Catullo

La poetica e il mondo spirituale

I temi delle liriche catulliane e la loro estensione sono molto diversi, né si può assimilare la brevità incisiva e irridente di certe nugae alla complessità compositiva dei carmina docta o alla lancinante intensità emotiva delle liriche amorose: tuttavia l'opera catulliana corrisponde a una visione nuova della poesia. Tralasciata la concezione della letteratura come celebrazione dei valori collettivi della romanità, la lirica di Catullo dà voce al sentimento individuale: è una poesia lirica e soggettiva, in cui le passioni si esprimono con vigore e immediatezza, con ingenua sincerità o con freddo realismo. La spontaneità delle sue poesie d'amore non trova eguali nella letteratura latina. E, soprattutto, l'amore è sentito con una valenza etica personalissima, che il poeta traduce in termini nuovi rispetto alla tradizione. L'amore è foedus ("patto"), fondato sulla pietas ("sentimento religioso") e sulla fides ("lealtà, fedeltà alla parola data). L'innamorato è legato alla donna amata dallo stesso vincolo di affetti che lega un padre ai suoi figli; il tradimento di questo vincolo porta il poeta ad amare più eroticamente, ma a voler meno bene in senso affettivo.

Lo stile e la fortuna

Questa tematica è espressa in uno stile anch'esso profondamente nuovo: l'apparente semplicità e spontaneità di molti carmi catulliani non esclude mai quel gusto per l'eleganza che ne è anzi la cifra più caratteristica.

Come gli altri neóteroi, Catullo si richiama agli alessandrini, della cui poetica condivide la raffinatezza e il senso elitario. Ma la sua lingua è del tutto originale nella commistione di elementi parlati (i diminutivi e i vezzeggiativi del sermo familiaris, il parlato familiare, e la crudezza di certi volgarismi) con la ricercatezza di termini volutamente raffinati.

Le liriche di Catullo ebbero subito un grande successo, nonostante l'opinione di Cicerone, e non influenzarono solo i poeti elegiaci dell'età augustea, come Tibullo, Properzio e Ovidio, ma ne risentirono anche Orazio e Virgilio. L'opera catulliana fu amata nella cultura italiana da Petrarca, dagli umanisti, dal Foscolo, che tradusse la Chioma di Berenice e si ispirò al carme 101 per il sonetto In morte del fratello Giovanni.