Mies van der Rohe, Ludwig
IndiceGli esordi
Architetto e designer tedesco (Aquisgrana 1886-Chicago 1969). Figlio di uno scalpellino, compì la sua formazione di architetto a Berlino, lavorando prima (1905-07) nello studio di Bruno Paul, poi (1908-11) in quello di Behrens, dove entrò in contatto con le contemporanee esperienze maturate da Gropius e Le Corbusier. Le prime opere di Mies van der Rohe (e cioè il progetto del monumento a Bismarck a Bingen, 1912, e il progetto per casa Kröller a L'Aia, 1912), tuttavia, mostrano soprattutto la meditazione – filtrata attraverso Behrens – dei modelli neoclassici di K. F. Schinkel, cui si aggiunse la conoscenza, in Olanda, dell'opera di Berlage. Ascendenze che appaiono completamente superate nei progetti del dopoguerra – momento in cui Mies van der Rohe intervenne vivamente nel dibattito dell'avanguardia, con la partecipazione al “Novembergruppe” e la direzione della rivista G (Gestaltung) – profondamente innovatori e rivoluzionari: l'edificio per uffici nella Friedrichstrasse a Berlino (1919), risolto con un gruppo di tre torri vetrate dagli spigoli taglienti, collegate a una struttura di servizi centrale, e il grattacielo in vetro e acciaio a pianta ondulata (1919-21), che impostano entrambi in termini del tutto nuovi sia i problemi tecnologici dell'uso dei materiali, sia il fondamentale tema architettonico del rapporto esterno-interno.
La maturità
Le opere successive, e specialmente i due progetti per case di campagna (1923-24), mostrano, nelle soluzioni planimetriche, nell'andamento spiccatamente orizzontale, nella semplificazione geometrica dei volumi, l'influsso determinante in questa fase della poetica neoplastica del De Stijl: lo spazio, non più racchiuso nella “scatola” muraria, filtra senza sosta dall'interno all'esterno mentre le linee strutturali sono puri diaframmi, estensibili all'infinito, fuori dai limiti del “quadro”, come nelle composizioni di Mondrian e di Van Doesburg. È l'inizio di un processo astrattivo di purificazione formale le cui tappe successive sono segnate dai risultati assoluti del padiglione della Germania all'Esposizione Internazionale di Barcellona del 1929 (testo tra i fondamentali del Movimento Moderno, ma anche caso unico, nel rifiuto di ogni implicazione di funzione, di architettura “pura”, che si confronta solo con se stessa), della Tugendhat House a Brno (1930) e della casa per la mostra delle costruzioni a Berlino del 1931. Sono anni di intensa attività per Mies van der Rohe, che gode ormai di un prestigio pari a quello di Gropius: dopo l'ultimo omaggio all'espressionismo, il monumento a Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg (1926, Berlino; distrutto), si colloca lo studio per un quartiere residenziale sperimentale – il Weissenhof Siedlung – per l'Esposizione di Stoccarda del 1927, cui Mies van der Rohe, come vicepresidente del Werkbund, chiamò a collaborare i maggiori architetti del momento, realizzando personalmente il blocco di case a schiera di quattro piani. Dell'anno successivo è il progetto di risistemazione urbanistica dell'Alexanderplatz di Berlino. Nel 1930 Mies van der Rohe sostituì Hannes Meyer alla direzione del Bauhaus, che tenne, dopo il trasferimento da Dessau a Berlino, fino alla chiusura definitiva della scuola da parte del governo nazista nel 1933.
L'esperienza americana
Abbandonata la Germania nel 1937, l'architetto si trasferì negli Stati Uniti, dove, nominato l'anno successivo direttore della facoltà di architettura dell'Institute of Technology di Chicago, iniziò la sua attività americana progettandone il nuovo campus (realizzato dal 1942) sulla base di un rigoroso impianto unitario a reticolo modulare. La produzione architettonica di Mies van der Rohe del periodo successivo – che improntò di sé in modo determinante il volto dell'architettura statunitense – si accentrò prevalentemente su un tema “simbolo”, quello del grattacielo inteso come puro prisma geometrico di vetro e ferro (Promontory Apartments, 1949, e torri di Lake Shore Drive, 1950-51, a Chicago; Seagram Building di New York, 1958-59), secondo un modello ormai rigorosamente immutabile, in cui il codice architettonico è diventato regola che non ammette eccezioni. § Nell'intera vicenda dell'opera di Mies van der Rohe è chiaramente percepibile il processo di involuzione del Movimento Moderno che, partito da premesse rivoluzionarie nel tentativo di salvare l'autonomia della disciplina architettonica come tecnica “neutrale”, ne ha degradato i valori in un codice formale pronto per essere consumato dagli sviluppi dello Stile Internazionale.
Bibliografia
A. Drexler, Ludwig Mies van der Rohe, New York, 1960; W. Blaser, Mies van der Rohe, Zurigo, 1972; L. Papi, Mies van der Rohe, Firenze, 1975; F. Schulze, Mies van der Rohe, Milano, 1989.