èra

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sf. [sec. XIII; dal latino tardo aera, propr. cifra, numero].

1) Serie di anni che si adotta per il computo cronologico stabilendo come inizio un fatto storico considerato particolarmente significativo: tale è per esempio l'era volgare o di Cristo, la cui datazione venne introdotta da Dionigi il Piccolo (sec. VI), mediante la quale si numerano gli anni partendo da quello della nascita di Cristo. Le più note tra le ere usate nell'antichità furono l'era olimpica, divenuta d'uso comune in Grecia verso il sec. II a. C., nella quale gli anni erano calcolati, secondo i cicli olimpici, a partire dalla prima Olimpiade (776 a. C.), e l'era ab urbe condita, dalla fondazione di Roma (fissata da Varrone al 753 a. C.), divenuta ufficiale in età imperiale. Il mondo islamico adottò l'era dell'Egira computando gli anni a partire dalla fuga di Maometto dalla Mecca (622 d. C.), mentre gli Ebrei, almeno dal sec. X, calcolarono gli anni secondo l'era del mondo ponendone la creazione nell'anno corrispondente al nostro 3760 a. C. Anche epoche recenti hanno visto tentativi di sostituire o di affiancare all'era cristiana, nell'uso comune, altre ere: durante la Rivoluzione francese fu adottata l'era repubblicana il cui l'anno I corrispondeva al 1792 e che rimase in vigore fino al 1805. In Italia il regime fascista impose nel 1927 l'uso dell'era fascista (anno I corrispondente al 1922) in aggiunta alla data dell'era cristiana.

2) Per estensione, età, epoca: l'era delle scoperte geografiche.

3) In geologia, l'unità geocronologica formale di ordine immediatamente inferiore all'eone; si divide in periodi. L'unità cronostratigrafica corrispondente è l'eratema.

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