Ferrari, Giusèppe
filosofo e uomo politico italiano (Milano 1811-Roma 1876). Allievo di Romagnosi, collaborò alla Biblioteca italiana e agli Annali di statistica; studiò Vico, curandone l'edizione delle opere complete. Trasferitosi a Parigi, si laureò in filosofia (1840) e dopo una travagliata esperienza d'insegnamento in Francia e Belgio, nel 1848, a Milano, si schierò sia contro i moderati, albertisti, sia contro Mazzini, ritenendo opportuno decidere la questione istituzionale a guerra finita. Tornato a Parigi, partecipò per qualche tempo al dibattito fra i fuorusciti; rientrò poi in Italia nel 1859 e venne eletto deputato; da allora, sedette sempre nei banchi della sinistra; nel 1876 fu nominato senatore. Per Ferrari (che in filosofia sostiene una gnoseologia di tipo sensista in continua evoluzione), la storia è una continua e parziale “rivelazione” della necessità razionale della natura. In politica professò idee rivoluzionarie di lotta antipapale e antireligiosa e vide la soluzione del problema dell'unità italiana in un assetto federalistico di impronta repubblicana e democratica. Tra le sue opere: Essai sur le principe et les limites de la philosophie de l'histoire (1843), Filosofia della rivoluzione (2 vol., 1851), L'Italia dopo il colpo di Stato del 2 dicembre (1852), Histoire des révolutions d'Italie, ou Guelfes et Gibelins (4 vol., 1856-58; trad. it., 3 vol., 1870-72), Histoire de la raison d'État (1860; rifusa col titolo Corso sugli scrittori politici italiani, 1862).