Erenburg, Ilja Grigorevič
scrittore sovietico (Kijev 1891-Mosca 1967). Di origine ebraica, frequentò il ginnasio a Mosca e partecipò attivamente ai moti del 1907. Fuggì a Parigi nel 1908, dove entrò in contatto con le avanguardie artistiche e letterarie dell'epoca. Rientrò in Russia nel 1917 finendo per aderire al bolscevismo, cui in un primo tempo si era dimostrato ostile. Fino al 1940, anno del suo definitivo ritorno in patria, soggiornò in molte capitali europee, in qualità di giornalista, l'attività a lui più congeniale, che meglio valse a rivelarne le doti di acuto e brillante osservatore. Esordì come poeta (Versi, 1910; Meditazioni, 1921, ecc.), ma ben presto passò alla prosa. Nel 1922 pubblicò in Belgio il suo primo e forse migliore romanzo, Le straordinarie avventure di Julio Jurenito, definito il romanzo antioccidentale più vivo e affascinante degli anni Venti, di impianto picaresco e di ascendenza volterriana. Ricche d'invenzioni e di fermenti corrosivi sono le successive opere di narrativa (Tredici pipe, 1923; L'amore di Gianna Ney, 1924). Al primo piano quinquennale di sviluppo fu dedicato Il secondo giorno (1933), seguito, nello spirito del realismo socialista, dai romanzi La caduta di Parigi (1941) e La tempesta (1948). La sua opera più nota è comunque il romanzo Il disgelo (1954), che gli valse l'accusa di deviazionismo per le critiche velate e pur chiare mosse alla società sovietica. Interessante compendio della sua vita di uomo e di scrittore appare l'opera autobiografica Uomini, anni, vita (1960-65). Ha scritto anche per il teatro, ma con esiti mediocri.