Ōshima, Nagisa
regista cinematografico giapponese (Kyoto 1932-Fujisawa 2013). Esordì nel 1959 con Il quartiere dell'amore e della speranza, cui seguì Racconto crudele della giovinezza. Raggiunse nel 1960 una prima tappa fondamentale con Notte e nebbia del Giappone, un film di acceso e drammatico dibattito politico nell'ambito della sinistra. Nel 1965 diresse Il godimento, Diario di Yunbogi e, negli anni successivi, Il demone in pieno giorno e Sulle canzoni sconce giapponesi, ma in Europa si rivelò nel 1968 con L'impiccagione. Nel 1969 Il bambino fu esibito alla Mostra di Venezia. Ma assai più forte (come poi si vide nella “personale” completa che la Mostra di Pesaro allestì nel 1971) era il precedente Diario di un ladro di Shinjuku (1968) e sarebbero stati i successivi Storia segreta del dopoguerra dopo la guerra di Tōkyō (1970) e La cerimonia (1971), specie di summa della sua attività, distribuito pubblicamente anche in Italia, cui seguì nel 1976 lo “scandaloso” L'impero dei sensi (al quale fu abbinato due anni dopo il più tradizionale L'impero della passione). Il ruolo di Ōshima nel cinema giapponese è analogo a quello di Godard nel cinema francese. Il suo esame critico (e autocritico) parte da una negazione permanente di sé e della società in cui vive e della quale è erede, da un'aggressione anarchica all'autorità costituita e ai suoi modelli di moralità feudale, da un riconoscimento amaro della generosità e dei limiti, anzi della disfatta delle lotte studentesche, da un rovesciamento polemico del ruolo dell'intellettuale e dell'artista in quello di un inflessibile attentatore e “pericoloso criminale”, dal rispondere, beffardamente ma eticamente, all'interrogativo “come vivere” con l'altro “come morire”, dal prendere comunque e sempre partito per le minoranze oppresse e umiliate (donde il valore ricorrente della figura del “coreano” in molti suoi film, compreso La cerimonia). Tra gli altri film, Furyō (1983), presentato a Cannes, il documentario Kyoto, My Mother's Place (1990), Tabù - Gohatto (2000).