Marot, Clément
IndiceBiografia
Poeta francese (Cahors 1496-Torino 1544). Figlio di Jean, è considerato tra i maggiori lirici del primo Rinascimento francese. Subito avviato agli studi letterari, sotto la guida del padre che lo portò a corte in giovanissima età, Marot si appassionò ai classici: Virgilio, Ovidio, Catullo e Marziale. Oltre al latino conosceva anche l'italiano, tanto da leggere Petrarca in originale. Studiò musica e completò assai presto la sua educazione. Compose le prime poesie al servizio di Nicolas de Neufville, signore di Villeroi. Nel 1521, grazie alla mediazione di un gentiluomo di camera, entrò al servizio di Margherita, sorella di Francesco I, sposata al duca d'Alençon, col quale partecipò alla campagna d'Italia, rimanendo ferito a Pavia (1525). Fatto prigioniero e liberato, cadde poi sotto l'accusa di eresia per infrazione alle regole di astinenza nella Quaresima e venne rinchiuso allo Châtelet (1526). Liberato per intervento di un amico, si rifugiò a Chârtres dove preparò la sua edizione del Roman de la Rose, pubblicata nel 1527. Francesco I intanto, dopo averlo perdonato, lo nominò valletto di camera, carica già concessa a suo tempo al padre. Più volte perseguitato come eretico, per la sua inclinazione a favorire le innovazioni dell'evangelismo, ma scontento oltre che delle leggi della Chiesa cattolica anche delle norme della Ginevra calvinista, Marot riuscì sempre a evitare la condanna per intervento del re o di Margherita. Tuttavia, nel 1534, si trovò coinvolto nell'affare dei placards, manifesti appesi alle porte degli appartamenti reali del castello di Amboise, con attacchi alla religione cattolica. Marot riuscì a evitare l'arresto rifugiandosi prima presso la sua protettrice Margherita, divenuta regina di Navarra, poi in Italia (1536), dove visse alla corte di Ferrara. Rientrò in Francia nel 1537 dopo solenne giuramento di abiura. Nuovamente perseguitato, cercò rifugio a Ginevra (1542). Morì a Torino due anni dopo, dove si era recato passando da Chambéry, prima che gli giungesse dal re l'invito a tornare alla corte.
Clément Marot in un ritratto dell'epoca ( Ginevra, Bibliothèque Publique et Universitaire).
De Agostini Picture Library/G. Dagli Orti
Opere
Poeta artificioso, secondo le regole dei “grands rhétoriqueurs” nelle prime opere, tra cui il poema allegorico Le temple de Cupido (1514) e la raccolta Adolescence Clémentine, pubblicata nel 1532, presto mostrò una sensualità calda e ricca di motivi anche polemici, non solo verso il mondo della Chiesa ma anche per la legge, come testimonia il poemetto L'Enfer (L'Inferno, scritto nel 1526 e pubblicato nel 1542), con la satira del suo primo imprigionamento (1526) e del suo processo. Cantò con abbandono naturalistico il sentimento dell'amore e non nascose la sua ammirazione affettuosa per la giovane Anna d'Alençon, nipote di Margherita. Ripubblicò le poesie di François Villon, sentendo la continuità del primo Rinascimento col tardo Medioevo, ricco di motivi genuini e di spirito popolare. Poeta di corte, pubblicò molte liriche di circostanza: epistole, ballate, orazioni, rondò, epitaffi, sonetti dai versi eleganti, pieni di spirito, non mai però profondi. Dedicò quindici anni della sua vita a tradurre i Salmi (Cinquante Premiers Psaumes, 1543), che furono adottati dai protestanti.