Viènna, Congrèsso di-
Indicecongresso tenutosi a Vienna nel 1814 per assicurare un nuovo assetto politico all'Europa dopo la sconfitta di Napoleone Bonaparte. Costretto quest'ultimo ad abdicare (6 aprile 1814), restaurati in Francia i Borbone, imposti col Trattato di Parigi (30 maggio 1814) alla Francia i nuovi confini che tornavano a essere quelli del 1º gennaio 1792 con alcuni aumenti lungo le frontiere nord-orientale e alpina, ma con la cessione all'Inghilterra di Tobago e Santa Lucia nelle Antille e dell'Île-de-France con le sue dipendenze nell'Oceano Indiano e alla Spagna della parte orientale di Santo Domingo, i vincitori si trovarono dinanzi al problema di riordinare i territori tedeschi, italiani e polacchi che la Rivoluzione e l'Impero avevano sconvolto. Fu facile restituire ad alcuni principi (re di Sardegna, elettori di Hannover e d'Assia, papa) i territori occupati da Napoleone senza che i legittimi sovrani li avessero mai ceduti con regolare trattato; difficile diventava sistemare quelli che dal 1795 la Francia aveva acquistato o regolato attraverso paci legalmente concluse. Stabilito pertanto che la Francia rinunciava ai territori fuori dalle nuove frontiere, fu convenuto che per la loro ridistribuzione i vincitori si sarebbero riuniti in un congresso da tenersi a Vienna. Di fronte alla tesi sostenuta dal rappresentante francese C. Talleyrand che il congresso solo avesse il diritto di regolare le questioni europee, il congresso non fu mai ufficialmente inaugurato e le riunioni che, aperte l'8 ottobre 1814 si chiusero nella capitale austriaca il 9 giugno 1815, furono in realtà la continuazione delle precedenti conferenze che i quattro vincitori avevano tenuto durante la guerra. A loro si unì la Francia, la cui presenza diventò indispensabile causa la spaccatura apertasi tra i vincitori (la Prussia e la Russia si erano infatti schierate contro l'Austria e la Gran Bretagna). Le questioni polacca e sassone furono decisive per creare quella frattura, perché se l'Inghilterra era disposta a veder inglobata la Sassonia nella Prussia, non lo era l'Austria, e né l'Austria né la Gran Bretagna erano disposte ad accettare la creazione di una Polonia sotto lo scettro dello zar. Talleyrand sostenne la tesi che il re di Sassonia poteva esser privato di una parte dei suoi territori ma non dei suoi legittimi diritti (principio di legittimità) e con tale principio egli mirava pure a far scacciare da Napoli G. Murat, cui l'Austria aveva nel 1814 riconosciuto il mantenimento del regno in cambio della sua partecipazione alla guerra contro Napoleone. Quando la tensione sembrò far scoppiare un conflitto armato un trattato di reciproco aiuto fu firmato il 3 gennaio 1815 tra Austria, Francia e Gran Bretagna. I Cento giorni e la caduta di Murat dopo l'infelice spedizione in alta Italia compiuta nel 1815 contro l'Austria diminuirono la tensione e i vincitori con una lunga serie di accordi di compromesso regolarono le singole questioni. I trattati relativi furono conglobati nell'Atto finale del congresso firmato il 9 giugno 1815. L'assetto dell'Europa fu in sostanza quello più conveniente all'Inghilterra, che avendo ottenuto Malta e le Isole Ionie diventò l'arbitra del Mediterraneo e avendo unito il Belgio, già austriaco, all'Olanda sperò di creare una barriera all'espansionismo francese. L'Europa centrale vedeva la Prussia perdere i territori ottenuti nella seconda e terza spartizione della Polonia (passati alla Russia), ma aumentare il proprio territorio di gran parte della Sassonia e delle province renane e dunque diventava essa pure un rempart antifrancese. L'intera Europa centrale fu unita in una confederazione di stati sotto la presidenza dell'Austria, che, ceduti alla Russia i territori ottenuti nella terza spartizione della Polonia, riotteneva tutti i territori perduti nelle guerre contro Napoleone aumentati di quelli delle Repubbliche di Venezia e Ragusa e della Valtellina; inoltre, col ritorno del ramo cadetto in Toscana, con la creazione d'un ramo asburgico a Modena, con l'assegnazione vita natural durante di Parma a Maria Luisa figlia dell'imperatore austriaco e coi diritti di tenere guarnigione a Piacenza, Ferrara e Comacchio, essa diveniva l'arbitra dell'Italia centro-settentrionale. La Sardegna, aumentata del Genovese, costituì essa pure un baluardo anti-francese. La Svizzera venne ricostituita migliorandone l'equilibrio interno e l'assetto delle sue frontiere mediante piccole rettifiche. Essa si dichiarò perpetuamente neutrale. Lo Stato Pontificio venne reintegrato ma diminuito dei possedimenti provenzali e di quelli alla sinistra del Po. Napoli e Sicilia vennero fusi nel regno delle Due Sicilie. La Spagna si rifiutò d'accettare la sistemazione dei Borboni di Parma a Lucca e non firmò l'Atto finale. Fu inoltre messa fuori legge la tratta dei negri. Tale assetto diede all'Europa un equilibrio abbastanza stabile che durò sostanzialmente fino al 1914.
Bibliografia
F. Lemmi, Sui margini del Congresso di Vienna, Roma, 1940; H. Nicholson, Il Congresso di Vienna, Firenze, 1952; K. Griewank, Der Wiener Kongress und die Restauration, Dresda, 1954; C. K. Webster, The Congress of Vienna, Londra, 1963; R. Albrecht Carrié, Storia diplomatica dell'Europa. Dal Congresso di Vienna ad oggi, Bologna, 1964; M. A. Burchet, Le congrés de Vienne, Parigi, 1983.