Satyricon
(anche Satiricon). Romanzo latino attribuito a Petronio (sec. I), giunto a noi frammentario (restano frammenti dei libri XIV, XV e XVI). Non si conosce pertanto l'estensione dell'intera opera, che va collegata comunque ai romanzi picareschi, d'avventura e d'amore, di stampo ellenistico, ma con caratteristiche singolari, che ne fanno un vero capolavoro d'arte. Protagonisti sono due giovani: Encolpio (che narra in prima persona) e Ascilto (suo amante), cui si accompagnano a un certo punto Gitone (un giovane e grossolano mariuolo) e il poeta Eumolpo. Su un semplice canovaccio (le peripezie dei due amanti divisi dalla sorte e destinati a ritrovarsi solo dopo molte avventure), s'inseriscono numerosi episodi, racconti e divagazioni, secondo l'uso delle novelle milesie, con forte carica erotica. Celebre l'episodio sulla cena di Trimalcione, satira minuziosa e divertita dell'ambiente dei liberti arricchiti. Un accostamento formale può anche essere fatto con la satira menippea, componimento bizzarro e misto di prosa e di poesia: due lunghi brani poetici nel testo a noi giunto riguardano la presa di Troia (probabile parodia di Seneca) e la guerra civile tra Cesare e Pompeo (in concorrenza con Lucano). Una realtà tendenzialmente bassa e volgare è rappresentata dall'autore con un misto ineguagliabile di realismo e di caricatura, la trivialità è decantata da uno spirito raffinatissimo e in ciò l'opera si stacca nettamente dalle tradizioni precedenti. In contrasto con lo stoicismo della società del suo tempo, Petronio è un epicureoscettico, privo di idealità, osservatore disincantato dei suoi simili. Alieno da ogni retorica, usa uno stile crudo di rara efficacia. C'è della complessità barocca nella struttura dell'opera e nella sua scrittura, ma anche una grande forza di creazione che ne fa uno dei maggiori capolavori della letteratura latina in prosa.