Brigate Rósse (BR)
Indicegruppo clandestino terroristico sorto nel 1969 da una frangia estrema del Movimento Studentesco del 1968, delusa per il mancato sbocco rivoluzionario della protesta giovanile. Al loro esordio le Brigate Rosse si caratterizzavano per una virulenta campagna propagandistica indirizzata contro ogni ipotesi riformistica, intesa come cedimento allo Stato borghese. Più tardi, però, il tipo di lotta si fece più violento sul piano concreto, mirando a distruggere alcune strutture produttive emblematiche del sistema economico capitalistico (Sit-Siemens, FIAT, Pirelli, ecc.) con attentati e sabotaggi alle fabbriche avvenuti tra il 1972 e il 1973. Successivamente le Brigate Rosse sono passate a colpire oltre alle istituzioni anche le persone che in qualche modo le rappresentavano, cioè alcuni dirigenti di grandi complessi industriali (FIAT, Sit-Siemens, Ansaldo, Alfa Romeo, Magneti Marelli, ecc.), rapiti e sottoposti a umilianti “processi popolari”. La fase più violenta dell'attività terroristica si è aperta nel 1974, quando le Brigate Rosse individuarono in magistrati, capi della polizia, giornalisti e militanti politici o sindacali gli obiettivi primari delle loro azioni criminose, finanziate spesso con denaro proveniente da rapine e sequestri di persona. Dai rapimenti e dai ferimenti a scopo intimidatorio le Brigate Rosse passarono all'esecuzione di agguati e attentati culminati, il 16 marzo 1978, nel rapimento a Roma dell'onorevole Aldo Moro (assassinato il 9 maggio successivo) e nell'uccisione dei cinque uomini della sua scorta. Quest'ultimo delitto segnò per più aspetti una svolta nella vicenda del gruppo e, in particolare, della lotta condotta dalle forze politiche e dagli apparati dello Stato contro la loro attività terroristica. Da una parte, infatti, proseguivano gli attentati contro le persone, compiuti dalle Brigate Rosse e da diversi gruppi collaterali (“Nuclei combattenti per il comunismo”, “Proletari armati per il comunismo”, “Fronte popolare comunista armato”, “Prima linea” e altre formazioni del genere). D'altra parte, mentre la repressione del terrorismo si veniva intensificando grazie anche alla collaborazione offerta in questo senso da brigatisti dissociatisi dall'organizzazione, le forze politiche parlamentari, poste di fronte all'alternativa tra un intransigente rifiuto di “trattare” con gli esponenti del movimento terroristico e il tentativo di sottrarre alla morte le persone rapite, non riuscirono a raggiungere su questo problema una posizione unanime. Ad approfondire il dissidio tra i partiti e tra gli organi di stampa su quest'ultima questione (con l'intento evidente di disorientare l'opinione pubblica e frammentare il quadro politico democratico) sembrò soprattutto diretto il rapimento del magistrato Giovanni d'Urso (12 dicembre 1980), poi rilasciato il 15 gennaio 1981. Dopo il clamoroso sequestro del generale statunitense Dozier (poi liberato dalle forze dell'ordine) nel 1981, l'azione violenta delle Brigate Rosse ha subito fra il 1982 e il 1984 una battuta d'arresto. D'altra parte, le rivendicazioni da parte delle Brigate Rosse degli omicidi di E. Tarantelli (consulente della C.I.S.L.) nel marzo 1985, di R. Ruffilli (senatore della Democrazia Cristiana) nell'aprile 1988. I delitti di M. D'Antona (consulente del ministro del Lavoro) nel maggio 1999 e di M. Biagi (anch'egli consulente del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali) nel marzo 2002, hanno mostrato, nonostante i periodi di regressione, l'esistenza di una continuità del fenomeno.
Bibliografia
E. R. Papa, Processo alle Brigate Rosse e difesa d'ufficio, Torino, 1979; G. Bocca, Anni del terrorismo, Roma, 1988; A. Franceschini, P. V. Buffa, Storia dei fondatori delle BR, Milano, 1988.