Elvètidi
sm. pl. [dal latino Helvetía, Svizzera]. Unità tettonica basale dell'edificio alpino, comprendente la parte più autoctona delle Alpi e interessata da una tettonica sia di zoccolo sia di copertura. Benché diffusa in tutta la sezione W delle Alpi, questa unità è particolarmente caratterizzata nelle Alpi svizzere . Nei massicci cristallini esterni, tra faglie inverse, sono serrati, o addirittura occultati, i lembi (denominati impropriamente sinclinali) della copertura sedimentaria. Per esempio tra il Monte Bianco e il massiccio delle Aiguilles Rouges è inglobata la “sinclinale” liassica di Chamonix, considerata come probabile zona di radice della più antica delle falde elvetiche, quella di Morcles. Nei massicci subalpini prevale la tettonica di copertura per scollamento della serie sedimentaria a livello dei terreni triassici, rispetto allo zoccolo e successivi scivolamenti verso l'esterno della catena: si sono così formate delle successioni di pieghe rovesciate e di pieghe-faglie, particolarmente diffuse in Svizzera, dove si distinguono a W le falde di Morcles, dei Diablerets e del Wildhorn e a E quelle di Glaris, di Murtschen e di Axen. Specie nell'ambito delle Prealpi romande si incontra un sistema di falde, esteso ma poco potente, formato da terreni simili a quelli delle falde elvetiche superiori: per la posizione delle loro radici, comprese tra quelle delle falde elvetiche e il fronte delle Pennidi, sono state denominate ultraelvetiche. Circa la loro complessa stratigrafia si ritiene che, sospinte da S, abbiano ricoperto le zone esterne e quindi i terreni delle falde elvetiche prima che l'attività orogenetica interessasse queste zone: il successivo movimento delle falde elvetiche ha interessato anche la copertura ultraelvetica smembrandola, rovesciandola o addirittura inglobandola.