Po (fiume)
IndiceGeneralità
(con la o aperta). Fiume dell'Italia settentrionale, il maggiore fra quelli italiani per lunghezza (652 km), per ampiezza di bacino imbrifero (74.970 km²) e per portata d'acqua. Nasce dal versante orientale delle Alpi Cozie e percorre con direzione prevalente WE l'intera Pianura Padana, che con i suoi sedimenti ha contribuito a creare, per gettarsi infine nel mare Adriatico con un vasto apparato deltizio. "Vedi cartina geografica vol. 17, pag. 305" "Per la cartina geografica vedi il lemma del 15 volume." Con il suo corso interessa il Piemonte (province di Cuneo, Torino, Vercelli, Alessandria), la Lombardia (province di Pavia, Lodi, Cremona, Mantova), l'Emilia-Romagna (province di Piacenza, Parma, Reggio nell'Emilia, Ferrara) e il Veneto (provincia di Rovigo). "Per il profilo del Po e i suoi affluenti vedi il lemma del 15 volume." "Vedi grafico vol. 17, pag. 306" Il nome latino del grande collettore padano eraPadus, da cui l'attuale denominazione della pianura da esso formata; il nome greco era Pádos. Fu chiamato anche Eridano con termine di origine greca, attribuito però anche ad altri fiumi europei, e Bodincus (o Bodencus).
Po. Il fiume alla confluenza con il Taro.
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Idrografia: percorso e affluenti
Nasce dal versante settentrionale del Monviso da alcune sorgenti, la più nota delle quali sgorga a 2020 m s.m. sul Pian del Re e scende inizialmente verso ESE lungo una valle trasversale al sistema alpino; a valle di Revello piega bruscamente a NE ricevendo le acque dei torrenti Ghiandone e Pellice da sinistra, Varaita e Maira da destra. A circa 70 km dalla sorgente bagna Torino, dove riceve da sinistra il torrente Sangone e i fiumi Dora Riparia e Stura di Lanzo. La sua portata, che nel centro di Torino è in media di 84 m3/s con un valore massimo registrato di 2230 (piena del 4 maggio 1949) e un minimo assoluto di appena 9 (agosto 1929), aumenta sensibilmente poco più a valle dopo aver ricevuto, pure da sinistra, il torrente Orco e la Dora Baltea, che gli convoglia le acque dell'intera Valle d'Aosta. Da Moncalieri a Casale Monferrato il suo corso si sviluppa a ridosso del margine settentrionale del Monferrato, dando così inizio in modo assai vistoso all'asimmetria dei suoi versanti, dovuta al maggior apporto sedimentario dei suoi affluenti alpini rispetto a quello dei tributari appenninici. Nel suo percorso al confine tra il Monferrato e la Lomellina muta due volte direzione bruscamente: il fiume Sesia, che riceve da sinistra poco a valle di Frassineto Po, lo spinge a SSE e il fiume Tanaro, che lo raggiunge da destra presso Pieve del Cairo, lo fa deviare a ENE. Subito più a valle riceve da sinistra i torrenti Agogna e Terdoppio e da destra i torrenti Scrivia, Staffora e altri minori provenienti dai rilievi appenninici dell'Oltrepò Pavese. Al ponte della Becca presso Pavia riceve da sinistra il Ticino, il suo maggiore affluente, che gli convoglia le acque dell'Ossola e del Canton Ticino decantate dal Lago Maggiore, incrementando la sua portata di oltre il 50%. Piega quindi a SE, rasentando il margine del versante settentrionale dell'Appennino Emiliano e assumendo, a valle della confluenza del fiume Olona da sinistra, un andamento tortuoso con accentuati meandri fino a Cremona; in questo tratto riceve da sinistra i fiumi Lambro e Adda, che gli porta le acque della Valtellina, purificate dal lago di Como, e delle Alpi Orobie, e da destra i torrenti Tidone e Nure e il fiume Trebbia. Il suo percorso, anche a valle di Cremona, continua a essere assai mutevole ed è il risultato dell'equilibrio del differente apporto sedimentario degli affluenti alpini e appenninici. Nell'ultimo tratto del suo corso riceve da sinistra il fiume Oglio, che gli convoglia anche le acque dei fiumi Mella e Chiese, e ilfiume Mincio, le cui acque sono regolate dal lago di Garda, e da destra i fiumi Taro, Secchia e Panaro e i torrenti Arda, Parma, Enza e Crostolo. Buona parte dell'ingente quantità di detriti che il Po trascina a valle viene deposta sul suo stesso letto, il cui fondo tende sempre più a sollevarsi, diminuendo la pendenza del fiume (in media 0,4‰ fra Torino e la foce) e costringendo a innalzare ai suoi fianchi poderosi argini per evitare le alluvioni, tanto più potenzialmente dannose nel basso corso del fiume che scorre per lungo tratto, da Pavia alla foce, pensile sulla pianura circostante. Per questo motivo gli argini sono stati costruiti a una certa distanza dal letto del fiume: i terreni situati tra l'alveo e gli argini, detti “golene”, rimangono normalmente all'asciutto ma vengono allagati durante le piene, svolgendo così una funzione di contenimento delle acque. A Pontelagoscuro, a ca. 90 km dalla foce, le portate medie raggiungono i 1490 m3/s, con un valore massimo di 9600 registrato il 12 novembre 1951, due giorni prima che il fiume rompesse gli argini provocando la grande alluvione del Polesine, e minimo di 140 (aprile 1893). Più a valle ha inizio il vasto apparato deltizio (ca. 400 km²), esteso tra la foce dell'Adige a N e quella del Po di Volano (antico alveo principale del Po) a S, parte in territorio veneto (provincia di Rovigo) e parte in territorio emiliano (provincia di Ferrara), che il grande fiume attraversa dividendosi nei cinque rami di Maestra, della Pila, delleTolle, della Gnocca e di Goro, per gettarsi infine nel mare Adriatico con 14 bocche, che versano in mare ogni anno ca. 13 milioni di t di detriti accrescendo l'area deltizia di 0,6 km². Le acque del Po hanno una profondità media di quasi 2 m a Torino, di ca. 9 m presso la sua confluenza con il Ticino, di 7 m a Piacenza e di ca. 10 m alla foce. Il regime del Po, di tipo composito, è condizionato dalla diversità di regime dei suoi affluenti alpini e appenninici, che danno origine a portate abbastanza regolari, con valori massimi in autunno (per le piogge) e in primavera (per le piogge e lo scioglimento delle nevi), le stagioni cioè nelle quali, nonostante gli imponenti lavori di arginatura eseguiti sui bracci del Po, si sono verificate le piene più rovinose. Le più gravi inondazioni nel sec. XX hanno avuto luogo nelle primavere del 1917, del 1926 e del 1957 e negli autunni del 1928 e del 1951 e furono causate da piogge ininterrotte e prolungate sull'intero bacino imbrifero e dall'asincronismo nell'inizio delle piene da monte a valle, per cui a valle le piene finirono con il sommarsi con risultati disastrosi.
Ecologia
L'opera dell'uomo è intervenuta a modificare profondamente il paesaggio della regione del delta del Po regolando il deflusso delle acque del fiume, aprendo numerosi canali, bonificando e mettendo a coltura vasti comprensori prima coperti da acque lagunari. Il sottosuolo è ricco di metano ma l'estrazione, che contribuiva a un abbassamento progressivo del territorio, è stata sospesa nel 1961. Preoccupazioni sempre maggiori va suscitando il fenomeno dell'inquinamento del fiume, con conseguente contaminazione della rete di approvvigionamento idrico. Infatti, negli acquedotti di numerosi comuni del Basso Ferrarese e del Basso Polesine sono state spesso rilevate quantità di atrazina e di simazina (pesticidi usati in agricoltura) superiori alla soglia di pericolosità per l'uomo. Al riguardo è sempre più sentita l'esigenza che le acque immesse nel fiume siano sottoposte a un trattamento di depurazione per impedire che idrocarburi, residui chimici e veleni di ogni genere inquinino il fiume, con profonda modificazione – tra l'altro – dei suoi caratteri ambientali. A tal fine, nel 1999 il Comitato Istituzionale dell'Autorità di Bacino del Po ha varato il Piano per l'Assetto Idrogeologico (il primo varato in Italia a protezione di un bacino fluviale), con l'obiettivo di ripristinarne gli equilibri idrogeologici e ambientali: tra gli interventi previsti – oltre alle normali opere per la manutenzione degli alvei, la difesa degli argini, il controllo delle frane sui versanti fluviali ecc. – anche il ricorso all'ingegneria naturalistica per la “rinaturazione” di ampie aree del fiume.
Economia e navigabilità
A differenza di altri grandi fiumi europei, che divennero importanti vie di transito e arterie privilegiate dello sviluppo demografico ed economico delle regioni circostanti, il Po ha esercitato in passato sugli insediamenti umani più un'azione repulsiva che attrattiva, tanto che ancora oggi le uniche vere città rivierasche, affacciate direttamente sulle acque del fiume, sono Torino e Casale Monferrato, mentre i centri maggiori della Padania si disposero fin dall'età romana ai piedi dei monti, lontano dal corso d'acqua principale. Fiancheggiato in passato da fitti boschi e ampie paludi, soggetto a frequenti straripamenti e di non agevole navigabilità per la presenza di secche e per le frequenti variazioni di corso che rendevano precarie le installazioni portuali, il Po ha sempre avuto un ruolo abbastanza marginale nell'economia padana, non all'altezza comunque della sua posizione nella gerarchia dei fiumi europei (è il quarto fiume d'Europa – Russia esclusa – per portata d'acqua, dopo il Danubio, il Reno e il Rodano). Il Po è navigabile dalla sua confluenza con il Ticino, presso Pavia, fino alla foce solo da imbarcazioni aventi stazza non superiore alle 120-130 t; per i natanti aventi una stazza di 600 t, la navigabilità è limitata al tratto compreso tra la foce dell'Adda e il mare Adriatico. Il Po era anche in comunicazione con parecchie città commerciali della Pianura Padana mediante una sistematica rete di canali, ma molti di questi sono stati convertiti a uso irriguo e la navigazione su di essi non è quasi più praticata, salvo che nel Ferrarese e nel Polesine. Le acque del Po e quelle dei suoi affluenti sono largamente usate per la produzione di energia elettrica; una certa importanza ha la pesca.
M. Sbrana, Le rotte del Po, Rovigo, 1952; D. Gribaudi, Impianti elettrici sul Po, in “Atti del XVII Congresso Geografico Italiano”, Bari, 1957; M. Ciabatti, Ricerche sull'evoluzione del delta padano, in “Giornale di Geologia”, Bologna, 1966; C. Zavattini, W. Zanca, Fiume Po, Milano, 1966; L. Tenca, Una visita al Po nel principio del '700, in “L'Universo”, Firenze, 1970; A. Biancotti, L'evoluzione dell'alveo del Po al suo sbocco nella pianura padana, in “Rivista Geografica Italiana”, Firenze, 1972; G. Bustacchini, Delta del Po, Bologna, 1991.