bestémmia
sf. [sec. XIII; latino volg. *blastemia, dal greco blasphēmía]. Parola, pensiero, azione che manifestano disprezzo contro Dio: tirare una bestemmia. Per estensione, offesa violenta, ingiuria contro persone o cose cui si deve rispetto. Fig., opinione che offende le verità comunemente accettate; assurdità, sproposito, eresia: dire che non esiste l'amore materno è una bestemmia. § Nella teologia morale, la bestemmia è considerata in genere come un peccato contra virtutem religionis. Secondo Tommaso d'Aquino è un peccato contro la fede. Si fa distinzione tra bestemmia immediata, cioè direttamente contro Dio, e bestemmia mediata, contro la Chiesa o i santi; entrambe però sono sempre considerate peccato mortale. La bestemmia era punita dagli Ebrei, secondo l'Antico Testamento (Levitico 24,16), con la lapidazione. Il Codice di Giustiniano e le leggi medievali prevedevano pene severe. La bestemmia non è più riconosciuta come reato dalle legislazioni uscite dalla Rivoluzione francese. In Italia l'articolo 724 del Codice Penale del 1930 sanciva, per chiunque bestemmiasse pubblicamente, con invettive o parole oltraggiose contro la divinità, simboli o persone venerate dalla religione dello Stato, la pena dell'ammenda. Tale norma è stata modificata nel 1999: la fattispecie è stata depenalizzata e l'illecito è ora punito con una sanzione amministrativa pecuniaria. Ad analoga sanzione è soggetto chiunque compia pubbliche manifestazioni oltraggiose verso i defunti.