mandràgora o mandràgola

sf. [sec. XIV; dal greco mandragóras, tramite il latino mandragŏras]. Nome comune usato per indicare le piante del genere Mandragora della famiglia Solanacee con tre specie di erbe perenni proprie delle regioni mediterranee. Tali piante hanno fusto molto breve, foglie lanceolate a rosetta, fiori violacei e radice grossa, biforcuta, di odore sgradevole, alla quale si attribuivano virtù mediche e afrodisiache. La droga omonima estratta dalle radici contiene vari alcaloidi tra cui la scopolamina, la L-giusquiamina, la nor-giusquiamina, la mandragorina, con struttura e proprietà farmacologiche simili a quelle dell'atropina. § Le piante del genere Mandragora furono famose fin dai tempi antichi per le credenze superstiziose che le circondavano, dovute in parte all'azione tossica, di cui sono realmente dotate, e in parte alla forma vagamente antropomorfica delle radici per cui, ancora nel Medioevo e oltre, si parlava di mandragora maschio e di mandragora femmina. Oltre al potere soporifero, alla mandragora fu attribuito il carattere di afrodisiaco e si diceva che fosse pericoloso estrarla dal terreno, per cui si consigliava di legare alla pianta un cane, il quale tirando la corda l'avrebbe estratta e sarebbe morto, dando così all'uomo la possibilità di utilizzarla senza pericolo.

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