Unióne Europèa
Indice(UE). Comunità sopranazionale sancita dal Trattato di Maastricht firmato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1º novembre 1993 dopo la ratifica dei 12 Stati membri della Comunità Europea (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Danimarca, Irlanda, Gran Bretagna, Grecia, Spagna, Portogallo), ai quali nel 1994 si sono aggiunte Austria, Finlandia e Svezia. Il 1° maggio 2004 hanno aderito Lituania, Lettonia, Slovacchia, Estonia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia, Ungheria, Malta e la parte controllata dalla Grecia dell'isola di Cipro, mentre il 1° gennaio 2007 sono entrate a far parte dell'Unione Europea Bulgaria e Romania. Nel 2013 è diventato stato membro anche la Croazia. Il 1° febbraio 2020 a seguito della Brexit la Gran Bretagna esce ufficialmente dall’UE.
Storia: i fondamenti dell'Unione
Sorta all'inizio degli anni Novanta del secolo scorso nel nuovo clima internazionale determinato dalla dissoluzione dell'URSS, dal crollo dei regimi comunisti dell'Europa orientale e dalla riunificazione della Germania, l'Unione Europea costituisce dall'istituzione della CEE (1957) la prima organizzazione europea sopranazionale a carattere politico. Risultato tra i più significativi dell'europeismo, essa trae uno dei suoi iniziali fondamenti, al pari di altre istituzioni comunitarie, nelle disposizioni internazionalistiche di alcuni Stati europei che, dal secondo dopoguerra, dichiararono unilateralmente nelle loro costituzioni la disponibilità a partecipare alla formazione di un ordine pacifico in Europa, con ciò ammettendo una pur ridotta prospettiva di limitazione della propria sovranità. Un secondo fondamento è rintracciabile nelle indicazioni contenute nei preamboli dei trattati istitutivi delle organizzazioni e delle Comunità europee, che rappresentarono altrettanti passi in avanti dell'integrazione, sia nella forma di unioni intergovernative di cooperazione (come il Consiglio d'Europa, l'OECE, l'UEO), sia in quella di unioni sopranazionali comunitarie (CECA, CEE, EURATOM). Rispetto a queste, l'Unione Europea può essere considerata un'unione internazionale mista di cooperazione e integrazione (cioè comprensiva delle relazioni di collaborazione politica intergovernativa e di quelle comunitarie in senso stretto) mirante a realizzare la futura unità politica dell'Europa, già implicita nella CEE e più volte ribadita in atti ufficiali comunitari, come nel corso dei vertici dei Capi di Stato e di governo europei di Bad Godesberg (1961), dell'Aia (1969) e di quello di Parigi (1974), dove tali vertici assunsero il nome di Consigli europei. Dal summit parigino scaturì il rapporto del primo ministro belga L. Tindemans, che definiva i contenuti dell'unificazione europea in termini di unità politica, economica e monetaria, sociale e giuridica. Indubbiamente di questi vari aspetti l'unione economica e monetaria fu quella che conseguì i risultati più significativi, mentre la cooperazione politica, soggetta ai mutamenti degli scenari internazionali, ha rivestito una natura più procedurale che sostanziale. Un progresso fu tuttavia la dichiarazione solennemente emanata dal Consiglio europeo di Stoccarda (1983), che stabiliva i principi generali e le condizioni di partecipazione (unione di popoli e di Stati membri della CEE, rispetto della democrazia e dei diritti dell'uomo, scopi politici comuni e sviluppo sia economico che politico), prefigurandone altresì gli organi. Dopo il fallimento del progetto istitutivo dell'Unione Europea approvato dal Parlamento europeo nel 1984 (ma mai proposto alla ratifica degli Stati) ispirato dalla prospettiva federalista, nel 1986 gli Stati della Comunità approvarono l'Atto unico europeo, che eliminava le barriere commerciali, ampliava i poteri legislativi del Parlamento europeo e introduceva (ma solo per alcune materie) il voto maggioritario al posto della tradizionale unanimità nel Consiglio dei ministri europei. Con ciò l'integrazione politica europea entrò in una nuova fase di transizione collegandosi alla prevista Unione Economica e Monetaria (UEM). Nel 1990 infatti il Consiglio europeo di Dublino convocò due conferenze intergovernative, una sulla UEM e l'altra sull'Unione Europea, incaricate di revisionare i trattati comunitari: i progetti furono approvati dal Consiglio europeo di Maastricht (1991) consentendo così l'anno seguente la firma dell'omonimo trattato (entrato in vigore nel 1993). Questo dichiarava espressamente che l'Unione Europea era “fondata sulle Comunità europee”, ma non a esse sostitutiva, nell'intento di costruire “una nuova tappa nel processo di creazione di un'unione sempre più stretta tra i popoli d'Europa”. In questa prospettiva l'Unione Europea risultava fondata su tre pilastri: quello comunitario (sancito dal Trattato di Parigi del 1951, istitutivo della CECA, e dai Trattati di Roma del 1957, istitutivi della CEE e dell'EURATOM); quello delle attività di politica estera e sicurezza comune (PESC); e quello della cooperazione in materia di giustizia e di affari interni. Di conseguenza le competenze dell'Unione Europea si ampliavano ai settori economico e monetario, della politica internazionale e della collaborazione tra forze di polizia e organi giudiziari, i suoi poteri si rafforzavano in relazione alla gestione dei fondi di sviluppo strutturale, alla ricerca, all'ambiente e si aprivano nuovi campi d'azione (cittadinanza europea, educazione, formazione professionale, cultura, salute pubblica, protezione dei consumatori, reti transeuropee, industria, politica sociale). Il Trattato di Maastricht venne revisionato con il Trattato di Amsterdam, siglato nel 1997, che abrogava le parti obsolete dei trattati istitutivi; tuttavia, questa revisione rendeva ancora più complessi i meccanismi decisionali. Inoltre, il Trattato si pone come presupposto per l'ingresso di nuovi paesi nell'Unione Europea ma non risolve i problemi relativi alla composizione della Commissione, all'eventuale aumento dei parlamentari e alla votazione a maggioranza qualificata. Nel febbraio del 2000 si è infatti riunita appositamente una nuova Conferenza intergovernativa, conclusasi con la firma del Trattato di Nizza (26 febbraio 2001), non ancora entrato in vigore in attesa della ratifica dei singoli Stati (che sembra presentare qualche difficoltà, segnalata in particolare dal referendum popolare che in Irlanda ha respinto nel giugno 2001 l'adesione del Paese). Il trattato mirava a rafforzare il ruolo di colegislatore del Parlamento (ampliando le materie di sua competenza), ad ampliare le materie su cui la Commissione può deliberare a maggioranza qualificata, modificando altresì la ponderazione dei voti in vista dell'ingresso di nuovi Stati, e a razionalizzare l'attività della Corte di Giustizia e del Tribunale di primo grado (prevedendo tra l'altro di creare sezioni giurisdizionali specializzate per contenziosi particolari). Pochi i progressi realizzati per rendere operativa in tempi rapidi la politica di sicurezza e di difesa, limitandosi il trattato a ribadire lo sviluppo delle capacità militari dell'U., la creazione di strutture politico-militari permanenti e l'incorporazione delle funzioni di gestione delle crisi internazionali proprie dell'UEO. Il Trattato di Nizza è stato modificato ma non si è giunti a un accordo unanime e definitivamente risolutivo. Nel dicembre del 2001 in Belgio si è riunito il Consiglio, che ha istituito una Convenzione, composta sia da parlamentari europei, sia da rappresentanti dei paesi membri, nonché da rappresentanti dei paesi candidati all'ingresso nell'Unione Europea. Di fondamentale importanza è stata la proposta di Costituzione Europea redatta dalla Convenzione presieduta da V. Giscard d'Estaing e presentata alla Presidenza europea nel luglio 2003. In questo testo sono previste linee comuni in tema di politica estera e di sicurezza da realizzarsi anche attraverso le nuove e semplificate procedure legislative (che prevedono solo tre tipologie di atti: la legge, la legge quadro e il regolamento). Questo trattato è suddiviso in tre parti: la prima definisce le finalità dell'Unione Europea , le istituzioni e le loro competenze, le norme finanziarie e ambientali; la seconda parte sancisce i diritti fondamentali quali il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza, così come indicati dalla Carta dei Diritti; la terza parte, infine, indica le politiche che l'Unione Europea si prefigge di perseguire, quali la lotta alle discriminazioni, e le politiche economiche, che devono mirare alla libera circolazione di persone, merci e capitali nei paesi membri (già parzialmente mosso il legislatore europeo con l'Accordo di Schengen). La Costituzione europea veniva firmata il 29 novembre 2004 a Roma dai capi di stato dei paesi membri; dovrà poi essere ratificata da parte dei singoli Stati ed entrerà in vigore nel 2009. Le modifiche introdotte dalla Costituzione riguardano un po' tutte le istituzioni comunitarie; per quanto riguarda il Parlamento europeo ne vengono ampliati i poteri, nel senso che oltre le funzioni legislative e di bilancio, di controllo politico e consultive avrà anche l'ultima parola su tutte le spese dell'Unione. Inoltre elegge il presidente della Commissione, ratifica la nomina del ministro degli Esteri e degli altri commissari Ue. Per quanto riguarda il Consiglio europeo viene introdotta una presidenza stabile, della durata di due anni e mezzo, che avrà compiti di coordinamento. Viene inoltre introdotto sia per il Consiglio europeo che per quello dei ministri il principio della maggioranza qualificata, mentre l'unanimità resta la regola per quanto riguarda la fiscalità e parzialmente in materia di politica estera, sicurezza comune e politica sociale. La Corte di Giustizia diventa l'organismo garante della Costituzione e si compone di un giudice per ogni Stato ed è assistita da 8 avvocati generali. Successivamente la Costituzione non veniva ratificata dai referendum in Francia e Olanda e si apriva così una lunga fase di stallo, conclusa nel dicembre 2007 con la firma a Lisbona del Trattato, un documento più ristretto che ricalcava la Costituzione e che prevedeva una Presidenza di due anni e mezzo che rappresenterà l'Unione Europea sulla scena mondiale; un Alto rappresentante per la politica estera che sarà anche vicepresidente della Commissione; inoltre a partire dal 2014 la Commissione UE conterrà un numero di membri uguale ai due terzi degli stati membri. Per quanto riguarda l'Europarlamento verrà esteso il potere di codecisione legislativa con gli stati membri su alcune materie come giustizia, sicurezza e immigrazione legale; verrà esteso l'uso del voto a maggioranza qualificata nei campi giudiziario e della cooperazione di polizia, mentre resta il voto unanime per la politica estera, il fisco, la politica sociale e la revisione dei trattati; si introdurrà un nuovo sistema di voto che implica una maggioranza del 55% degli stati membri e il 65% della popolazione della UE. Il trattato di Lisbona è stato ratificato dagli stati membri. Nel 2012 l'Unione Europea ha ricevuto il premio Nobel per la pace "per aver contribuito al progresso della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa per oltre sei decenni". Dal 2010 l’Unione Europea è stata messa alla prova dalla crisi del debito nell’Eurozona, dalla crisi dei migranti, dall’uscita della Gran Bretagna e a febbraio 2020 dalla pandemia di coronavirus, forse la sfida più importante dal dopoguerra per la società e l’economia comunitarie.
Storia: le istituzioni comunitarie
L'Unione Europea configurava altresì cinque sue istituzioni principali: il Consiglio europeo, il Parlamento, la Commissione delle Comunità Europee (o Commissione Europea), la Corte di Giustizia e la Corte dei Conti, cui si aggiungevano due organismi di carattere consultivo: il Comitato economico e sociale e il Comitato delle regioni. Secondo quanto già stabilito dall'Atto unico europeo, il Consiglio europeo costituisce l'organo di impulso e di orientamento politico generale dell'Unione europea. Emanazione degli Stati membri a livello ministeriale, il Consiglio – la cui composizione varia a seconda degli argomenti trattati (i ministri dell'Agricoltura compongono per esempio il Consiglio che delibera in materia di politica agricola) – è presieduto dal ministro dello Stato membro che detiene la presidenza dell'Unione Europea, esercitata a rotazione semestrale dai singoli Paesi. È, accanto al Parlamento, il principale organo decisionale dell'Unione Europea e almeno ogni due anni riunisce i capi di Stato e di governo dei Paesi membri con la partecipazione del presidente e di un componente della Commissione europea. Le sue competenze hanno una duplice origine. Da un lato derivano dal Trattato istitutivo della Comunità europea, in virtù del quale il Consiglio ha potere legislativo (che esercita in collaborazione con il Parlamento per un gran numero di temi), coordina le politiche economiche comunitarie, conclude accordi internazionali e rappresenta (sempre con il Parlamento) l'autorità di bilancio della Comunità. Dall'altro esercita funzioni derivanti dal Trattato sull'Unione Europea: definizione e attuazione della politica estera e di sicurezza comune, coordinamento dell'azione degli Stati membri e misure per la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale. Il Consiglio delibera (con voto ponderato in base al peso demografico degli Stati) all'unanimità su materie di particolare rilevanza - come la PESC (Politica estera e Sicurezza comune), l'immigrazione e la fiscalità - e a maggioranza qualificata per le altre. Il Parlamento europeo, invece, viene eletto ogni 5 anni a suffragio universale e rappresenta le principali tendenze politiche dei Paesi membri, riunite in formazioni politiche sovranazionali. Condivide con il Consiglio la funzione legislativa e il potere di bilancio, esercitando nel contempo un controllo sulla Commissione europea, di cui approva la designazione dei componenti e su cui ha diritto di censura. Ma il vero motore del sistema istituzionale dell'Unione Europea è la Commissione delle Comunità europee, che possiede il diritto d'iniziativa legislativa, vigila sull'applicazione del diritto comunitario insieme con la Corte di Giustizia e rappresenta sulla scena mondiale l'Unione Europea, in nome della quale negozia accordi internazionali soprattutto in materia di commercio e cooperazione. Per ciò che attiene alle deliberazioni che coinvolgono tutte queste istituzioni si possono schematicamente individuare due tipi di procedure. Quella cosiddetta di codecisione (applicata per esempio al mercato interno, ai trasporti, all'ambiente, alla tutela dei consumatori, all'istruzione, alla sanità) in base alla quale la Commissione presenta al Parlamento e al Consiglio una proposta che viene adottata se approvata da entrambi questi organi (a maggioranza qualificata per il Consiglio). Nella procedura cosiddetta di parere conforme, invece, la proposta avanzata dalla Commissione è sottoposta al parere consultivo del Parlamento e deliberata dal Consiglio (a maggioranza qualificata o all'unanimità a seconda delle materie trattate). Un ruolo via via più rilevante ha assunto la Corte di Giustizia (creata nel 1952 e composta da 15 giudici e 8 avvocati generali nominati concordemente ogni 6 anni dagli Stati membri), organo di tutela giurisdizionale del diritto comunitario, autonomo dai singoli diritti nazionali e direttamente efficace per gran parte delle sue norme in tutti gli Stati membri. La Corte di Giustizia, cui è stato affiancato nel 1989 un tribunale di primo grado, assicura pertanto il rispetto e l'interpretazione uniforme del diritto comunitario ed è competente a pronunciarsi su controversie che possono sorgere tra Stati membri, istituzioni europee, imprese e privati. Il controllo giurisidizionale della Corte è stato rafforzato dal Trattato dell'Unione Europea: infatti lo Stato condannato è obbligato ad adottare i provvedimenti stabiliti dalla sentenza della Corte che, in caso contrario, può infliggere sanzioni di ammenda o penalità di mora. La Corte dei Conti, infine (creata nel 1977 e composta da 15 membri nominati per 6 anni), controlla la legittimità e regolarità delle entrate e delle spese dell'Unione Europea, accertando la corretta gestione del bilancio, mentre la Banca Centrale Europea, sorta nel 1999, definisce e attua la politica monetaria europea. Il sostanziale rispetto da parte dei Paesi contraenti dei vincoli di convergenza economica e finanziaria stabiliti a Maastricht consentiva infatti l'entrata in vigore dal gennaio del 1999 della moneta unica europea, l'euro, anche se solo per 11 dei 15 Stati membri, giacché la Grecia, per non aver soddisfatto i previsti parametri finanziari, poteva adottare la nuova moneta solo a partire dal 1° gennaio 2001, mentre Gran Bretagna, Svezia e Danimarca ne sono rimaste fuori per scelta politica. Benché le politiche economiche dei singoli Stati non fossero ancora sufficientemente omogenee, la Banca centrale europea poté iniziare a gestire autonomamente l'euro, che tuttavia subì un deprezzamento nei confronti del dollaro. Malgrado queste difficoltà, l'introduzione dell'euromoneta (che ha sostituto definitivamente le singole valute nazionali a partire dal 1° gennaio 2002) ha consenito all'Europa di divenire un'area economicamente integrata, ne ha accresciuto il peso nelle negoziazioni commerciali multilaterali e nelle relazioni finanziarie internazionali e ha permesso alle politiche finanziarie europee di evitare i rischi inflazionistici connessi alla necessità di difendere le singole monete nazionali.Tra le istituzioni dell'Unione Europea va ricordato il Mediatore europeo, figura istituita dal trattato di Maastricht che viene nominata dal Parlamento europeo per un mandato rinnovabile di cinque anni. Il Mediatore funge da intermediario fra il cittadino e le istituzioni dell'Unione Europea ed è abilitato a ricevere e esaminare le denunce di qualsiasi cittadino dell'Unione, persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro. Contribuisce a individuare i casi di cattiva amministrazione nell'azione delle istituzioni e organi dell'Unione Europea. Alcuni dei problemi più comuni trattati dal Mediatore sono: l'iniquità, le discriminazioni, l'abuso di potere, l'omissione o rifiuto di informare, i ritardi ingiustificati, le irregolarità amministrative. Il Mediatore può inviare raccomandazioni alle istituzioni dell'Unione Europeae investire del caso il Parlamento europeo affinché promuova l'azione politica necessaria. Il Mediatore esercita le sue funzioni in piena indipendenza e con imparzialità, non sollecita né accetta istruzioni da alcun organismo e per la durata del suo mandato non può esercitare alcuna altra attività professionale, remunerata o meno. Le istituzioni dell'Unione Europea hanno l'obbligo di fornire al Mediatore le informazioni che questi richiede e gli permettono di consultare i loro documenti, possono rifiutare tale accesso solo per motivi di segreto professionale debitamente giustificati.
Storia: difesa comune e riforma delle istituzioni
Le prospettive dell'allargamento hanno reso del resto più urgente la già avvertita esigenza di riformare le istituzioni dell'Unione Europea, compito affidato nel 1996-97 a una Conferenza intergovernativa (CIG) che, registrando le resistenze di alcuni governi, si è limitata ad affrontare soltanto tre aspetti: la revisione del sistema di voto del Consiglio europeo, l'introduzione della maggioranza qualificata nelle procedure di deliberazione e la riduzione dei membri della Commissione europea. Con la nomina a Presidente della Commissione dell'ex premier italiano Romano Prodi (maggio 1999) sono state ripristinate le tradizionali funzioni di neutralità e d'impulso dell'organo, ma non è venuto meno il problema di una riforma istituzionale, soprattutto in vista dell'allargamento e della connessa capacità dell'Unione Europea di assolvere un ruolo diplomatico e militare autonomo e incisivo sulla scena mondiale. Sempre più attuale diveniva pertanto la costruzione di un sistema di sicurezza credibile e indipendente da quello della NATO dominato dagli USA, pur nel rispetto dell'alleanza atlantica. Gli attentati negli Stati Uniti dell'11 settembre 2001 hanno posto in essere una situazione, nell'ambito del trattato NATO, che non si era mai verificata: appellandosi all'articolo 5 del trattato, infatti, gli USA hanno invocato l'eventuale collaborazione militare e il sostegno politico nella campagna contro il terrorismo culminata con i bombardamenti sull'Afghanistan iniziati il 7 ottobre 2001. In base a tale articolo l'attacco contro uno stato membro equivale all'attacco contro tutti gli stati membri, che devono intervenire in soccorso dello stato attaccato. La PESC si è presentata come una delle questioni più delicate, costituendo un elemento distintivo dell'Unione Europea fin dalla sua nascita e nel contempo il tradizionale punto critico delle divergenze degli Stati in relazione alle finalità politiche ultime dell'unificazione europea, schematicamente riconducibili a due posizioni: quella francese, per la quale la difesa comune sarebbe condizione e vettore dell'Europa politica, e quella britannica, che vi ha visto invece un limite invalicabile dell'integrazione europea. Per l'insieme di questi problemi una svolta importante interveniva nel giugno del 1997 con il Trattato di Amsterdam, entrato in vigore nel maggio del 1999, che, modificando il precedente Trattato di Maastricht, contemplava nuovi trasferimenti di responsabilità all'Unione Europea, ha accresciuto i poteri del Parlamento e ha stabilito il possibile ricorso alla maggioranza qualificata per le decisioni concernenti la PESC. Il processo decisionale che esigeva l'unanimità è divenuto così meno vincolante, giacché le astensioni non bloccavano più l'adozione di una decisione (cosiddetto “sistema dell'astensione costruttiva”, per cui gli Stati che si astengono non sono obbligati ad attuare la decisione, ma nulla possono fare per impedirla). Le azioni comuni, inoltre, sono passate alla competenza del Consiglio con deliberazioni prese a maggioranza qualificata dei due terzi degli Stati. Ogni Paese, tuttavia, ha mantenuto il diritto di veto, mentre le decisioni con dirette implicazioni militari hanno continuato a esigere l'unanimità. Si è stabilito infine di designare un alto rappresentante per la PESC, sorta di prefigurazione di un futuro unico ministro per gli Affari esteri, consentendo così alla Unione Europea di avere una maggiore visibilità e una continuità di rappresentanza all'estero. Ad Amsterdam, come a Maastricht, la Gran Bretagna, in nome del rispetto delle sovranità nazionali e del primato della NATO, ha giudicato inaccettabile l'inclusione di un'autonoma capacità di difesa nelle competenze dell'Unione Europea; nel 1998, tuttavia, il governo britannico ha rotto con questa sua tradizionale posizione e ha accettato, accordandosi con la Francia, il principio di delegare all'Unione Europea compiti di gestione in materia di difesa comune, limitandone però l'operatività ai casi in cui non si fosse resa necessaria l'attivazione delle strutture militari della NATO. Ciononostante il coordinamento della politica di difesa e sicurezza è rimasto assai problematico, anche in considerazione delle sovrapposizioni di funzioni tra l'Unione Europea e l'Unione dell'Europa occidentale (UEO), l'unica organizzazione intergovernativa di difesa europea. Tra le implicazioni del Trattato di Amsterdam c'era già una subordinazione funzionale e giuridica dell'UEO all'Unione Europea, nella prospettiva di un'integrazione della prima nella seconda. Malgrado questi pur cauti progressi, sul piano delle strategie di sicurezza e dell'intervento diplomatico e militare, l'Unione Europea denunciava una certa debolezza sulla scena internazionale, evidente soprattutto nella crisi balcanica. A dispetto delle dichiarazioni per l'elaborazione di una politica coordinata e autonoma di difesa, la sostanziale assenza europea nella guerra di Bosnia (1995) e le difficoltà incontrate con gli USA nella gestione della crisi del Kosovo (1999) hanno dimostrato infatti la prevalenza delle relazioni dei singoli Stati membri con la NATO e della leadership statunitense rispetto alla volontà di definire un'omogenea attitudine europea. Né, a compensare queste insufficienze, è bastato il dinamismo manifestato dall'Unione Europea per presentarsi nello scorcio degli anni Novanta del secolo scorso come autonomo partner in altre aree del mondo, in particolare nel Sudest asiatico e in America Latina. Oltre che sulle questioni connesse alla difesa, il Trattato di Amsterdam prevedeva anche una parziale revisione delle linee di politica economica. Alla ribadita attuazione del patto di stabilità (già adottato dall'anno precedente), che obbligava gli Stati membri a limitare il disavanzo pubblico, è stata infatti affiancata una risoluzione sulla crescita economica e sull'occupazione che impegnava gli Stati a emanare provvedimenti per incentivare la qualificazione della manodopera, la modernizzazione dei regimi di protezione sociale e l'applicazione di riforme strutturali, stabilendo tra l'altro la creazione di un Comitato consultivo europeo per l'occupazione. Questa è stata la parte del trattato che ha incontrato indubbiamente le maggiori difficoltà d'applicazione, sia a causa delle divergenze manifestate tra governi socialdemocratici e conservatori, sia per l'asimmetria verificatasi tra politiche monetarie fortemente integrate e politiche economiche e sociali debolmente coordinate, sia infine perché l'accento posto sulla difesa dell'occupazione (tenuto conto dei vincoli finanziari a lungo termine e delle difficoltà di mettere a disposizione finanziamenti supplementari) costituiva un limite al rapido allargamento dell'Unione Europea ad altri Stati. Proprio in riferimento a quest'ultimo problema l'Unione Europea tornava ad affrontare la questione delle riforme istituzionali, nella prospettiva di fornire una piena legittimazione democratica e un maggior equilibrio ai suoi organi.
Storia: l'ampliamento a est e nel Mediterraneo e l'uscita della Gran Bretagna
Più che sul piano economico, dunque, l'Unione Europea incontrava problemi politici correlati al suo ampliamento ad altri Paesi e alla sua sistemazione istituzionale. Se impossibile è stato definire aprioristicamente le frontiere dell'Unione Europea, da costruirsi nel corso del tempo, il suo allargamento (dopo quello realizzato nel 1994 con l'ingresso di Austria, Finlandia, Svezia e Norvegia), si è diretto in particolare verso i Paesi dell'Europa centro-orientale, baltica e mediterranea, non escludendo, con la Turchia, l'area contigua al Medio Oriente. Le trattative con una parte degli Stati aspiranti all'adesione (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Estonia, Slovenia, poi Cipro e Malta) sono iniziate nel 1998, seguendo il metodo della verifica periodica dell'adeguamento agli standard economici, giuridici e politici occidentali. Il Trattato di Amsterdam, adottato dal Consiglio europeo nel 1997 (ed entrato in vigore nel maggio del 1999), ha posto esplicitamente tra i criteri di ammissione la stabilità democratica e il rispetto dei diritti dell'uomo, dimostrando l'attenzione e insieme la prudenza con cui l'Unione Europea si accostava ai delicati processi di transizione dell'Europa postcomunista e alle trasformazioni in atto negli altri Paesi candidati. Successivamente si prevedeva una seconda ondata di adesioni riguardanti Lettonia, Lituania, Slovacchia, Bulgaria e Romania, soggette a una più lunga fase di verifica. L'iniziale ottimismo per le tappe dell'ingrandimento ha ceduto però ben presto il passo a un più cauto realismo, cui non erano estranei una serie di sfavorevoli eventi economici e politici, come gli effetti della crisi fianaziaria russa del 1998, il rallentamento dell'economia della stessa Unione Europea e la guerra condotta dalla NATO contro la Serbia in seguito al precipitare della crisi del Kosovo (marzo-giugno 1999). Tutti questi fattori hanno rallentato le politiche di risanamento finanziario e di liberalizzazione economica intraprese dai Paesi dell'Est e poste come condizioni per il loro ingresso nell'Unione Europea. D'altra parte l'ipotesi dell'allargamento implicava una revisione dei meccanismi di sovvenzione finanziaria, poiché gli Stati dell'Europa centro-orientale che via via sarebbero entrati a far parte dell'Unione Europea avrebbero beneficiato di aiuti sproporzionati alle loro ricchezze nazionali. Un ampliamento troppo accelerato, dunque, da realizzarsi in nome dell'unificazione dei mercati e dell'incremento della competitività europea nel sistema mondiale globalizzato, rischiava di produrre nuovi squilibri, resi più acuti sia dal problema della solidarietà tra regioni ricche e regioni povere, in precedenza garantita dai meccanismi di redistribuzione delle risorse interne da parte degli Stati nazionali, sia dalla necessità di un maggior controllo delle frontiere esterne per gestire la massiccia spinta all'immigrazione proveniente dai Paesi sottosviluppati europei ed extraeuropei.Tuttavia, nel dicembre del 1999, nel corso del vertice di Helsinki, l'Unione Europea ha approvato l'apertura dei negoziati per l'adesione di 12 nuovi Paesi (Est europeo, le repubbliche baltiche con Turchia, Malta e Cipro), conclusi al vertice di Copenaghen del dicembre 2002. Nel 2004 vengono ammessi solo 9 dei 12 Paesi facenti parte del precedente elenco (esclusi la Bulgaria, la Romania e la Turchia, ma con l'aggiunta di Cipro) che si sono impegnati ad adottare l'euro, dopo un periodo di transizione. Nell'ottobre 2004 la Commissione ha dato parere positivo all'apertura dei negoziati per l'adesione all'Unione europea della Turchia, negoziati che si dovrebbero concludere nel 2014 e ai quali i venticinque Paesi aderenti hanno dato il via libera nell'ottobre 2005, la procedura è però ad oggi interrotta e non se ne prevede una ripresa nel breve periodo. Nell'aprile 2005 l'Unione Europea ha approvato l'adesione di Bulgaria e Romania, entrate poi nel 2007, mentre in ottobre il Consiglio dei ministri ha approvato l'apertura di negoziati per l'adesione della Croazia, entrata nel 2013. Nel 2016 si tiene nel Regno Unito un referendum sulla permanenza nell’UE; il 51,9 % dei votanti è favorevole all’uscita. A seguito del risultato, nel 2017 Londra facendo appello alle clausole del trattato di Lisbona, notifica la procedura di ritiro formale dall’UE che giunge a conclusione il 31 gennaio 2020. Dal 1° febbraio il Regno Unito non è più membro dell’UE. Dopo l’uscita formale è rimasto in vigore un regime transitorio fino alla fine del 2020, mentre i futuri rapporti bilaterali sono stati oggetto di complessi negoziati su temi come commercio, pesca, sicurezza e difesa, cooperazione giudiziaria. Al termine del periodo di transizione, dal 1°gennaio 2021, i rapporti tra UE e Regno Unito sono regolati dall’accordo ratificato il 24 dicembre 2020 che prevede limitazioni agli spostamenti delle persone e dazi doganali sulle merci. Nel 2020 la svolta ulteriormente autoritaria e antidemocratica, giustificata come risposta alla pandemia di coronavirus, dell’Ungheria guidata da Orban pone il paese sotto più stretta osservazione delle istituzioni comunitarie.