Agra, tappéto di-
lavorazione di tappeti, originaria dell'antico centro di produzione di Agra, che riassume le caratteristiche del tappeto indiano in genere, come veniva eseguito, con poche varianti, nelle altre manifatture imperiali dei Moghūl a Lahore, Jaipur, Fatehpur, Masulipatam, Hyderabad e a Delhi dal sec. XVI al XVIII. Il tappeto, come altri manufatti artistici dell'India dei Moghūl, riflette le componenti di quell'originale fusione che sortì dal complesso incontro culturale tra il mondo indiano e quello musulmano. Il gusto di corte, specie durante il regno di Akbar, improntò di sé ogni manifestazione artistica. A preparare i cartoni per tappeti erano chiamati a collaborare i maggiori miniaturisti persiani, che si valevano della manodopera indiana, così ricca di esperienze sulle tecniche della tintura e della tessitura, sia nei filati di lana e di cotone, sia in quelli di canapa e di seta. Le qualità di questa collaborazione sono rilevabili in alcuni esempi di tappeti più antichi, oggi conservati in musei e in collezioni private (New York, Metropolitan Museum; Boston, Museum of Fine Arts; Londra, Victoria and Albert Museum e National Gallery; Vienna, Österreichisches Museum, dove figura un raro esemplare “da preghiera”). Dopo un periodo di decadenza seguito alla caduta dei Moghūl nel 1738, l'arte del tappeto rifiorì nel sec. XIX, riproponendo alcuni capolavori elaborati mediante la libera interpretazione degli antichi schemi persiani. Anche nella produzione più recente (in cui la qualità appare ben diversa da quella del passato) i colori dominanti sono l'azzurro, il rosso cupo e le tinte avorio per i fondi. Il tema decorativo, a motivi geometrici o floreali tratti dall'antico repertorio persiano (gallo stilizzato, fioroni, palme, rosette e le inconfondibili nuvole “a nastro” cinesi), si irradia da un “supporto” centrale per riecheggiare in precise assonanze dai quattro scomparti, variamente delineati agli angoli del campo entro la fascia, che riflette nel colore e nel disegno identici motivi.