incontro con la realtà è invece il libro Aladino (1946), dove è evocata la morte del figlio, militante della Resistenza romana, ucciso nelle Fosse Ardeatine.