Jonson, Ben
Indiceautore drammatico e poeta inglese (Londra ca. 1572-1637). Discepolo di W. Camden, poi studente a Oxford, ebbe una notevole educazione umanistica. Uomo dal temperamento turbolento, dall'altissimo concetto di se stesso e dalla vita burrascosa (combatté nei Paesi Bassi contro gli Spagnoli, fu ripetutamente imprigionato), Jonson occupa un posto di capitale importanza nella storia della scena inglese, su cui esordì come attore. Più che i suoi numerosi masques e le sue tragedie storiche (Sejanus, 1603; Catiline, 1611), hanno perpetuato la sua fama le commedie, la più celebre e rappresentata delle quali è Volpone or The Fox (1606; Volpone): ambientato a Venezia, questo capolavoro sviluppa con aspro e scintillante estro il tema, di derivazione classica, del gioco d'astuzia tra alcuni cacciatori d'eredità e la loro vittima designata, il ricco “volpone” di cui al titolo. Una smagliante vivacità d'invenzione comico-farsesca sostiene anche la beffa ordita in Epicoene or The Silent Woman (1609; Epicene o La donna silenziosa). Di intreccio più complesso sono gli altri due capolavori in cui rifulge la forza comica di Jonson, nutrita di classicismo (ma al tempo stesso liberissima), di risentito moralismo satirico e di densi succhi realistici: The Alchemist (1610; L'alchimista), dove un preteso alchimista serve da calamita per i gonzi che sperano nella pietra filosofale, e Bartholomew Fair (1614; La fiera di San Bartolomeo), dalla struttura aperta e dalla brulicante vitalità descrittiva (la vera protagonista della commedia è, come qualcuno ha detto, la fiera, in cui culmina la vocazione di Jonson a ritrarre tipi e costumi di Londra e dei suoi dintorni). Al centro di varie polemiche e della cosiddetta “guerra dei teatri”, Jonson fu però amico di quasi tutti i maggiori ingegni del periodo, compreso Shakespeare, al quale soltanto fu secondo per vigore drammatico. Come poeta, fu autore di epigrammi giovanili, di traduzioni dai classici e di liriche di cristallina purezza, raccolte in The Forest (1616; La foresta) e in Underwoods (1640; Sottoboschi), che nel Seicento esercitarono grande influenza sui cosiddetti “poeti cavalieri”. Il suo gusto classicheggiante traspare dalla raccolta postuma di saggi, parafrasi e annotazioni, Timber (1641; Alberi da legname) e dalle conversazioni che il poeta scozzese Drummond of Hawthornden trascrisse nel 1618. La varietà e l'eccellenza della sua attività letteraria giustificano l'appellativo che gli diedero i contemporanei: “impareggiabile Ben Jonson”. Fu sepolto nell'abbazia di Westminster.
Bibliografia
J. A. Barish, Ben Jonson and the Language of Comedy, Oxford, 1960; S. Orgel, The Jonsonian Masque, Harvard, 1965; G. Capone, Ben Jonson. L'iconologia verbale come strategia di commedia, Bologna, 1969; S. Broad, Ben Jonson: His Thought and Work, Londra, 1979.