musèo
IndiceLessico
sm. [sec. XVII; dal latino Musēum, che risale al greco Mousêion, luogo sacro alle Muse]. Luogo, edificio in cui vengono raccolti, ordinati e conservati oggetti e opere varie di interesse storico, artistico o scientifico, che vengono esposti al pubblico per scopi di studio e di cultura; la raccolta stessa: museo archeologico, navale; museo di arte contemporanea; museo di storia del Risorgimento; museo etnografico, che raccoglie materiale riguardante le tradizioni di un popolo. Fig.: da museo, per indicare oggetti vecchi o anche mentalità superata: un pezzo da museo; abitudini da museo.
Museo. La sala delle sculture neoclassiche al Louvre.
De Agostini Picture Library / G. Dagli Orti
Museo. La facciata del British Museum.
De Agostini Picture Library / A. Roggero
Museo. La tribuna ottagonale degli Uffizi in un dipinto di J. Zoffany (Windsor, Royal Collection).
Windsor, Royal Collection
Museo. V eduta della piramide di vetro posta al centro della Cour Napoléon del Louvre.
De Agostini Picture Library / G. Dagli Orti
Museo. L'interno del Musée d'Orsay.
De Agostini Picture Library / G. Dagli Orti
Museo. Una sala del Museum of Science and Industry di Chicago.
De Agostini Picture Library / S. Gutierrez
Diritto
Le raccolte dei musei fanno parte del demanio pubblico. La loro gestione è registrata dal R.D. 23 maggio 1924, n. 827, completato dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497. La legge 14 gennaio 1993, n. 4, ha introdotto alcune misure tese ad assicurare una più intensa sorveglianza e favorire il regolare funzionamento dei musei.
Musei: cenni storici
Il museo, luogo di conservazione ed esposizione di oggetti d'arte gestito da un'istituzione statale (in taluni casi anche privata) che si pone come fine precipuo la diffusione della cultura figurativa presso il pubblico, nacque con l'Illuminismo nell'ambito delle nuove teorie libertarie sull'educazione, considerata strumento di liberazione e di innalzamento dell'uomo, in antitesi col concetto di cultura di élite e proprio in Francia nel 1793 venne istituito dai giacobini uno dei primi musei, con l'apertura al pubblico delle collezioni dei re di Francia al Louvre. I primi esempi di museo d'arte risalgono all'antica Grecia con l'istituzione della Pinacoteca annessa ai Propilei sull'Acropoli di Atene; in età romana era usuale esporre al pubblico i trofei e bottini di guerra, e sin dall'epoca di Marco Vipsanio Agrippa si svolgeva, nelle vicinanze del Pantheon, una esposizione di oggetti d'arte. L'evoluzione del mercato artistico, ben documentato dalla diffusione di ceramiche e di sculture, favorì sia una maggiore consapevolezza del patrimonio artistico sia la formazione di un gusto estetico. Il concetto di museo decadde in epoca medievale, conservandosi solo in ambito ecclesiastico, ove si continuò a raccogliere veri e propri tesori che furono catalogati e conservati. La rinascita culturale nel periodo dell'Umanesimo favorì gli studi di carattere enciclopedico e documentario; i grandi centri propulsori del rifiorire di arti e lettere furono le Signorie, ove nacquero le grandi collezioni del Rinascimento. D'altronde, proprio in ambito umanista si adottò, per la prima volta, il termine museo per indicare una raccolta, una collezione antiquaria. A Francesco I de' Medici si deve l'idea di una tra le prime sistemazioni museali di opere d'arte, che fu realizzata nel 1581 dall'architetto Buontalenti con la creazione della cd. Tribuna, al piano superiore del Palazzo degli Uffizi. Nella seconda metà del Cinquecento l'interesse verso le scienze come la matematica, l'astronomia, l'alchimia e l'astrologia ampliò gli orizzonti del collezionismo. Si formarono in questo modo le cosiddette Wunderkammere (stanza delle meraviglie) che raccoglievano oggetti e strumenti scientifici e che ebbero grande diffusione in Germania e in Inghilterra, e di cui rimane un esempio lo studiolo di Francesco I de' Medici a Firenze.Nel corso del XVII e XVIII secolo le collezioni nobiliari e dei reali d'Europa risultano ancora destinate alla visione di un pubblico ristretto. Il passaggio da una concezione privata ad una pubblica è segnata dalla cultura illuminista. La nascita delle accademie d'arte favorì l'affermarsi dell'idea di tutela e conservazione del patrimonio artistico nel tessuto sociale e culturale della nazione. Alla funzione educativa delle accademie, che continua a mirare alla formazione artistica delle nuove generazioni e alla crescita morale dell'individuo, appare strettamente connessa il concetto di conservazione delle opere d'arte. Tra le prime raccolte pubbliche in territorio italiano sono da ricordare il Museo Capitolino a Roma e il Museo Pio Clementino in Vaticano. Il primo, ordinato nel 1733 sotto il pontificato di Clemente XII, è nato nel 1471, da una donazione di papa Sisto IV alla città di Roma. Il secondo, eretto tra il 1775 e il 1782, può essere considerato uno dei migliori esempi di architettura e di sistemazione museografica dell'epoca. Si è già accennato al concetto rivoluzionario del museo pubblico propugnato dall'Illuminismo: il Louvre fu il primo a essere dichiarato, con precisa volontà politica, “popolare”, ma l'azione illuminata di alcuni sovrani aveva già aperto in parte varie preziose collezioni (Dresda, Kassel, gli Uffizi nel 1789). Nel 1753, inoltre, si era costituito il primo grande museo statale, il British Museum di Londra. Entro la metà del sec. XIX la maggior parte dei grandi musei europei era aperta a chiunque. L'Italia vede in questo periodo la nascita di molte istituzioni importanti, tra cui la Pinacoteca e l'Accademia di Brera, le Gallerie dell'Accademia di Venezia e la Pinacoteca di Bologna. Le particolari condizioni storiche italiane precedenti alla riunificazione favoriscono la creazione e lo sviluppo di numerosi musei civici che, distribuiti su tutto il territorio nazionale, successivamente raccoglieranno anche il patrimonio di origine chiesastica, degli ordini religiosi soppressi. Il problema architettonico della creazione di una sede adatta, affrontato, come accennato, per la prima volta da Buontalenti, si pose col costituirsi dei musei e venne risolto in termini ideologici: i frontoni e le colonnate neoclassiche del British Museum o della National Gallery di Londra assolvevano in pieno all'assunto del museo quale “tempio dell'arte”. I musei costruiti nel sec. XX hanno generalmente rifiutato la disposizione a salette e corridoi illuminati da finestre e lucernari, ricercando soluzioni razionali sia per l'esposizione delle opere sia per i locali destinati alle attività collaterali del museo. Il più famoso in questo senso è il Guggenheim Museum di New York, di F. L. Wright, costruito come una rampa che sale a spirale, illuminata dall'enorme cupola a vetri. In Europa vanno ricordati: a Parigi, il Beaubourg (Centre Georges-Pompidou), progettato da R. Rogers e R. Piano, che ospita il Museo Nazionale d'Arte Moderna, ma anche una biblioteca, un Centro di creazione industriale, una cineteca, ecc., e il Musée d'Orsay, dove le nuove strutture progettate da Gae Aulenti permettono molteplici soluzioni architettoniche per la presentazione delle opere; a Francoforte, il nuovo Museo delle Arti Applicate, di R. Meier, che accoglie collezioni permanenti e mostre temporanee: infatti il concetto di museo non è più ristretto alla conservazione delle opere, ma diviene un centro attivo di cultura, sede di esposizioni, conferenze, proiezioni. Intorno alle problematiche legate alla realizzazione, sistemazione e al funzionamento del museo, inteso come istituzione educativa e sociale, si sono sviluppate due specifiche scienze, la museologia e la museografia, distinte fra loro, ma naturalmente inscindibili.
Musei di storia naturale: funzioni
Il museo di storia naturale svolge la specifica funzione di conservare, studiare ed esporre materiali concernenti i vari aspetti del mondo naturale (minerali, rocce, fossili, piante, animali e resti fossili umani) e persegue due scopi principali: la ricerca scientifica e la didattica. La ricerca scientifica si concretizza nella raccolta, conservazione e studio delle collezioni scientifiche e di studio a opera di personale specializzato, che compie le ricerche sul terreno e nel museo, pubblicandole poi su riviste scientifiche. La seconda finalità, che è anche la più nota, è quella didattico-educativa, realizzata mediante l'allestimento dei reparti esposti al pubblico. Questo tipo di museo, pertanto, non va concepito unicamente come mostra di oggetti naturali, ma anche e soprattutto come istituto scientifico di ricerca. Nei moderni musei le collezioni di studio sono ben distinte dalle raccolte espositive e ordinate in modo affatto diverso. Mentre nei vecchi musei si esponevano al pubblico ricchissime collezioni, col principale criterio della più ampia rappresentatività sistematica, senza preoccupazioni divulgative ed estetiche, da cui una ben nota pesantezza e una scarsa funzione didattica per il pubblico non preparato, i musei contemporanei tendono, con elaborati accorgimenti architettonici e didascalici, a un'accurata presentazione di una selezione di materiali e ad adeguate ricostruzioni di ambiente, con conseguente più efficace comunicazione del contenuto culturale al pubblico generico. Per svolgere le sue molteplici funzioni il museo di storia naturale abbisogna di laboratori scientifici e tecnici, tra cui tradizionalmente primeggia quello tassidermico, dove vengono preparati gli animali (Vertebrati soprattutto) per l'esposizione; generalmente è dotato anche di una biblioteca specializzata.
Musei di storia naturale: cenni storici
I musei di storia naturale sono sorti in Europa nel sec. XVII, traendo origine da raccolte di privati, di comunità religiose o di istituti vari, frutto soprattutto delle esplorazioni geografiche, che portavano nuovo ricchissimo materiale. Determinante fu anche il risveglio degli studi naturalistici proprio dei sec. XVII e XVIII. Il primo museo di cospicuo rilievo sorse a Vienna nel 1622; a esso fece seguito nel 1685 l'Ashmolean Museum di Oxford, mentre nel 1739 venne costituito quello di Parigi, destinato a divenire uno dei più importanti del mondo, e nel 1753 sorse il British Museum di Londra. In Italia, dove ragioni storico-politiche impedirono la fondazione di un museo nazionale, il più antico e importante fu quello di Firenze, fondato nel 1775 dal granduca Pietro Leopoldo I, con annessa specola; il museo fu smembrato e distribuito a diversi istituti fiorentini, tra cui, per la parte zoologica, il Museo Zoologico della specola. Il Museo civico di storia naturale di Milano, fondato nel 1838, è il più antico dei musei dipendenti da amministrazioni comunali e occupa una posizione di primo piano in Italia, nonostante la quasi completa distruzione bellica (1943); il Museo civico di storia naturale di Genova, fondato nel 1867, riveste particolare importanza per le sue ricche collezioni zoologiche di studio. Altri noti musei civici sono quelli di Verona, Bergamo, Reggio nell'Emilia, Roma, Trento, Trieste, Udine e Venezia; esistono anche numerosi musei universitari. Tra i più importanti musei esteri si ricordano l'American Museum of Natural History di New York e l'omonimo di Chicago, quelli di Berlino, San Pietroburgo, Mosca, Berna, Tervuren (Belgio).
Musei della scienza e della tecnica
I musei della scienza e della tecnica, destinati a raccogliere e ordinare con criterio storico le testimonianze dell'evoluzione del pensiero scientifico e delle sue applicazioni tecniche mediante strumenti originali o riprodotti, esplicano spesso importante attività didattica sotto forma sia di esperienze sempre in atto a disposizione del visitatore, sia di esperienze eseguite e illustrate secondo programmi prestabiliti, sia di lezioni, conferenze, seminari di aggiornamento e perfezionamento su temi prestabiliti. Il prototipo dei moderni musei della scienza e della tecnica può essere considerato il Museo di Alessandria d'Egitto, fondato da Tolomeo I Filadelfo e arricchito e riordinato dal figlio Tolomeo II Filadelfo , che ospitava scienziati e letterati, aveva una grande biblioteca, collezioni di opere d'arte, di strumenti e apparecchi scientifici. La grande tradizione alessandrina fu ripresa, dopo molti secoli, soprattutto nelle celebri accademie fiorentine. L'Accademia del Cimento, istituita nel sec. XVII dal granduca Ferdinando II, indirizzò parte della sua attività anche alla costruzione e al perfezionamento di strumenti scientifici che, conservati e custoditi dai successori, diedero origine a un museo di fisica e scienze naturali trasformato in epoca recente nel Museo della storia delle scienze di Firenze, istituto che accoglie, assieme ad altri cimeli, quelli provenienti dagli studi di Galileo. Il primo museo della scienza in senso moderno fu concepito da Cartesio e realizzato da Vaucanson nel 1794 con l'istituzione del Conservatoire des Arts et Métiers di Parigi. I maggiori musei scientifici istituiti nel sec. XIX sorsero per lo più a seguito delle grandi esposizioni internazionali che caratterizzano l'era industriale: nel 1857 fu fondato a Londra il Science Museum, dopo l'esposizione del 1851, mentre negli Stati Uniti già nel 1825 fu aperto il Franklin Institute di Filadelfia e nel 1846 fu fondata a Washington la famosa Smithsonian Institution. In Europa, nel 1877 venne istituito il Museo della Scienza di Mosca, divenuto in seguito Museo politecnico statale, mentre dopo l'Esposizione mondiale del 1873 venne progettato a Vienna il Museum für Kunst und Industrie completato nel 1907. A Monaco, nel 1903, venne fondato uno dei più celebri musei tecnico-scientifici del mondo, il Deutsches Museum. Nei primi anni del sec. XX la crescente evoluzione industriale portò alla creazione di musei non solo a carattere generale ma anche specializzati in materie tecnico-scientifiche specifiche. Tra i più celebri vanno ricordati il Museum of Science and Industry di Chicago, il più grande del mondo, il Nova Scotia Museum of Science di Halifax (Canada), il Palais de la Découverte di Parigi, il Museo della tecnologia di Sidney e il Museo tecnico di Tōkyō. Tra i principali musei scientifici e tecnici specifici: il Museum of Art and Civic Center di San Francisco, il National Maritime Museum di Londra, i musei navali di Amburgo, Rotterdam, Parigi, Berlino, Londra, Venezia, Genova, Stoccolma, Oslo; i musei della posta di Bruxelles, Vienna, Helsinki, Parigi, Berlino, Londra. In Italia, dopo un primo tentativo di istituire un museo industriale a Torino, il cui materiale fu disperso durante la II guerra mondiale, fu fondato a Milano, nel 1953, il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica intitolato al nome di Leonardo da Vinci. Negli anni Ottanta sono sorti musei nei quali, oltre all'impiego di tecnologie multimediali per illustrare i cimeli scientifici in mostra e il loro funzionamento, vengono allestite dimostrazioni scientifiche, con apparecchi funzionanti come nella realtà dei laboratori. Sono i cd. science centers, come la Cité des Sciences et de l'Industrie de La Villette (Parigi). Lo science center ribalta la filosofia del museo tradizionale: i cartelli "vietato toccare" sono banditi e il pubblico è sollecitato a interagire con le macchine ed è coinvolto in esperimenti e dimostrazioni scientifiche. Alla base di questa tipologia museale è la volontà didattica e divulgativa: infatti, diversamente che nelle istituzioni storiche, spesso la cura della loro gestione è affidata a scienziati. Lo scopo non è solo quello di stimolare la curiosità del visitatore occasionale, ma in particolare quello di fornire ai docenti utili basi per sviluppare nell'attività scolastica quotidiana argomenti scientifici. Precursore del science center è stato l'Exploratorium di San Francisco (USA), fondato nel 1969 dallo scienziato F. Oppenheimer, che per gli insegnanti dispone di una sezione didattica finalizzata ad attività e corsi di divulgazione scientifica. In Italia, questo genere di museo si è sviluppato in ritardo rispetto ad analoghe strutture estere. Sorti ex novo, sono l'Immaginario Scientifico di Trieste e la Città della Scienza di Bagnoli: quest'ultima, realizzata sull'area dell'ex acciaieria ILVA, ospita una sezione di biologia fornita di un microscopio collegato a un maxischermo per le dimostrazioni, una di matematica con esperimenti divulgativi, una astronomica dotata di planetario e infine di una sezione dedicata alla scoperta del corpo umano.
I musei specializzati
Accanto ai musei propriamente artistici e scientifici ne sono sorti moltissimi altri specializzati nelle diverse discipline. Basterà ricordare i musei di teatro e di musica, di etnologia (famoso fra tutti il Musée de l'Homme di Parigi, cui in Italia si contrappone, su scala più modesta, ma egregiamente organizzato, il museo Pigorini di Roma), di tradizioni popolari, con eccellenti raccolte in tutto il mondo, primeggiando in Italia il museo Pitré di Palermo e il museo di Roma. Infiniti poi i piccoli musei degli oggetti più strani, tutti volti nei loro intenti a ricordare al visitatore il cammino dell'uomo nei vari campi della sua attività creativa. Negli anni Settanta sorgono i primi “ecomusei” inizialmente pensati come strumenti per tutelare le tracce delle società rurali in un momento in cui l'urbanizzazione, le nuove acquisizioni tecnologiche e i conseguenti cambiamenti sociali, rappresentavano un rischio reale di completo oblio di un patrimonio culturale millenario. L'ecomuseo oggi interviene sullo spazio di una comunità, nel suo divenire storico, proponendo come oggetti del museo non solo gli oggetti della vita quotidiana ma anche i paesaggi, l'architettura, il saper fare, le testimonianze orali della tradizione.
I musei etnografici
I rinascimentali “gabinetti di curiosità” rappresentano le prime collezioni di oggetti etnografici. In questi venivano esposti con i reperti naturalistici , oggetti dell'antichità ed esotici provenienti dai viaggi e dalle grandi esplorazioni. Solo nella prima metà dell'Ottocento si impone una concezione di museo etnografico che rispecchia i criteri base dei musei etnografici del secolo XXI: un museo in cui sono istituzionalmente conservati, studiati ed esposti gli oggetti e ordinati secondo determinati criteri tassonomici. I musei antropologici ottocenteschi erano organizzati perlopiù tenendo conto di due modelli di ordinamento degli oggetti che implicavano concezioni antropologiche differenti. Esistevano alcuni musei in cui gli oggetti erano ordinati e comparati secondo classificazioni tipologiche e altri dove i reperti erano classificati ed esposti al pubblico in raggruppamenti di tipo geografico. Il modello di ordinamento per aree geografiche fu teorizzato da F. Boas che lo introdusse all'American Museum of Natural History di New York. Per Boas gli oggetti dovevano essere classificati e ordinati nel contesto della particolare società che li aveva prodotti. Nel primo decennio del Novecento si discuteva sulla validità dell'ordinamento geografico in alternativa a quello tipologico. Con la fine delle ambizioni coloniali prese avvio un processo di ridefinizione del ruolo del museo etnografico nei confronti dell'antropologia e della società. I musei etnografici delle civiltà extraeuropee hanno assunto criteri improntati al relativismo culturale cercando di contestualizzare gli oggetti nell'ambito della cultura che li aveva generati. Nel secolo XXI la concezione su cui si fonda l'organizzazione dei musei etnografici è orientata alla divulgazione e alla presentazione di informazioni sulle culture diverse. Alcuni musei tentano di diventare laboratori, punti d'incontro e di confronto per i diversi gruppi etnici che convivono nelle società complesse. Nel dibattito in corso sui musei emerge un'altra questione: il rapporto tra il valore etnografico degli oggetti e quello artistico. Si fa strada una nuova posizione antropologica riguardante gli oggetti: il valore estetico di questi può oltrepassare le frontiere culturali; la dimensione estetica è profondamente radicata negli oggetti etnografici e incide sulla percezione anche al di fuori dei confini della cultura che li ha creati.
Casa museo
L'origine della casa museo è legata alla tradizione del collezionismo prerinascimentale e alle camere delle meraviglie del periodo barocco. Diversamente da queste ultime però, che designavano un particolare ambiente della casa destinato alle raccolte del proprietario, ogni stanza della casa museo era destinata ad accogliere oggetti, la cui collocazione dipendeva dal godimento personale del collezionista. Un esempio italiano di casa museo è il Poldi e Pezzoli a Milano. Dal 1850 Gian Giacomo Poldi Pezzoli si era dedicato alla sistemazione del suo appartamento, una sequenza di sale ispirate ai diversi stili del passato (barocco, medioevo, primo rinascimento, rococò). Ogni ambiente era destinato ad accogliere oggetti dell'epoca corrispondente: le porcellane settecentesche nella sala Rocaille, il polittico fiammingo nella sala Nera, i fondi oro e le oreficerie gotiche nel gabinetto dantesco, le statue barocche nello Scalone. Tra le altre grandi casa museo di collezionisti si ricorda quella dell'americana Isabella Stewart Gardner a Boston e dell'inglese Sir John Soane a Londra.
Situazione Italiana
In Italia, l'istituzione-museo si presenta ancora piuttosto inadeguata alla valorizzazione dell'immenso patrimonio (statue, dipinti, reperti archeologici ecc.) del quale deve garantire la conservazione e del quale deve assicurare la conoscenza. La causa di questa carenza – così come di altre che caratterizzano la gestione dei beni storico-artistici nazionali – viene addebitata innanzi tutto alla vastità del patrimonio del nostro Paese. L'Italia, che secondo l'UNESCO racchiude nel suo limitato territorio circa il 60% dell'intero patrimonio artistico mondiale, non riesce a garantire una corretta opera di tutela e salvaguardia. In realtà, nonostante il Paese abbia a sua disposizione un patrimonio così ingente – e potenzialmente in grado di creare occupazione e profitto – solo negli ultimi anni del Novecento si è iniziato a impostare misure di intervento strutturalmente efficaci. La creazione di un apposito dicastero, nel 1974, non ha modificato la situazione; fino agli anni Novanta, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha beneficiato di una quota così esigua delle risorse statali (0,20%) che è risultata appena sufficiente al funzionamento della macchina amministrativa e burocratica; una maggiore capacità e libertà di gestione delle risorse è altresì ben visibile nelle istituzioni museali degli enti locali, ovvero delle Regioni e dei Comuni, e nelle istituzioni private. Negli ultimi anni del Novecento molti sono stati i segnali di cambiamento introdotti, a partire dalla cosiddetta legge Ronchey (1993), grazie alla quale i musei italiani possono dotarsi di servizi di accoglienza (servizi di ristorazione) e puntare ad altre forme di guadagno in aggiunta agli incassi ricavati dai biglietti di ingresso (librerie, rivendite di souvenirs e riproduzioni ecc.). Dal 1996 una quota degli utili del gioco del Lotto è stata destinata al recupero e alla conservazione dei beni architettonici, archeologici, artistici e storici dello Stato e dal 1997, per soddisfare le esigenze dei visitatori, è stato prolungato l'orario di visita dei musei. Molti sono stati i problemi superati, ma tanti sono ancora da risolvere. La forte immobilità che ha sempre caratterizzato questo settore si va rarefacendo; in tutto il Paese è evidente un crescente fermento intorno alla vita artistica e culturale. Numerosi sono stati gli interventi volti al riallestimento delle sedi storiche dei musei, alla realizzazione di nuovi spazi espositivi e al di restauro di capolavori d'arte. Tra i casi di riallestimento sono da ricordare il Museo Nazionale Romano, il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, la Galleria Borghese, il Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico “L. Pigorini” a Roma; le ristrutturazioni e i restauri della Galleria degli Uffizi di Firenze (divenuti indifferibili dopo il grave attentato del maggio 1993 e in parte volti alla realizzazione del progetto denominato Grandi Uffizi); il Museo Egizio di Torino; il Museo Archeologico Nazionale e il Museo di Capodimonte di Napoli, dove è stata anche aperta una sezione dedicata all'arte contemporanea; il Museo Archeologico di Cagliari e quello della Sibaritide in Calabria. Nuovi spazi espositivi sono stati creati attraverso restauri mirati di strutture preesistenti. È il caso dell'area dell'Arsenale di Venezia, che è divenuta sede stabile, insieme ai Giardini, della Biennale d'Arte e della ex Centrale elettrica Montemartini a Roma che ospita, in modo permanente, una parte della collezione dei Musei Capitolini: Sebbene ancora deficitaria, la situazione si presenta in crescita, confermata anche dalle statistiche che parlano di un incremento, dal 1995 al 2000, di circa 6 milioni di visitatori. Il fenomeno esprime un desiderio di fruizione culturale che però, a una analisi più approfondita, non interessa in maniera uniforme l'intero patrimonio museale nazionale. Si assiste, infatti, a una concentrazione su alcuni grandi complessi e a una sempre minore frequentazione dei musei minori. In questo modo, al di là dei musei che vengono ignorati, anche quelli dove il pubblico si accalca rischiano di non poter assolvere alla loro funzione educativa. Visite svolte in condizioni di eccessivo affollamento rendono infatti impossibile una reale fruizione di quel che il museo è in grado di offrire e si trasformano in un acritico omaggio a qualcosa di cui non si riesce a cogliere il valore. Il problema può essere almeno parzialmente risolto mediante l'adeguata opera di promozione dei musei minori avviata, ma difficilmente potrà essere eliminato. Non si deve infatti dimenticare che l'Italia è un Paese a vocazione turistica e che le cosiddette città d'arte (e dunque i musei) costituiscono un forte elemento di richiamo sia per il turismo di provenienza estera sia per quello interno. Nelle logiche dell'industria turistica, che deve sforzarsi di ampliare le offerte e contenere i prezzi, le visite ai musei, ove inserite, sono quasi sempre finalizzate alla visione di poche opere, considerate come tappe da non perdere. Un aspetto essenziale del museo, che, al di là delle opere in esso conservate, ne costituisce il carattere peculiare, è quello dell'allestimento. Anche qui si ripropongono sovente le opposizioni fra chi il museo lo fa (l'architetto) e chi ne decide il contenuto (il direttore, il conservatore, gli specialisti della materia) e, in ogni caso, ripercorrendo la storia dei musei italiani, si può constatare come il problema sia stato a lungo quasi del tutto ignorato. È in atto una proficua discussione intorno alla funzione educativa e al funzionamento del museo, secondo criteri museologici e museografici. Si è iniziato a discutere sulla questione, che verte attorno a una maggiore o minore presenza di supporti esplicativi alle opere esposte, come pannelli e tabelle. Se è difficile indicare una soluzione ideale e applicabile a qualunque contesto, si possono tuttavia definire alcuni criteri che dovrebbero essere fatti propri da ogni moderno allestimento: un'indicazione chiara e leggibile delle informazioni di base, la predisposizione di brevi cenni di inquadramento e di sintesi e, soprattutto, l'organizzazione di servizi che, se è questo il desiderio del visitatore, possano fornirgli un congruo corredo di informazioni supplementari (per esempio audioguide). Un altro elemento che è entrato a far parte di ciò che si considera proprio della struttura di un museo è costituito dalla presenza di un servizio didattico. Per molto tempo, nella maggior parte dei musei italiani le uniche attività didattiche erano state portate avanti da associazioni esterne alla struttura del museo e si erano concretizzate nella conduzione di visite guidate. Successivamente è stato attivato un servizio didattico stabile e sono stati sperimentati – soprattutto sull'esempio di quanto realizzato in Paesi come la Francia, la Germania o la Gran Bretagna e secondo il metodo pedagogico dei Children's Museums – laboratori didattici per i bambini. Questi ultimi hanno un'importanza fondamentale non soltanto ai fini di un più gradito approccio al museo (che non è più sinonimo di noia o di luogo in cui comunque si assolve a un dovere di tipo scolastico), ma anche per la formazione culturale delle giovani generazioni. Un laboratorio didattico contribuisce all'acquisizione della consapevolezza che il museo non è un bene esclusivo degli studiosi che vi lavorano, ma – come l'intero patrimonio dei beni culturali – appartiene invece all'intera collettività. Un approccio di carattere ludico catalizza l'attenzione dei bambini. Ne sono un esempio alcune iniziative svoltesi su tutto il territorio nazionale, che tendono ad avvicinare i più giovani all'istituzione museale mediante rappresentazioni teatrali e giochi. Nel 1995 è sorta a Milano l'associazione MUBA, la cui missione è quella di mettere a punto percorsi di gioco ed esposizioni interattive studiate appositamente per i più piccini e basate sul binomio educazione-divertimento con l'obiettivo di promuovere e diffondere iniziative culturali dedicate all'infanzia, che favoriscano il pensiero creativo. Inoltre, sulla base di un accordo tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Ministero della Pubblica Istruzione è nato, nel 1998, il Centro per i servizi educativi del museo, rivolto a incrementare i rapporti tra l'istituzione scolastica e il museo. Entro il 2015 Milano accoglierà il primo museo dei bambini nel Palazzo delle Scintille che, per dimensioni e caratteristiche, costituirà il più grande centro culturale per bambini d'Europa.
Situazione estera
Se molti dei problemi di carattere metodologico sono comuni anche ai musei europei o statunitensi, sensibili sono le differenze soprattutto per ciò che riguarda la creazione di nuovi poli museali o l'ammodernamento di quelli esistenti. È vero che in situazioni qual è per esempio quella statunitense può essere più facile intervenire, anche in maniera decisa, sul tessuto urbano di una metropoli, ma non c'è dubbio che la politiche scelte al di là dei nostri confini siano in molti casi nettamente più dinamiche di quella italiana. Fra le realizzazioni più importanti ricordiamo: l'ampliamento del Solomon R. Guggenheim di New York, reso possibile dall'aggiunta di una nuova ala, anche se per molti l'operazione ha costituito una gravissima offesa alla fisionomia originaria dell'edificio disegnato da F. Lloyd Wright; l'avvio delle ultime fasi del progetto del Grand Louvre; la costruzione del nuovo Museo d'arte contemporanea a Chicago, il cui progetto è stato affidato all'architetto berlinese Josef Paul Kleihues; la ridefinizione della cosiddetta Museuminsel a Berlino, l'area in cui si concentrano cinque musei, fra cui il famoso Pergamon Museum; la nuova sezione del Römisch Germanisches Museum di Magonza, un Museo delle navi espressamente realizzato per cinque relitti di navi romane rinvenuti nella città nel 1981; i lavori di risistemazione interna ed esterna del Centre Georges Pompidou a Parigi, che ha riaperto, il 31 dicembre 1999, come Grand Beaubourg, con una capacità espositiva pressocché raddoppiata; la realizzazione a Los Angeles di quella che vuol diventare la risposta americana al Beaubourg: il Getty Centre, un complesso commissionato dal Getty Trust a Richard Meier e del quale fanno parte il Getty Museum, il Getty Conservation Institute, il centro di documentazione sulla storia dell'arte, il centro per la formazione in campo storico-artistico, il centro per lo studio della storia dell'arte e delle discipline umanistiche, gli uffici del Getty Trust, un auditorium da 450 posti e un padiglione per i servizi di ristorazione.
Kunstverein, Kunstmuseum, Kunsthalle
Termini che si riferiscono alle diverse istituzioni artistiche esistenti dalla fine dell'Ottocento nei territori di lingua tedesca. Per Kunsthalle si intende un centro d'arte adibito a mostre ed esposizioni temporanee supportato generalmente da un'associazione di artisti o collezionisti locali (Kunstverein). Tra le Kunsthalle più famose per importanza e qualità delle mostre ospitate, si può citare la kunsthalle di Berna, Basilea (sorta nel 1872), Francoforte, Vienna. Per Kunstmuseum di intende invece il tradizionale museo pubblico di arte antica e moderna.
L. V. Colema, Museum Buildings, Washington, 1950; L. Mumford, La cultura delle città, Milano, 1954; P. Salmon, De la collection au musée, Bruxelles, 1958; A. B. Saarinen, The Proud Possessors, Londra, 1959; P. Bourdieu, A. Darbel, L'amore dell'arte. I musei d'arte europei e il loro pubblico, Firenze, 1972; A. Emiliani, Musei e museologia, in “Storia d'Italia”, vol. II, Torino, 1973; I. Arestizabal, A. Piva, Musei in trasformazione, Milano, 1991.