IRI
sigla dell'Istituto per la Ricostruzione Industriale, impresa pubblica costituita con R.D.L. 23 gennaio 1933 in due sezioni autonome: la sezione Finanziamenti e la sezione Smobilizzi. La prima aveva per scopo la concessione di mutui alle aziende per il loro perfezionamento tecnico e la razionalizzazione della loro struttura economica e finanziaria. I fondi necessari per tale attività potevano essere attinti, oltre che al capitale proprio, anche mediante emissione di obbligazioni. La sezione Smobilizzi doveva riorganizzare il settore industriale subentrando all'Istituto di Liquidazioni ed ereditandone le numerose partecipazioni azionarie. In pratica aveva lo scopo di risanare l'apparato produttivo duramente provato dalla I guerra mondiale e dalla grande crisi del 1929-33, e di rilevare le partecipazioni azionarie che appesantivano il patrimonio di alcuni istituti bancari. Le funzioni della sezione Finanziamenti furono trasferite all'Istituto Mobiliare Italiano con R.D.L. 12 marzo 1936, n. 376, e le attività e passività furono passate alla sezione Smobilizzi. Il decreto 24 giugno 1937, n. 905, stabilì che l'IRI fosse costituito in ente finanziario di diritto pubblico per la gestione delle partecipazioni azionarie e attività a esso già affidate, assumendone in certi casi di nuove e smobilizzando gradualmente quelle che lo Stato non avesse più interesse a conservare. Lo statuto fu approvato con D.L. 12 febbraio 1948, n. 51: secondo quanto in esso stabilito, l'IRI aveva il compito di svolgere iniziative finanziarie mediante le partecipazioni possedute e di emettere, in corrispondenza di determinate operazioni, serie speciali di obbligazioni, ma non poteva dedicarsi alla raccolta del risparmio come un istituto bancario. Nel 1968 l'IRI passava sotto le direttive del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE), mentre il bilancio veniva presentato annualmente per l'approvazione al ministro per le Partecipazioni Statali, unitamente alle relazioni del Consiglio di amministrazione e del Collegio sindacale. Le diverse società del gruppo IRI erano suddivise in cinque settori, facenti capo ciascuno a una società finanziaria. Per il settore delle telecomunicazioni la capogruppo era la STET, costituita nel 1933; per le aziende di navigazione la Finmare (1936); per il settore siderurgico la Finsider (1937), diventata ILVA nel 1988; per quello meccanico la Finmeccanica (1948); per quello cantieristico la Fincantieri (1959); per quello elettrico la Finelettrica (1952), soppressa con la costituzione dell'ENEL (1962). L'ente raccoglieva più di un terzo delle imprese presenti nell'area pubblica, per alcune delle aziende deteneva inoltre una partecipazione diretta: per esempio, della Banca Commerciale Italiana, del Credito Italiano e del Banco di Roma, nel settore creditizio; della SME, della COFIRI, della SOFIN, nel settore finanziario; della Alitalia, nel settore dei trasporti; della RAI, nelle comunicazioni; della società Autostrade, nelle costruzioni e nella gestione della rete stradale; della IRITECNA, che poi avrebbe incorporato l'Italstat e l'Italimpianti, nell'impiantistica; delle Acciaierie del Tirreno, della CERIMET, della SADEA, della SISMA, nella metallurgia. Tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta, il forte indebitamento dello Stato, che rendeva difficile il versamento dei fondi di dotazione all'IRI, e la sopravvenuta difficoltà del gruppo, che non riusciva a disporre più di capitale cospicuo per finanziare i nuovi investimenti, rendevano ormai inevitabile la vendita delle società che operavano in quei settori ritenuti non più strategici. Venivano, quindi, vendute prima le società della Finsider (dal 1988), poi quelle dell'ILVA (dal 1993) e dell'IRITECNA (dal 1994) e, nello stesso tempo, veniva decisa la trasformazione dell'IRI in società per azioni (1992). Proseguendo in questo processo di privatizzazione, l'IRI cedeva anche il controllo del Credito Italiano (1993), della Banca Commerciale Italiana (1994) e della Banca di Roma (1997), operazione che decretava la sua definitiva uscita dal settore bancario. Nel triennio 1994-1996 veniva, inoltre, messa in liquidazione la SME, cui facevano capo Autogrill (distribuzione autostradale) e GS (grande distribuzione). Con la cessione della Dalmine (1996), l'IRI completava, dunque, anche il processo di privatizzazione dell'intero settore siderurgico avviata nel 1993. La privatizzazione delle società controllate dall'ente, comunque, non sembrava fermarsi alla fine del sec. XX, nonostante questo continuasse a detenere l'intero capitale o solo parte di aziende come: Alitalia (53%), COFIRI (100%), Fincantieri (83%), Finmeccanica (54%), Fintecna (100%), RAI (99,5%) e Tirrenia (85%). Nel 1997, venivano cedute Condotte e Italstrade, nel settore impiantistico, e nel settore delle telecomunicazioni, privatizzata la STET, a cui seguiva nel 1999 l'OPAS della Telecom Italia. Nel settore della navigazione marittima, nel 1998 venivano inoltre vendute l'Italia di Navigazione e la Lloyd Triestino, mentre nel 1999 veniva dato il via alla privatizzazione degli Aeroporti di Roma (AdR) e nel 2000 erano cedute le quote di partecipazione della Finmeccanica e della COFIRI. Nel 2000, ormai, la storia dell'IRI e di un capitolo dell'economia italiana sembrava destinata a concludersi con la messa in liquidazione dell'ente, le dismissioni della Fincantieri e della Tirrenia, per il 2003, e il trasferimento al Ministero dell'Economia e delle Finanze delle quote di Alitalia e RAI (controllata dalla RAI Holding).