Epaminónda

generale e uomo politico tebano (ca. 420-362 a. C.). Di nobile famiglia, ricevette un'accurata educazione da Liside di Taranto, filosofo pitagorico. Rimasto lontano dall'attività politica fino all'avvento a Tebe di un governo democratico (379 a. C.), diede la sua collaborazione all'amico Pelopida e con lui riorganizzò lo Stato su basi federali, riuscendo a unificare le varie forze politiche con la sua grande moderazione. Nell'organizzazione militare fu autore di un'imponente innovazione, che ebbe finalmente ragione della “falange” spartana, creduta fino ad allora invincibile: egli introdusse infatti la tattica del cosiddetto “ordine obliquo”, per cui l'ala sinistra, rafforzata fino alla profondità di 40 scudi, serviva allo sfondamento del fronte nemico, mentre le rimanenti forze, schierate su poche linee, si limitavano a contenere l'avversario. Dato un primo scacco a Sparta scacciando il suo presidio dalla Cadmea, Epaminonda riunì le città della Beozia sotto l'egemonia di Tebe e batté gli Spartani nella celebre battaglia di Leuttra (371 a. C.). La sconfitta spartana ebbe pronta risonanza in tutta la Grecia centrale e in parte del Peloponneso. Epaminonda ne approfittò per portare l'attacco nella stessa Laconia, ridando la libertà ai Messeni. Più tardi Epaminonda volle fare di Tebe una potenza navale e fece costruire cento triremi, che riportarono notevoli successi contro la Lega navale ateniese. Nell'ultimo scontro con gli Spartani, avvenuto a Mantinea (Peloponneso) nel 362 a. C., Epaminonda portò i suoi alla vittoria, ma morì in battaglia. L'ultimo consiglio dato ai suoi compatrioti invitava alla pace: egli infatti aveva capito che l'egemonia tebana non sarebbe stata duratura.

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