Babits, Mihály
poeta, narratore e saggista ungherese (Szekszárd 1883-Budapest 1941). Dopo essersi affermato soprattutto come poeta assai versatile, divenne, oltre che direttore della più importante rivista letteraria ungherese, Nyugat (Occidente), anche curatore dei premi letterari Baumgarten e fu in conseguenza per più di due decenni la guida della vita letteraria del suo Paese. La poesia del giovane Babits è dominata da un accentuato individualismo e ispirata all'estetica dell'arte per l'arte (Foglie dalla corona di Iride, 1908); ma, attraverso altri sette volumi di versi, Babits uscì dalla sua torre d'avorio fino a divenire completamente impegnato nel Libro di Giona (1939), in cui esalta la missione del poeta, predestinato dalla divinità a contrastare sulla terra l'azione del male. Sensibile a tutte le correnti della civiltà occidentale, Babits ha realizzato con la sua opera poetica una sintesi tra lo spirito occidentale e quello ungherese. Come traduttore la sua gamma di interessi va da Erato (1921), antologia della poesia amorosa di tutte le letterature, ad Amor Sanctus (1933), ricca scelta di inni sacri medievali. Ha tradotto lirici greci, inglesi, tedeschi, ecc., la Tempesta di Shakespeare, le tragedie di Sofocle; ma il capolavoro di Babits come traduttore è la versione della Divina Commedia (1941). Come narratore si è cimentato col romanzo psicologico (Il califfo della cicogna, 1916), col romanzo pedagogico (Il figlio di Virgilio Timár, 1922), col romanzo sociale (I figli della morte, 1927), col romanzo utopistico (Pilota Elsa, 1933); in una trentina di racconti ha inoltre affrontato i più diversi temi (da quelli mitologici e biblici alla vita delle piante). Come saggista Babits ha sondato l'anima nazionale nello studio Del carattere ungherese (1939) e ha chiarito diversi problemi della storia letteraria del suo Paese, ma ha dato il suo contributo più importante nei due volumi della sua Storia della letteratura europea (1937).