Le Corbusier
Indicepseudonimo dell'architetto, urbanista, pittore e scultore francese Charles-Édouard Jeanneret (La Chaux-de-Fonds 1887-Cap Martin 1965). La lunga e multiforme attività di Le Corbusier, considerato la personalità più “universale” del Movimento Moderno in architettura, si può schematicamente suddividere in tre periodi: la fase di studio e di ricerca, dagli inizi del Novecento al 1919, quando l'architetto si trasferì a Parigi; la fase del “razionalismo”, condotta attraverso le polemiche e le battaglie degli anni tra il 1920 e il 1939; una fase, dopo la parentesi bellica, dal 1945 alla morte, di grandi realizzazioni, di mutamenti stilistici, di riconoscimenti a livello internazionale. Le Corbusier compì gli studi a La Chaux-de-Fonds, nella scuola d'arte dove divenne poi insegnante (1914), completandoli da autodidatta, nel campo dell'architettura, con viaggi in Europa e nel Medio Oriente. Per breve tempo lavorò negli studi di Perret (1908) e di Behrens (1908-10), orientando i suoi interessi architettonici sul problema della prefabbricazione e dell'uso del calcestruzzo armato. Trasferitosi a Parigi, vi iniziò l'attività di pittore, fondando con Amedée Ozenfant e Paul Dermée la rivista L'Esprit Nouveau, organo di diffusione della corrente pittorica del purismo, in ambito postcubista. Aprì nel 1922 il suo studio, in collaborazione col cugino Pierre Jeanneret, dando inizio a un'attività multiforme e ininterrotta, caratterizzata subito da prevalenti interessi urbanistici e da una forte spinta utopica da un lato (1922: piano per una città di 3 milioni di ab.; 1925: primo progetto per il Plan Voisin di Parigi, concepito come insieme di grattacieli cruciformi in mezzo al verde), e dall'altro dalla ricerca di un rigoroso metodo di progettazione, basato sui principi teorici e tecnici formulati in Vers une architecture (1923) e riassumibili nei famosi “5 punti” (1926): la pianta libera, concessa dall'uso del cemento armato; l'edificio su pilotis, liberato dal legame al suolo e reso aereo; la facciata libera, conseguenza della libertà strutturale dell'interno, aperta a ogni possibilità di tracciato compositivo; la finestra in lunghezza, che può svilupparsi da una estremità all'altra della parete; il tetto-giardino, concesso sempre dall'impiego del cemento armato, sfruttabile come luogo di riposo, e collegato al resto dell'edificio da una rampa (la promenade architecturale). Tali principi costituirono realmente un codice per l'architettura di avanguardia tra le due guerre e furono ancora successivamente sfruttati. Gli anni tra il 1920 e il 1940 furono per Le Corbusier densissimi di progetti e, in grado minore, di realizzazioni (1925: padiglione dell'Esprit Nouveau all'Esposizione di arti decorative a Parigi; 1927: concorso per il palazzo della Società delle Nazioni a Ginevra; 1928: progetto per la Cité mondiale e Centrosojuz di Mosca; 1929: villa Savoye a Poissy; 1930: padiglione svizzero della Città Universitaria di Parigi; 1931: progetto per il palazzo dei Soviet a Mosca; ecc.). Nel 1928 Le Corbusier sembrò voler tradurre gli aspetti universalistici e profetici di certi suoi progetti (si vedano gli aspetti ecumenici e simbolici della sua “Cité mondiale”) su un piano pratico di collaborazione internazionale, partecipando alla fondazione dei CIAM (Congrés Internationaux d'Architecture Moderne), attraverso i quali egli continuò a condurre la battaglia del razionalismo, nell'illusione umanistica – così tipica della cultura europea degli anni Venti-Trenta – di poter cambiare il mondo attraverso l'architettura. I suoi orizzonti si allargarono ancora: gli studi urbanistici per l'America Meridionale (1929-30), per Algeri (1930, 1933, 1934), per Ginevra, Stoccarda, Anversa (1933), ancora per Parigi (1930, 1937), si coagularono nel fervido e appassionato compendio de La ville radieuse (1935), che ingloba e dà un senso preciso alla celebre definizione della casa come machine à habiter. Nel 1935 Le Corbusier si recò negli Stati Uniti e l'anno successivo in Brasile, dove collaborò con L. Costa e O. Niemeyer al palazzo del Ministero dell'Educazione a Rio de Janeiro, lasciando nel Paese sudamericano un'impronta determinante per i futuri sviluppi della sua architettura (si pensi all'“utopia realizzata” di Brasilia). Dopo la parentesi bellica, Le Corbusier riprese nel 1944 la sua attività, partendo significativamente da un nuovo testo teorico, il Modulor (1949-50, 1955), studio di rapporti modulari basato – come nell'Umanesimo – sulla “misura” dell'uomo. A distanza di 30 anni, le esperienze, le innovazioni e le profezie dell'architetto appaiono sintetizzate nell'unité d'habitation di Marsiglia (1945-52): una ville radieuse di un solo edificio, unità autonoma e autosufficiente di 360 appartamenti per duemila abitanti, che al suo apparire scatenò infinite polemiche. L'ultima fase di Le Corbusier, segnata da riconoscimenti internazionali e grandi commissioni (1947: progetti per il palazzo dell'ONU a New York; 1950-57: progetti per Chandigarh, nuova capitale del Punjab, in India; 1956: progetto per centro culturale con museo d'arte a Tōkyō), non manca di essere marcata da profonde contraddizioni, ma anche da singolari capacità di rinnovamento formale: dai moduli geometrici del razionalismo “purista” si può così passare all'impennata romantico-spiritualista della chiesa di Notre-Dame du Haut a Ronchamp (1950-53) e del convento di La Tourette a Éveux (1956-57), con recuperi espressionistici nell'esaltazione del valore primario della materia (cemento a vista), donde l'indubbio influsso sul brutalismo inglese. Nel piano urbanistico per Chandigarh, originariamente di Albert Mayer, è interamente di Le Corbusier il centro monumentale (palazzo di Giustizia; Parlamento; palazzo del Governatore; Segretariato), compreso il Monumento della Mano aperta, ultimo simbolo visivo di una fede che trova scarsi confronti nella storia dell'architettura moderna. I 60 anni di ininterrotta attività di Le Corbusier possono veramente essere assunti a nucleo rappresentativo di un'intera fase non solo dell'architettura, ma di tutta la cultura europea, con le sue contraddizioni e lacerazioni interne. La prima attività dell'architetto si svolse nel momento di crisi delle avanguardie “rivoluzionarie” del Novecento, quello degli anni del rappelle à l'ordre, ed egli ha risentito non tanto dell'utopia sociale e riformista dell'espressionismo, quanto degli esiti del cubismo, da lui stesso, con Ozenfant, avviato in direzione purista. Il principio della scomposizione cubista è assimilato dallo spirito razionale di Le Corbusier nel senso della semplificazione delle strutture architettoniche in elementi primari, geometrici (la perfetta stereometria di villa Savoye), che sul piano tecnico comportano la previsione della loro prefabbricazione, e su quello teorico e formale l'elaborazione di un vero codice lessicale, capace di assorbire eccezioni e contraddizioni. La “maniera” di Le Corbusier, in un'accezione edulcorata, ha caratterizzato invece il New Brutalism inglese, giapponese e italiano, perpetuandosi fino ai nostri giorni in una sorta di nuova accademia.
Bibliografia
M. Gauthier, Le Corbusier, or the Architect in the Service of Man, Parigi, 1944; S. Papadaki, Le Corbusier, Architect, Painter, Writer, New York, 1948; J. Alazard, Le Corbusier, Firenze-Parigi, 1950-51; A. Henze, Le Corbusier, Berlino, 1957; F. Choay, Le Corbusier, Milano, 1960; G. Fanelli, R. Gargiani, Perret e Le Corbusier. Confronti, Bari, 1990.