Gengis Khān
titolo onorifico di Ṭemujin (ca. 1162-1227), condottiero e khān mongolo. La sua azione si inserisce nel processo in atto, alla fine del sec. XII, tra le tribù mongole che portò alla costituzione di uno Stato protofeudale. In tale contesto Gengis Khān riuscì, mantenendo il controllo sui clan assoggettati dal padre e avvalendosi dell'appoggio materno e della potente tribù cui apparteneva la moglie Börte, a operare un'unificazione tra le popolazioni mongole. Consolidato il proprio potere, fu in grado di assoggettare tutte le popolazioni dell'alta Mongolia; all'assemblea (quriltai) del 1206 venne proclamato khāqān, cioè “supremo khān” dei Mongoli e dei loro alleati. Sotto il dominio suo e della sua famiglia (“Clan d'Oro” o Altin Uruk), oltre a svilupparsi lo Stato protofeudale mongolo, si rafforzò la supremazia dell'aristocrazia sulle masse di allevatori nomadi. Riorganizzato l'esercito, intraprese campagne di conquista verso i Paesi vicini assoggettando il regno Hsi Hsia, gli Jurčin, fondatori della dinastia cinese Chin (1211), e poi Pechino (1215). Di qui Gengis Khān mosse verso il regno dei Qara Kitai e poi contro la Corasmia (o Khwārizm); passò poi in Transoxiana prendendo Buhara e Samarcanda, che subirono immani devastazioni (1220), mentre i suoi generali penetravano nella Russia meridionale e suo figlio conquistava il Khorāsān. Nel 1222 Gengis Khān invase l'Afghanistan. Ritornato in Mongolia nel 1225, l'anno successivo intraprese una nuova spedizione contro il regno Hsi Hsia, e morì mentre assediava Ningsia. Sotto il suo regno venne emanato un rigidissimo corpo di leggi, a un tempo codice civile, penale e militare per i sudditi dell'impero mongolo, e venne introdotto l'uso della scrittura uigurica.