Gramsci, Antònio
IndiceBiografia
Pensatore e uomo politico italiano (Ales, Oristano, 1891-Roma 1937). Di modesta famiglia piccolo-borghese, compiuti gli studi liceali a Cagliari, si iscrisse nel 1911 alla facoltà di lettere di Torino dove seguì le lezioni di U. Cosmo, A. Farinelli e L. Einaudi, approfondendo gli studi di glottologia con M. Bartoli. Contemporaneamente si iscrisse al Partito socialista, di cui divenne segretario della locale federazione nel 1917, e collaborò a Il grido del popolo e, dal 1916, all'Avanti! soprattutto come critico teatrale. Schieratosi a favore della linea di Lenin, insieme con Togliatti, Terracini e Tasca fondò nel 1919 il settimanale Ordine nuovo, a sostegno della strategia dei consigli di fabbrica, organismi di autodecisione proletaria che, in caso di situazione rivoluzionaria, avrebbero dovuto assumere il ruolo dei Soviet. L'insuccesso di tali organismi, in occasione dello sciopero generale e dell'occupazione delle fabbriche del 1920, spinse Gramsci e il suo gruppo a porsi il problema della creazione di un partito rivoluzionario all'avanguardia del proletariato. Dalla scissione del gruppo gramsciano di Ordine nuovo e del gruppo bordighiano del Soviet del Partito Socialista nacque a Livorno, nel 1921, il Partito Comunista d'Italia (aderente alla III Internazionale). Nel 1922, recatosi a Mosca come capo della delegazione italiana al IV Congresso dell'Internazionale, Gramsci sposò Giulia Schucht da cui ebbe due figli, Delio e Giuliano. Dopo un soggiorno a Vienna nel 1923, per conto dell'Internazionale, Gramsci, eletto deputato, rientrò nel 1924 in Italia dove condusse una strenua lotta contro il fascismo e contemporaneamente, con l'appoggio dell'Internazionale, rafforzò la posizione del proprio gruppo all'interno del partito, conquistandone definitivamente la dirigenza al Congresso di Lione del 1926. Ma lo scioglimento di tutti i partiti e la rigida applicazione delle leggi eccezionali fasciste lo portarono, lo stesso anno, all'arresto. Condannato a 5 anni di confino a Ustica, venne poi deferito al Tribunale Speciale che lo condannò a 20 anni e 4 mesi di reclusione. Tuttavia, nonostante i disagi e le privazioni sofferte nella casa di pena di Turi, presso Bari, e il precario stato di salute, Gramsci rifiutò di inoltrare domanda di grazia, concentrandosi in un'attività di elaborazione teorica dei principi del marxismo. Nel 1934 le pressioni di un comitato internazionale antifascista, di cui facevano parte Gorkij, Rolland, Barbusse e l'arcivescovo di Canterbury, indussero il governo fascista a trasferire Gramsci al carcere-ospedale di Formia e poi alla clinica Quisisana di Roma, dove morì.
Il pensiero politico
Il suo pensiero, dove ideologia, filosofia e prassi politica trovavano una profonda unità, era volto verso la comprensione della reale situazione italiana dell'epoca e verso la possibilità di trasformarla in senso socialista. Gramsci considerava il fascismo come punto massimo di crisi della società borghese, poiché alla classe dominante, cui era sfuggita l'egemonia sociale, intellettuale e morale, per la perdita del consenso delle masse, rimaneva solo la forza coercitiva. La valorizzazione del concetto di cultura, non più vista come fatto aristocratico, ma come mezzo per acquistare consapevolezza della realtà, portò Gramsci a elaborare la nozione di “organizzazione della cultura” che metteva in luce la necessità di esplicare rapporti profondi fra organizzazione economico-sociale e visione del mondo, fra lotta di classe e scoperta scientifica e artistica. La convinzione che la cultura aveva le sue radici nel terreno storico-pratico nel quale era contenuta e che quindi vi era identità tra filosofia e storia, lo indusse a polemizzare con l'idealismo di Croce, visto in funzione ideologica di conservazione borghese, e a individuare la funzione del nuovo intellettuale nella società contemporanea come portatore ed elaboratore professionale dell'ideologia del “blocco storico”, cioè della forza politica formata dall'unione di una classe con classi o gruppi alleati, di cui egli stesso era espressione. La straordinaria varietà dei suoi interessi, che lo hanno portato dall'esame della storia d'Italia e del Risorgimento alla teoria di uno Stato socialista e del partito che, “moderno principe”, doveva promuoverne la realizzazione, ha fatto sì che nel pensiero gramsciano fosse presente gran parte della problematica politico-culturale del secondo dopoguerra.
Il pensiero estetico
In campo estetico-letterario, la tesi centrale di Gramsci è stata l'affermazione del nesso inscindibile che deve unire lo scrittore al popolo, delle cui esigenze materiali e spirituali egli deve farsi interprete (concetto di “intellettuale organico”). Di qui la polemica contro il cosmopolitismo, dovuto all'influsso esercitato dalla Chiesa sulla formazione degli intellettuali italiani, e contro l'apoliticismo, tara storica della cultura italiana dal Rinascimento in avanti; e la duplice, correlativa negazione sia di un'arte cosmica, ispirata ai valori astratti dell'umanità, sia di un'arte pura e individuale, che non si può giustificare, dal momento che i fatti artistici non si producono per partenogenesi, ma “con l'intervento dell'elemento maschile che è dato dalla storia”. La letteratura, secondo Gramsci, avrebbe dovuto essere nazionale-popolare, cioè operare una sintesi tra la componente culturale indigena (la “nazione”) e le esigenze di conoscenza che vengono dagli strati subalterni (il “popolo”). In questa prospettiva si colloca l'auspicato ritorno a De Sanctis, che Gramsci considerava come il più valido esponente della cultura della borghesia nazionale nella sua fase progressiva, mentre Croce ne rappresentava la fase difensiva e conservatrice.
Le opere
Le lettere dal carcere (1947; edizione completa, 1965), uno dei più importanti e commoventi epistolari della nostra letteratura, hanno messo in luce le qualità di scrittore di Gramsci, la sua intensa umanità, lo straordinario equilibrio con cui seppe affrontare le sofferenze del carcere. Ma la produzione più importante e significativa di Gramsci come uomo di cultura è costituita dai Quaderni del carcere, che sono stati ordinati, secondo gli argomenti, in 6 volumi: Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce (1948), Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura (1949), Il Risorgimento (1949), Note sul Machiavelli, sulla politica e lo Stato moderno (1949), Letteratura e vita nazionale (1950), Passato e presente (1951), e ripubblicati poi in versione integrale definitiva nel 1975 (4 volumi). Nel 1992 è stato pubblicato il volume Lettere 1908-1926, che raccoglie la produzione epistolare, edita e inedita, di Gramsci dall'adolescenza al carcere.
P. Gobetti, Scritti attuali, Roma, 1945; P. Togliatti, Gramsci, Firenze, 1955; R. Mondolfo, Da Ardigò a Gramsci, Milano, 1962; G. Tamburrano, Gramsci: la vita, il pensiero e l'azione, Bari-Perugia, 1963; R. Orfei, Antonio Gramsci coscienza critica del marxismo, Milano, 1965; S. F. Romano, Antonio Gramsci, Torino, 1965; G. Lentini, Croce e Gramsci, Palermo-Roma, 1967; M. A. Manacorda, Il principio educativo in Gramsci “Americanismo e conformismo”, Roma, 1970; L. Paggi, Gramsci e il moderno principe, Roma, 1970; M. L. Salvadori, Gramsci e il problema storico della democrazia, Torino, 1970; F. De Felice, Serrati, Bordiga, Gramsci e il problema della rivoluzione in Italia (1919-1920), Bari, 1971; A. Broccoli, Gramsci e l'educazione come egemonia, Firenze, 1972; L. Gruppi, Il concetto di egemonia in Gramsci, Roma, 1972; N. Bobbio, Saggi su Gramsci, Milano, 1990.