Borgése, Giusèppe Antònio
scrittore italiano (Polizzi Generosa, Palermo, 1882-Firenze 1952). Professore di letteratura tedesca, poi di estetica, nelle università di Roma e di Milano, per avversione al fascismo nel 1931 si trasferì negli Stati Uniti, donde rientrò nel dopoguerra. Inizialmente crociano, fu poi oppositore di Croce: pur accettando il principio dell'autonomia dell'arte, rifiutò, infatti, la dissociazione assoluta del valore estetico da quelli razionali ed etici. Collaboratore di riviste come Il Leonardo e La voce e di vari quotidiani, ha lasciato fondamentali interpretazioni degli scrittori del Novecento, da Pirandello, D'Annunzio, Pascoli a Gozzano e ai “crepuscolari” (l'aggettivo, fortunatissimo, fu coniato da lui) fino a Moravia. Il suo romanzo più importante resta Rubè (1921), storia della decadenza di un velleitario egocentrico, frustrato dalle sue stesse ambizioni. Tra le altre opere che seguirono: I vivi e i morti (1923), Tempesta nel nulla (1931), Il pellegrino appassionato (1933), oltre a un volume di Poesie (1922). Tra i saggi si ricordano: Storia della critica romantica in Italia (1905), G. D'Annunzio (1909), La vita e il libro (1910-13), Poetica dell'unità (1934), Golia (1937).