Ecuador o Equador
Indice(República del Ecuador). Stato dell'America Meridionale (256.370 km²). Capitale: Quito. Divisione amministrativa: province (22). Popolazione: 13.805.095 ab. (stima 2008). Lingua: spagnolo (ufficiale), quechua, shuar. Religione: cattolici 92,5%, protestanti 3,4%, altri 4,1%. Unità monetaria: dollaro USA (100 centesimi). Indice di sviluppo umano: 0,807 (72° posto). Confini: Colombia (N), Perú (E e S), oceano Pacifico (W). Membro di: OAS, ONU e WTO, associato MERCOSUR.
Ecuador . Veduta panoramica di Quito.
De Agostini Picture Library/V. Degrandi
Ecuador . La chiesa di S. Francesco nella capitale ecuadoregna.
De Agostini Picture Library/V. Degrandi
Equador. Cartina geografica.
Ecuador . Veduta di Guayaquil.
De Agostini Picture Library/V. Degrandi
Ecuador . Coltivazioni alle falde del vulcano Chimborazo.
De Agostini Picture Library/G. Sioën
Ecuador . Allevamento di ovini nella provincia di Cotopaxi.
De Agostini Picture Library/G. Sioën
Ecuador . Lavorazione artigianale di un tappeto di lana.
De Agostini Picture Library/V. Degrandi
Generalità
Si estende nella sezione nordoccidentale del subcontinente, tra l'oceano Pacifico, su cui si affaccia a W per 800 km, e il bacino amazzonico, cui tende verso E; comprende anche l'arcipelago delle Galápagos (Islas Galápagos), situato in pieno oceano Pacifico, a circa mille chilometri dalla costa ecuadoriana. I confini dell'Ecuador sono convenzionali: in particolare quello con il Perú, oggetto di lunghe contese, è stato riconosciuto dal governo ecuadoriano nel 1998, e permette ora l'accesso al bacino amazzonico. L'Ecuador ricorda nel nome la posizione a cavallo dell'Equatore, ma non in questo consiste la sua precipua caratteristica geografica, bensì nell'essere uno Stato andino: nelle fertili conche rinserrate tra le Ande, il cui duplice allineamento domina la fascia mediana del Paese, l'Ecuador ha avuto la sua matrice storica e culturale (con gli incas), l'origine del popolamento, la base dell'economia. Per quanto riguarda l'aspetto economico, fino all'inizio degli anni Ottanta del Novecento il Paese ha vissuto una fase espansiva. È quindi difficile spiegare il vero e proprio tracollo che lo ha investito da quel decennio in poi; le analisi portano a ricondurre l'estrema volatilità dell'economia ecuadoriana a un assetto politico cronicamente instabile, culminato nella grave crisi istituzionale del 1997. Non mancano, però, in questi primi anni del Duemila, le possibilità per nuove politiche di sviluppo. I problemi da risolvere sono, tuttavia, numerosi e di diversa natura. La ripresa delle entrate petrolifere e le buone possibilità di sviluppo turistico aprono spiragli per sostenere un processo di industrializzazione e modernizzazione, ma la possibilità di un vero e duraturo itinerario di sviluppo potrà essere tracciato solo se la popolazione diventerà protagonista consapevole dei valori della democratizzazione.
Lo Stato
Ex colonia spagnola, appartenente alla Federazione della Grande Colombia dal 1822 al 1830, l'Ecuador è, in base alla Costituzione del 1979, una Repubblica unitaria di tipo presidenziale. Capo dello Stato è il presidente della Repubblica, eletto ogni quattro anni a suffragio universale e diretto; egli esercita il potere esecutivo con l'ausilio dei ministri da lui nominati ed è direttamente responsabile della politica estera. Il potere legislativo spetta al Congresso Nazionale, eletto a suffragio universale ogni cinque anni. Il sistema di diritto in uso è basato sul diritto continentale europeo; il Paese non riconosce le emanazioni della Corte Internazionale. La giurisdizione nazionale prevede che ad amministrare la giustizia sia, al massimo grado, la Corte Suprema. A essa si affiancano Corti superiori (attive a livello provinciale), Corti locali e Corti speciali (per le questioni inerenti il diritto del lavoro e i minorenni). La difesa dello Stato è organizzata nelle tre forze tradizionali: esercito, marina e aviazione; il servizio di leva, obbligatorio ed effettuato a partire dai 20 anni d'età, ha la durata di 12 mesi. L'istruzione è obbligatoria (la scuola primaria lo è dal 1871), laica e gratuita dai 6 ai 14 anni. Storicamente a carico degli ordini religiosi (in particolare durante l'epoca coloniale), attualmente la scuola è pubblica, con una significativa presenza anche di istituti privati. Tanto l'insegnamento primario quanto l'insegnamento secondario, che impartisce un'istruzione tecnica, professionale o generale, hanno una durata di 6 anni L'analfabetismo costituisce un problema rilevante, che viene fronteggiato con l'istituzione di apposite scuole per adulti; l'UNESCO e l'ONU hanno fornito un apporto considerevole per la scolarizzazione della popolazione india, contribuendo alla diminuzione del tasso registrato nel Paese, che, nel 2007, era pari al 15,8%. Particolare sviluppo ha in Ecuador l'istruzione superiore, impartita in diversi centri universitari e politecnici, tra i quali l'Università Centrale dell'Ecuador (Quito; 1769), quelle di Guayaquil (1867), di Cuenca (1868), di Loja (1869), le università tecniche di Manabí (1952), Babahoyo (1971), Loja (1971), Esmeraldas (1970) e le tre università cattoliche di Quito (1946), di Santiago de Guayaquil (1962) e di Cuenca (1970).
Territorio: morfologia
L'Ecuador è un Paese andino per eccellenza, benché la zona propriamente montana, localmente chiamata Sierra, abbia un'estensione di poco superiore a un quarto della complessiva superficie territoriale. In effetti l'Ecuador comprende tre regioni ben distinte per condizioni morfologiche oltre che ambientali: a W, affacciata al Pacifico, è la Costa, al centro la Sierra, a E, verso il bacino amazzonico, l'Oriente. La Costa, estesa per ca. 67.000 km², corrisponde in gran parte a una pianura alluvionale, ampiamente ricoperta da materiale vulcanico; larga al massimo 150 km, è profondamente depressa in prossimità del versante andino, ma si rialza verso il litorale, su cui prospettano isolate colline o brevi dorsali montuose di natura calcarea (cordigliera di Manabí, di Colonche ecc.), alte in genere sugli 800 m e formatesi durante gli ultimi corrugamenti che interessarono la regione andina. Tali rilievi lasciano uno spazio talora esiguo alla cimosa costiera, bassa e articolata (baie di Manta, di Santa Elena, golfo di Guayaquil, ecc.), in cui taluni fiumi hanno inciso profondamente i loro estuari, mentre altri ristagnano dando luogo ad aree paludose. Scarse e di modesta estensione sono le isole che bordano il litorale ecuadoriano a eccezione dell'isola di Puná, situata nel golfo di Guayaquil e formatasi per recenti moti eustatici. La parte più ricca e popolata della Costa è il bacino del fiume Guayas (termine per la verità abbastanza improprio, in quanto si intende per Guayas la foce comune di alcuni corsi d'acqua, tra cui il Daule e il Vinces), i cui suoli assai fertili consentono un'agricoltura di piantagione e che ospita la maggiore città dell'Ecuador., Guayaquil. La sezione centrale del Paese, la Sierra (ca. 63.000 km²), è una fascia di alteterre lunga oltre 600 km da N a S e larga 100-150 km; essa si articola su due catene andine grosso modo parallele, la Cordillera Occidental e la Cordillera Oriental o Real, tra le quali s'interpone una zona depressionaria, elevata in media 2500 metri. I due allineamenti montuosi, costituiti da rocce paleozoiche e mesozoiche fortemente piegate (più antica è la Cordillera Oriental, formata essenzialmente da rocce cristalline ricoperte di materiali sedimentari), si originarono per due successivi corrugamenti cenozoici; potenti strati lavici, attestanti un'intensa attività vulcanica, ricoprono in più punti i rilievi, specie nella sezione settentrionale della Sierra. Grandiosi apparati vulcanici, molti dei quali ancora attivi, sovrastano le due catene; nella Cordillera Oriental, morfologicamente più compatta e nel suo complesso più elevata dell'Occidentale, s'innalzano, tutti superiori ai 5000 m, il Cayambe (5790 m), l'Antisana (5704 m), il Cotopaxi (5897 m) e il Sangay (5230 m, uno dei più attivi vulcani del mondo), mentre la Cordillera Occidental, largamente frammentata da numerosi solchi fluviali, pur presentando in genere apparati vulcanici di minor importanza (Cotacachi, 4937 m; Pichincha, 4783 m), annovera il possente Chimborazo, massima elevazione del Paese (6310 m). Oltre che da un'intensa attività vulcanica, l'Ecuador è interessato da frequenti fenomeni sismici, che denunciano l'instabilità strutturale del territorio. Terreni vulcanici ricoprono anche la fossa tettonica centrale, che le colate laviche hanno compartimentato in numerosi bacini ben distinti l'uno dall'altro, le hoyas (bacini di Ibarra, Quito, Latacunga, Riobamba, ecc.), il cui clima particolarmente adatto all'insediamento umano e i cui suoli assai fertili hanno determinato, sin da epoche remote, un fitto popolamento e l'ubicazione di centri assai importanti nonché della stessa capitale. A E della Cordillera Oriental si stende l'Oriente, la più vasta (oltre 130.000 km²) regione morfologica del Paese; rivestita da un fitto manto forestale, per il suo difficile accesso – è raggiungibile solo percorrendo le selvagge gole dei pochi fiumi che si sono aperti un passaggio nella Cordillera Oriental – è in molte zone ancora pressoché sconosciuta ed è quasi interamente spopolata. Formato da un'area pedemontana e da un'ampia pianura, l'Oriente è ricoperto da terreni sedimentari del Cenozoico e del Neozoico; si tratta in gran parte di depositi alluvionali, che digradano da W a E verso il bacino amazzonico. Circa mille chilometri al largo della costa, su una superficie di 8010 km² si trova l'arcipelago di Colón o delle Galápagos, formato da un gruppo piccole isole di cui 13 maggiori, di natura vulcanica.
Territorio: idrografia
L'Ecuador possiede una fitta rete idrografica, che tributa all'oceano Pacifico e al Rio delle Amazzoni; i fiumi, assai ricchi d'acqua, si originano dalle catene andine e hanno in genere un regime pluvio-nivale. Data la maggior vicinanza dei rilievi occidentali alla costa, più brevi sono in linea di massima i fiumi che scendono all'oceano; i principali sono l'Esmeraldas, che si forma dalla confluenza di vari fiumi, tra cui il Guaillabamba, e sfocia nel Pacifico con un profondo estuario dov'è situata l'omonima città, e il citato Guayas. Soprattutto ricchi d'acqua, per le copiosissime precipitazioni, sono i fiumi amazzonici; tra essi di particolare importanza sono il Napo, il Pastaza e il Tigre, i due ultimi tributari del Marañón.
Territorio: clima
Nonostante la posizione a cavallo dell'Equatore, il Paese non ha caratteristiche climatiche tipicamente equatoriali eccetto che nell'Oriente. La Costa, pur contraddistinta da temperature costantemente elevate (a Guayaquil la media di gennaio è di 27 ºC, quella di luglio di 25 ºC), presenta nel corso dell'anno la netta alternanza tra una stagione piovosa (invierno, da dicembre a giugno), in cui predomina l'influsso delle masse d'aria umida equatoriali, e una più asciutta (verano, da giugno a dicembre), quando la regione è soggetta all'azione delle masse d'aria secca provenienti dal Pacifico. Le precipitazioni non sono comunque mai molto copiose; Guayaquil, per esempio, riceve 1000 mm annui di pioggia, e l'estremo tratto costiero meridionale, lambito dalla corrente di Humboldt, o del Perú, è addirittura assai arido, registrando al massimo 500 mm annui. Nella Sierra è naturalmente la presenza dei rilievi a determinare le maggiori differenze climatiche. Per quanto riguarda le temperature, si ha la distinzione, propria delle regioni andine, in tierras calientes (le basse vallate e il pedemonte), templadas (gli altopiani centrali), frías (le aree tra i 3000-3500 e i 4500 m) e heladas (le alte quote a partire dai 4500 m, dove si pone il limite delle nevi perenni): si passa da una temperatura media mai inferiore ai 20 ºC per le tierras calientes al clima perennemente primaverile di 13-15 ºC nella fascia interandina, alle temperature più rigide, con medie invernali anche inferiori allo zero, nelle tierras frías, sino alle formazioni glaciali delle aree più elevate. Le precipitazioni sono piuttosto scarse nelle hoyas, pur variando ampiamente da bacino a bacino (tra i più piovosi è quello di Quito, con 1100 mm annui); le piogge sono invece assai abbondanti sui versanti orientali delle cordigliere, scarse su quelli occidentali. Temperature costantemente elevate e precipitazioni assai copiose, sino a 4000-4500 mm annui, ha infine l'Oriente, investito tutto l'anno dalle masse d'aria calda e umida d'origine atlantica (alisei di NE e di SE).
Territorio: geografia umana
Sin dall'epoca preincaica le genti indie erano stanziate quasi unicamente nella fascia interandina, dove i sopraggiunti incas fondarono Quito, rimasta la principale città del Paese anche con gli spagnoli. Questi iniziarono però il popolamento della Costa, che dotarono di vari centri portuali, tra cui emerse Guayaquil, e dove più tardi fecero affluire gruppi di africani, adibiti al lavoro nelle piantagioni. Pur essendo considerato un Paese a maggioranza india, l'Ecuador vive sostanzialmente una situazione di equilibrio tra la componente quechua (41%) e quella meticcia (42%), formatasi a seguito del lungo mescolamento fra le tribù locali e i colonizzatori europei: nel complesso, mestizos e indios compongono, dunque, oltre l'80% della popolazione. I creoli, discendenti dagli antichi conquistatori spagnoli, e i bianchi di più recente immigrazione (XX sec.; prevalentemente dall'America Settentrionale, oltre che dall'Europa) rappresentano ca. l'11% del totale, seguiti da neri e mulatti (5%) e da esigue minoranze asiatiche (cinesi, giapponesi). Fra i piccoli gruppi indigeni, numerosi vengono computati separatamente, come i colorados della Sierra, di stirpe chibcha, e i jívaros dell'Oriente, che vivevano in piccoli nuclei tribali o familiari ed erano noti per la pratica della mummificazione delle teste dei nemici uccisi: ormai essi risultano per lo più assimilati dal processo di valorizzazione della regione amazzonica. La crescita demografica è stata relativamente lenta fino ai primi decenni del XX sec.: rispetto ai 500.000 ab. del 1825, la popolazione risultava triplicata quasi cento anni dopo (1.500.000 ab. nel 1920), mentre, da allora, lo stesso moltiplicatore scattava nuovamente in soli quarant'anni, una prima volta nel 1960 (4.400.000 ab.) e una seconda volta nel 2000 (12.646.000 ab.). Ciò si deve non tanto ai discontinui apporti migratori, quanto a un movimento naturale fra i più intensi a livello mondiale: nella seconda metà degli anni Ottanta del XX sec. il tasso di natalità si aggirava ancora intorno al 37‰ annuo, contro una mortalità appena superiore al 5‰. Dalla fine degli anni Novanta, invece, la natalità scendeva intorno al 22‰ (22,7‰ nel 2005), mentre la mortalità si manteneva su valori di poco inferiori a quelli del decennio precedente (4,2‰). Il valore medio di densità (54 ab./km²), pur modesto in assoluto, risulta di gran lunga il più elevato fra gli Stati continentali dell'America Meridionale, tendendo a configurare, in assenza di decisivi miglioramenti nell'utilizzazione delle risorse, diffuse situazioni di sovrappopolamento, specie nella Sierra (98 ab./km²). Da quest'ultima regione – particolarmente penalizzata dall'arcaismo delle strutture agrarie – un'emigrazione man mano più consistente si è diretta successivamente verso la Costa (100 ab./km²), dove la maggiore pressione antropica è sostenuta dall'agricoltura di piantagione e dall'industria, e, sia pure in misura molto inferiore, verso l'Oriente (meno di 6 ab./km²), le cui notevoli capacità di popolamento restano tuttora allo stadio potenziale. Ai fenomeni migratori interni sono succedute dalla fine del XX secolo ondate migratorie verso altri Paesi, dirette verso Stati Uniti, Australia, Canada e alcuni Stati dell'Europa occidentale (Spagna, Italia, Regno Unito, Germania, Svezia). Si calcola che circa un milione di cittadini abbia lasciato l'Ecuador, in seguito alla crisi economica della metà degli anni Novanta. Molti di questi emigrati hanno lasciato nel Paese i figli, presso nonni o altri parenti, un dato che desta preoccupazione presso le organizzazioni internazionali che si occupano dell'infanzia (UNICEF in particolare). Il saldo migratorio risulta così pesantemente negativo (-7, 98‰ secondo le stime del 2008) nonostante l'ingresso nel Paese di alcune centina di migliaia di immigrati colombiani. Il processo di urbanizzazione si è sviluppato con notevole intensità portando la percentuale di popolazione urbana a superare quella rurale (62,8% nel 2005). In realtà, la trama urbana si presenta fortemente squilibrata per l'eccessiva concentrazione nelle sole due polarità fondamentali di Quito e Guayaquil: l'una, vivace centro commerciale ma soprattutto politico e culturale, ricco di antichi monumenti in splendida posizione ai piedi del vulcano Pichincha, che detiene il primato di capitale più alta del mondo (2817 m); l'altra, metropoli portuale, con la città satellite di Puerto Nuevo, e industriale del Paese, benché situata in una delle aree più malsane dell'Ecuador, ma allo sbocco di un fertile retroterra in continua espansione economica. Seguono, con funzioni eminentemente regionali, Santa Ana de Cuenca (o semplicemente Cuenca), Ambato e Riobamba, piccole “capitali” delle rispettive hoyas; si tratta di mercati agricoli e zootecnici, sedi altresì di tradizionali attività manifatturiere, spesso a livello artigianale (tessitorie, lavorazioni di cappelli, complessi alimentari). Sulla Costa infine sono la località di Portoviejo e le cittadine portuali di Machala, di Manta e di Esmeraldas: quest'ultima, già prevalentemente adibita all'esportazione di banane, è divenuta un porto soprattutto petrolifero, essendo stata collegata, mediante un grandioso oleodotto transandino, al giacimento di Lago Agrio (Oriente).
Territorio: ambiente
Le caratteristiche climatiche determinano rilevanti varietà di paesaggi vegetali. La lussureggiante foresta pluviale, ricchissima di essenze da ebanisteria, di piante medicinali, di alberi della gomma, ecc., ricopre tutto l'Oriente; fitti manti forestali sono inoltre presenti nelle più umide regioni settentrionali della Costa e sui versanti andini sino ai 2000 m, al di sopra dei quali compaiono specie xerofile, tra cui i cactus, seguite verso i 3000 m dalle distese steppiche erbacee e arbustive dei páramos. La savana infine prevale nell'arida fascia costiera meridionale, mentre il litorale è largamente frangiato da mangrovie. Il 39,2% del territorio è ancora ricoperto da foreste ma le pratiche di sfruttamento del legname e dei terreni minacciano questo patrimonio, in particolare nella Sierra e nella Costa, mentre pressoché intatta è la copertura dell'Oriente. La legislazione ecuadoriana in materia ambientale è precisa e diversificata: esistono norme nazionali relative alla gestione dell'ambiente e della salvaguardia del patrimonio naturale, leggi forestale e sulla conservazione delle aree naturali (un legge speciale esiste per la provincia delle Galápagos,1998) e norme sulla prevenzione e controllo dell'inquinamento. La legge forestale stabilisce che il Ministero dell'ambiente sia responsabile del Sistema nazionale delle aree protette, che interessa il 15,1% del territorio nazionale, e che comprende 11 parchi nazionali (il più antico dei quali, quello delle Galápagos, risale agli anni Cinquanta del Novecento), numerose riserve e oltre un centinaio di foreste protette. La salvaguardia degli ecosistemi del Paese appare una questione di notevole importanza se si considera che in un territorio così limitato sono presenti una quantità di specie animali e vegetali davvero eccezionale. Due dei parchi nazionali ecuadoriani sono stati dichiarati dall'UNESCO patrimonio naturale mondiale dell'umanità: il Parco Nazionale Sangay (1983) e il Parco Nazionale delle isole Galápagos (1978, 2001). Il primo, situato tra la Cordillera Oriental e il bacino amazzonico si caratterizza per l'estrema diversità degli ecosistemi che vanno dalla foresta pluviale alle alte cime andine punteggiate di ghiacciai. Il secondo, che include l'arcipelago di Colón, è considerato un museo vivente, la casa di specie endemiche (il 40% delle specie presenti sulle isole lo è), in particolar modo rettili (tartaruga e iguana) e uccelli; è questo il luogo che consentì a Charles Darwin di progredire nella formulazione della teoria dell'evoluzione. Nel gennaio 2001 l'incidente occorso alla petroliera “Jessica” a poca distanza dall'isola San Cristobal ha causato la fuoruscita di petrolio greggio; il disastro ambientale è stato solo in parte contenuto grazie alle correnti favorevoli e al soccorso tempestivo di mezzi della guardia costiera statunitense. Il sito è stato iscritto nel 2007 nella lista di siti UNESCO in pericolo.
Economia: generalità
L'Ecuador, pur rimanendo agli ultimi posti nelle classifiche di ricchezza tra i Paesi dell'America Latina, non è del tutto sprovvisto di potenzialità. Basato su un'economia tradizionale, ripartita secondo la struttura orografica e morfologica del Paese (pianure pluviali, rilievi irrigui destinati a un'agricoltura di autoconsumo, fasce costiere occupate da imprese agricole orientate alla produzione intensiva) il Paese ha subito, a partire dalla metà degli anni Sessanta del Novecento, una profonda riorganizzazione, in gran parte conseguente alla scoperta dei giacimenti petroliferi situati nella sezione orientale del Paese. L'impulso ricevuto dal settore secondario, la costruzione di oleodotti, le ricadute positive sull'industria manifatturiera hanno, da un lato, prodotto conseguenze positive (come la crescita costante del PIL per l'intero decennio degli anni Settanta a cifre pari al 10% annuo) ma, parallelamente, hanno mostrato la fragilità dell'economia ecuadoriana: fortemente dipendente dalle fluttuazioni internazionali, soggetta a uno sbilanciamento delle importazioni che hanno, di fatto, squilibrato la bilancia commerciale, esposta a crescite inflazionistiche con drammatiche conseguenze per la tenuta del tessuto sociale, l'Ecuador ha visto crescere il debito estero e ha vissuto una fase di serio contenimento delle spese voluto da un governo costretto a politiche di forte austerità. Le iniziative intraprese nel corso degli anni Sessanta e Settanta sono state tutte volte alla diversificazione industriale e alla crescita di settori come il comparto edile e le manifatture e la ripartizione della popolazione attiva per settori di attività economica ha subito profonde trasformazioni, segnando il passaggio da un'economia prevalentemente agricola a un'economia maggiormente articolata, che nei primi anni del nuovo millennio ha visto prevalere piuttosto nettamente il settore terziario. Una maggiore stabilizzazione economica ha contraddistinto i primi anni Novanta del Novecento, caratterizzati da piani di contenimento dell'inflazione, promozione del settore privato, innalzamento dei prezzi del combustibile verso l'estero, riduzione della spesa pubblica, fino ad arrivare a una forte svalutazione della moneta, al fine di incentivare il peso dei prodotti nazionali sui mercati internazionali. Nonostante queste misure, l'inflazione ha continuato a toccare valori molto elevati, sullo sfondo di una situazione internazionale che vedeva aggravarsi in modo repentino le crisi dei Paesi sudamericani e dell'Europa orientale. Le conseguenze delle inondazioni provocate da El Niño nel 1998 hanno condotto il Paese sull'orlo di una gravissima recessione economica, che ha determinato momenti di forte tensione sociale. Inoltre, una crisi senza precedenti del sistema bancario ha costretto lo Stato a destinare quasi un miliardo di dollari al salvataggio di decine di istituti finanziari e a bloccare per mesi un quarto del totale dei depositii bancari. Nel 1999 l'Ecuador ha annunciato di non poter più onorare il proprio debito estero e, l'anno successivo, con l'appoggio del FMI, il governo ha deciso di adottare il dollaro americano come moneta nazionale, convertendo quindi in dollari gli stipendi e gli scambi commerciali e finanziari, con l'effetto di diminuire ulteriormente il potere d'acquisto delle classi più disagiate (in particolare i contadini indios). Per quanto riguarda la ricchezza nazionale, il PIL è tornato a crescere all'inizio del millennio, per attestarsi, nel 2008, alla cifra di 52.572 ml $ USA, con un PIL pro capite pari a 3.776 $ USA. Restano elevati tuttavia il debito verso l'estero (pari a oltre un terzo del PIL), il debito pubblico (circa un terzo della ricchezza nazionale) e la disoccupazione, che interessa circa il 10% della popolazione attiva.
Economia: agricoltura, foreste, allevamento e pesca
È nel settore agricolo che si avverte particolarmente l'insufficienza di incisive riforme statali, benché dal 1976 si sia proceduto alla graduale confisca di tutti i latifondi che risultavano non coltivati per oltre l'80% della loro superficie e il piano quinquennale di sviluppo 1980-84 abbia destinato proprio all'ammodernamento dell'agricoltura e alla realizzazione di adeguate opere irrigue la maggior parte degli investimenti: del 59,8% ca. di territorio classificato come incolto o improduttivo molto potrebbe essere adibito alle colture, che ricoprono ca. solo il 9% della superficie ecuadoriana. L'agricoltura in verità presenta due volti: nella Costa si hanno aziende molto produttive per lo più di medie dimensioni (ma in gran parte in mano a statunitensi), condotte con larghezza di capitali e con tecniche assai moderne, dove si coltivano i prodotti destinati all'esportazione; nella Sierra a poche immense proprietà terriere si contrappongono centinaia di migliaia di microfondi inferiori ai 5 ha, dove i contadini, spesso ridotti a un livello di vita di pura sussistenza, si dedicano a colture di immediato consumo, su suoli ormai troppo sfruttati e con sistemi antiquati e ben poco produttivi. La Costa, oltre a fornire i prodotti-chiave per l'economia del Paese, cioè banane (di cui l'Ecuador era nel 2007 il quarto produttore del mondo), cacao di qualità pregiata, caffè, dà canna da zucchero, numerose varietà di frutta (come manghi, papaie, ananas, agrumi), cotone, tabacco ecc., oltre ad alcune particolari palme, quali la Phytelephas macrocarpa, dal cui frutto si estrae il cosiddetto avorio vegetale (corozo), utilizzato nell'industria dei bottoni, e la Carludovica palmata, che fornisce la fibra impiegata per fabbricare i cappelli detti “panama”. Nei bacini intermontani della Sierra si coltivano invece cereali (mais e riso soprattutto), manioca, patate, leguminose e, in talune aree più protette e ben irrigate, colture frutticole. § Poco meno del 40% della superficie territoriale è occupato da foreste non ancora adeguatamente sfruttate a causa soprattutto della difficoltà di trasporto; fra i numerosi prodotti forestali si annoverano la balsa, di cui l'Ecuador è il massimo produttore mondiale, e varie sostanze concianti. Nei primi anni del sec. XXI, comunque, il patrimonio forestale ha visto un intensificarsi dello sfruttamento, che ha fatto crescere il tasso di deforestazione. Secondo l'UNEP (United Nations Environment Programme), le foreste pluviali dell'Ecuador sono diminuite in vent'anni dal 59% al 40% della superficie territoriale. Il disboscamento dei versanti montani provoca spesso problemi ambientali e un aumento del rischio di erosione. § Appare suscettibile di sviluppo anche il settore zootecnico, che oggi svolge una funzione ancora modesta nell'economia nazionale, coprendo a mala pena le richieste del mercato interno. Prevalgono i bovini, gli ovini e i suini, cui si aggiunge un elevato numero di volatili da cortile; nelle zone di montagna sono largamente impiegati come mezzi di trasporto asini e muli, oltre ai tradizionali lama. § All'esportazione sono invece in prevalenza destinati i prodotti della pesca (gamberi, aragoste, tonni, ecc.): è questo un settore in sviluppo cui il governo ha dedicato ampi investimenti; l'attuale quantitativo di pescato, infatti, è notevolemente cresciuto.
Economia: industria e risorse minerarie
Nonostante l'insufficiente produzione di energia, l'industria ha compiuto progressi notevolissimi e opera anche per l'esportazione; accanto ai predominanti settori tradizionali, vale a dire al tessile, rappresentato soprattutto da cotonifici, l'alimentare (pastifici, oleifici, zuccherifici, birrifici, conservifici di carne e pesce, ecc.) e le manifatture dei tabacchi, si hanno fabbriche di carta e di pasta di legno, stabilimenti chimici (fertilizzanti), petrolchimici e farmaceutici, raffinerie di petrolio, industrie della gomma e, di più recente installazione, complessi meccanici (montaggio di autoveicoli) e siderurgici. § Il Paese può contare su varie, e in taluni casi cospicue, risorse minerarie. Oltre all'oro – la cui estrazione, fiorente con gli Spagnoli, è oggi in declino – e all'argento, l'Ecuador ha giacimenti di rame, piombo, manganese, ferro, zolfo, depositi salini, gas naturale; ma il più importante prodotto del sottosuolo è il petrolio, estratto sia ad Ancón, nella penisola di Santa Elena, dove è convogliato con oleodotto alla raffineria di La Libertad (altre raffinerie operano a Cautivo e a Quito), sia dai ricchi giacimenti dell'Oriente, situati al confine con la Colombia lungo il fiume Putumayo: esso ha costituito il principale stimolo all'economia ecuadoriana durante gli interi anni Settanta, rappresentando ancor oggi il primo bene d'esportazione. Il petrolio è stato ampiamente posto al servizio della produzione elettrica che non soddisfa però le esigenze del Paese; il problema dovrebbe tuttavia essere risolto con un maggior impiego del ricchissimo potenziale idroelettrico della regione andina, che di gran lunga rappresenta la principale risorsa energetica nazionale.
Economia: commercio, comunicazioni e turismo
Abbastanza vivace è il commercio estero, per lo più attivo (l'Ecuador esporta soprattutto petrolio, caffè, cacao e banane, mentre importa in prevalenza macchinari e mezzi di trasporto, prodotti meccanici e chimici); l'interscambio si svolge con gli Stati Uniti, seguiti da Colombia, Brasile, Cina e Cile per le importazioni; Stati Uniti, Perú, Colombia, Cile e, al quinto posto, Italia, per le esportazioni. § Costituisce un grave ostacolo allo sviluppo economico dell'Ecuador l'insufficienza delle vie di comunicazione, il cui potenziamento è peraltro reso assai difficile dalla presenza di impervie montagne e di pressoché impenetrabili selve. La Sierra è percorsa da N a S dalla linea ferroviaria (in totale estesa per circa 965 km nel 2005) che collega i centri andini; da Quito si dirama il tronco più importante, che mette in comunicazione la capitale con Guayaquil, principale porto del Paese. Altri centri portuali sono Manta, Balao, Puerto Bolívar. Assorbe però la maggior parte del traffico la rete stradale, che copriva nel 2004 una rete di 43.197 km di cui 6467 asfaltati; di particolare rilievo è l'autostrada (carretera) panamericana, che in Ecuador si sviluppa per quasi 1400 km, snodandosi anch'essa sulla Sierra. Infine le comunicazioni interne e con l'estero si avvalgono di una buona rete aerea (i principali aeroporti, entrambi internazionali, sono il Mariscal Sucre presso Quito e il Simón Bolívar presso Guayaquil); la maggiore compagnia aerea è la Empresa Ecuatoriana de Aviación (EEA). § Altre fonti di reddito sono costituite dagli introiti derivanti dal turismo: l'arcipelago delle Galápagos, habitat naturale di specie vegetali e animali uniche al mondo è la meta principale dei visitatori stranieri nel Paese.
Preistoria
Collocato al centro della regione in cui nacquero e si svilupparono le civiltà superiori megalitiche, l'Ecuador presenta fra i più remoti reperti delle sue aree archeologiche il cranio dolicocefalo di Punin, molto affine alla razza brasiliana di Lagoa Santa: se ne deduce che il primo popolamento della regione sia dovuto a tribù provenienti dal bacino del Rio delle Amazzoni; il secondo era costituito da individui brachicefali del nucleo caribe-araucano, che assorbirono i gruppi dolicocefali e introdussero il loro dialetto, la lavorazione dei metalli e la riduzione dei crani; un terzo strato di popolazione venne formato dalla fusione dei gruppi precedenti con altri sopraggiunti dalle zone centrali e andine (chibcha e maya-quiché). In epoca preincaica queste popolazioni vivevano in clan (ayllu), ciascuno con una propria divinità totemica e un dialetto proprio. Alcuni di questi clan si estesero fino a diventare nazione. Si formarono anche potenti confederazioni, ma nel sec. XII esse dovettero cedere davanti all'espansionismo degli Incas. All'inizio del sec. XVI l'inca Huayna Cápac trasportò la capitale a Quito, che divenne il centro di un vasto impero esteso per un milione di km². Alla sua morte (1525) l'impero fu diviso fra i suoi due figli e Quito rimase capitale della parte assegnata ad Atahualpa (1525-33).
Storia: dalla conquista spagnola alla prima Costituzione
Le coste ecuadoriane furono toccate dagli Europei prima ancora di quelle peruviane. Infatti, nel 1528, Francisco Pizarro e Diego de Almagro, per prepararsi alla conquista del Perú, esplorarono le zone di Túmbes e Atacames. Spettò però a Sebastiàn de Belalcázar il compito di occupare l'Ecuador, dopo l'assassinio dell'inca Atahualpa. Accanto alla vecchia San Francisco de Quito in rovina sorse la nuova Quito (l'odierna capitale). Primo governatore della colonia fu dal 1540 Gonzalo Pizarro, fratellastro di Francisco, che si spinse anche entro le foreste amazzoniche. Sede di Real Audiencia dal 1563, l'Ecuador fece parte del Vicereame del Perú fino al 1717, anno in cui fu incorporato nel neocostituito Vicereame della Nuova Granada. La sua organizzazione politico-amministrativa ricalcò quella delle altre colonie spagnole nell'America Meridionale. Ne ripeteva i modelli anche la struttura economico-sociale; pertanto, gradualmente, si assestò un'oligarchia latifondista di origine spagnola, al di sopra della grande massa indigena, costretta al lavoro agricolo e ai più umili servizi domestici o artigianali; al centro, fra queste due categorie, il ceto mercantile e burocratico, di estrazione europea ma nativo del posto (criollo). Appunto fra i criollos sul finire del sec. XVIII cominciarono a serpeggiare tendenze autonomistiche, che presto si tradussero in aspirazioni all'indipendenza. Il più autorevole propugnatore di tali idee fu Francisco Eugenio Espejo de Santa Cruz, segretario della Società patriottica degli amici del Paese, che morì in carcere nel 1796. Il 10 agosto 1809 insorti criollos destituirono le autorità iberiche e insediarono una giunta rivoluzionaria. La liberazione, tuttavia, giunse soltanto nel 1822, dopo le vittorie militari conseguite a Yaguachi e Pichincha dal generale Antonio José de Sucre (1821 e 1822). L'Ecuador poté così aderire – come terzo membro insieme con Colombia e Venezuela – alla Repubblica della Gran Colombia, istituita da Simón Bolívar nel dicembre 1819. Ma nel 1830 l'unione si sgretolò e ognuno dei suoi componenti diventò Stato sovrano. L'Ecuador si diede la prima Costituzione nazionale il 23 settembre 1830 ed elesse presidente della Repubblica il generale Juan José Flores, esponente dell'aristocrazia creola e rappresentante degli interessi degli oligarchi dell'entroterra: perciò fu osteggiato dai liberali, forti soprattutto nella zona costiera e mercantile di Guayaquil. Un compromesso fra i due schieramenti portò nel 1835 alla guida dello Stato il liberale Vicente Rocafuerte, che riformò la carta costituzionale; Flores riassunse la carica quattro anni dopo (anch'egli ritoccò la Costituzione, accentuandone gli aspetti autoritari). La lotta tra liberali e conservatori si riaccese, conducendo ora gli uni ora gli altri al potere.
Storia: la presidenza di Velasco Ibarra
Nel 1859 emerse la figura di Gabriel García Moreno. Cattolico praticante fino al fanatismo, costui ascese alla presidenza della Repubblica con il programma preciso di difendere la Chiesa, alla quale legò strettamente lo Stato. Nel 1861 stipulò con la Santa Sede un concordato che sottomise la vita pubblica ecuadoriana al volere dell'autorità ecclesiastica. Sostituito nel 1865 da Jerónimo Carrión, che si affiancò al Cile e al Perú per stroncare il tentativo della Spagna di recuperare le antiche colonie sudamericane, riassunse il potere nel 1869 e accentuò il rigore del suo integralismo confessionale, suscitando tale malcontento che venne assassinato (1875). Seguirono anni di amministrazione caotica e soltanto l'avvento alla presidenza del liberale Eloy Alfaro, nel 1895, rese possibile il ritorno della pace. Egli modificò la Costituzione, rendendola “illuminata” e tollerante. Inoltre cercò di ammodernare il Paese, incoraggiando l'apertura di nuove strade, la costruzione di ferrovie (per esempio, la Guayaquil-Quito) e l'inaugurazione di scuole. Esercitò due mandati: dal 1895 al 1902 e dal 1906 al 1911. Proprio alla scadenza del suo secondo periodo di governo, scoppiò un'ennesima rivolta e Alfaro morì assassinato. Seguirono alla presidenza personaggi incolori. Nel frattempo la situazione era mutata: forze nuove avevano fatto la loro comparsa e premevano sul governo per ottenere maggiori aperture sociali, adeguate ai bisogni di un Paese in risveglio. Movimenti socialisti e sindacati contestavano frontalmente il predominio liberal-conservatore. Il decennio successivo alla crisi mondiale del 1929 fu per l'Ecuador molto convulso: rivolte, scioperi e pronunciamientos militari si susseguirono senza sosta. Nel 1940 ottenne la presidenza il liberal-radicale Carlos Arroyo del Rio: sembrò ripristinata la calma, ma lo scoppio di una guerra con il Perú, per il possesso di vaste zone amazzoniche, rinviò ancora una volta la soluzione dei problemi interni. Le operazioni militari cessarono nel gennaio 1942, allorché fu firmato a Rio de Janeiro un protocollo di pace, garantito da Argentina, Brasile, Cile e Stati Uniti. La maggior parte dei territori disputati venne assegnata al Perú: Quito, al momento, dovette piegarsi, ma non cessò mai di rivendicare la revisione del trattato. L'Ecuador, comunque, si schierò al fianco degli Stati Uniti e delle altre repubbliche americane contro il nazifascismo europeo e il Giappone. Nel 1944 l'esercito impose la presidenza di Velasco Ibarra, ma lo depose tre anni dopo per i suoi sistemi dittatoriali. Nel 1948 risultò presidente Galo Plaza Lasso, candidato del Movimento democratico civico-nazionale. Ne scaturì un governo che riuscì a condurre in porto il proprio mandato. Nel 1952 ritornò alla presidenza Velasco Ibarra, che si ritirò quattro anni dopo, per lasciare il posto al cattolico conservatore Camillo Ponce Enríquez; le votazioni del giugno 1960 lo riportarono, sessantasettenne, alla guida del Paese. Ammaestrato dall'esperienza, l'anziano caudillo giocò la carta del nazionalismo per conservare il potere; così, a Riobamba, il 17 agosto di quell'anno proclamò unilateralmente la nullità del Protocollo di Rio, riaprendo la questione dei confini con il Perú. Lima e le quattro potenze garanti replicarono confermando la validità del documento. L'8 novembre 1961 Velasco Ibarra fu nuovamente esautorato e rimpiazzato dal vicepresidente in carica, Carlos Julio Arosemena. Neppure questo sviluppo si rivelò duraturo: l'11 luglio 1963 i militari defenestrarono anche Arosemena e assunsero il controllo della Repubblica attraverso una giunta a quattro presieduta dal contrammiraglio Ramón Castro Jijón. Contrasti fra le forze armate sfociarono nel rovesciamento della giunta (29 marzo 1966). Dopo altre esperienze di transizione, il 2 giugno 1968 si tennero libere elezioni: la scelta cadde ancora su Velasco Ibarra. La sua abile demagogia non gli servì e, non avendo dato risposte concrete alle richieste progressiste dei ceti popolari, che pure avevano votato per lui, nel 1972 egli dovette rassegnarsi ancora una volta a cedere il potere all'esercito. Il 15 febbraio dello stesso anno il generale Guillermo Rodríguez Lara si pose alla testa della nazione e costituì un governo prevalentemente di tecnici. La presidenza di Rodríguez Lara ebbe peraltro vita assai travagliata da contestazioni e complotti soprattutto da parte degli elementi della destra più estremista e dei militari, finché un nuovo colpo di stato (gennaio 1976) portò al governo una giunta militare con a capo l'ammiraglio Alfredo Poveda Burbano, che si prefisse il programma di restaurare nel Paese un regime democratico.
Storia: le riforme costituzionali e la grave crisi economica
In effetti, nel gennaio 1978 la popolazione venne chiamata a esprimersi mediante referendum su una nuova Costituzione (approvata, e poi promulgata nell'agosto 1979) e nel luglio successivo si tennero libere elezioni presidenziali, replicate nell'aprile 1979 per la nullità del loro primo esito. Il presidente eletto, Jaime Roldós Aguilera, avviò quindi un'energica politica di riforme, ma nuove incognite si aprirono sulla situazione ecuadoriana con la sua morte improvvisa in un incidente aereo (maggio 1981). L'instabilità che aveva caratterizzato il Paese fino all'elezione di Aguilera, la rinascita del nazionalismo, la liberalizzazione economica e la politica di austerità accentuarono la debolezza dell'esecutivo. In questo quadro, nelle elezioni presidenziali del 1996 veniva eletto a sorpresa il candidato del Partito Roldosista (PRE) Abdalá Bucaram, che al primo turno aveva raggranellato solo il 22% dei suffragi. Bucaram era riuscito a catalizzare l'attenzione di una popolazione ridotta alla miseria nonostante la ricchezza delle risorse del Paese. Non appena insediato, però, il nuovo presidente diede evidenti segni di incongruenza per la decisione di smantellare tutti gli ammortizzatori sociali e tra i suoi primi provvedimenti si segnalò l'aumento abnorme (tra il 150 e il 600%) delle tariffe elettriche (gennaio 1997). L'esplosione della protesta popolare fu immediata con la proclamazione di uno sciopero che paralizzò l'Ecuador, mentre Bucaram non trovò di meglio che scendere anche lui in piazza a sostegno degli scioperanti. Ribattezzato el loco (il pazzo), il presidente non riuscì comunque a capovolgere la situazione e il Congresso lo destituì “per incapacità fisica e mentale”, nominando al suo posto il presidente dell'Assemblea parlamentare Fabián Alarcon Rivera. Si determinò, allora, una delicatissima fase poiché anche la vicepresidente, signora Rosalía Arteaga, rivendicava a sé la carica presidenziale forte del dettato costituzionale e convinta anche di un appoggio dell'esercito. La fuga di Bucaram (febbraio 1997) ridusse la contesa a due soli protagonisti, ma il Congresso confermò l'incarico interinale ad Alarcon in un Paese sull'orlo della guerra civile e di un possibile nuovo pronunciamento militare. Nel novembre 1997 vennero indette le elezioni per l'Assemblea Costituente, che decretavano la maggioranza dei seggi al Partito socialcristiano (PSC), fautore di un piano di opposizione alla corruzione dilagante, e solo nel luglio dell'anno successivo fu eletto il nuovo presidente della Repubblica e capo del Governo, il democratico Jamil Mahuad Witt, che come primo atto del suo governo raggiungeva un accordo di pace con il Perú (26 ottobre 1998), per la definizione di 80 km di frontiera. Il governo di Mahuad, comunque, si trovava ad affrontare uno dei periodi più difficili per l'Ecuador, sprofondato ormai in una crisi economica senza precedenti, aggravata anche dalle forti perdite seguite alle continue e disastrose alluvioni. A calmare l'opinione pubblica a nulla valsero le misure d'emergenza promosse dal presidente Mahuad, che aveva disposto un piano di risanamento economico, teso a riattivare e ristabilire le infrastrutture territoriali e a bloccare la disoccupazione, attraverso l'incremento dei lavori pubblici. Agli inizi del 2000, la sostituzione da parte di Mahuad del sucre, la moneta locale, con il dollaro, fece esplodere l'indignazione generale degli indios che, appoggiati dai militari, invadevano la capitale chiedendo la destituzione del presidente. Le forze armate, quindi, approfittando del clima venutosi a creare, costrinsero il presidente Mahuad alla fuga, sostituendolo con il vicepresidente Gustavo Noboa, che si impegnava nel risanamento del Paese e nella lotta alla corruzione, proponendo come primo passo, sulla strada delle riforme, il decentramento delle sedi governative. Tuttavia le misure varate da Noboa per fronteggiare la grave crisi economica ecuadoriana scatenata alla dollarizzazione dell'economia nazionale provocarono intense proteste in tutto il Paese. Dopo alcune mobilitazioni di piazza, il 3 febbraio 2001 Noboa dichiarava lo stato di emergenza, revocato di lì a poco in seguito ad accordi politici intercorsi con i rappresentanti dei manifestanti. Fra l'ottobre e il novembre 2002 si svolgevano le elezioni presidenziali, in cui si affermava l'ex colonnello Lucio Gutiérrez, che aveva la meglio, al ballottaggio, sul populista Álvaro Noboa. Due anni prima il neopresidente aveva guidato la rivolta degli indios contro Mahaud. Nell'autunno 2003 e nella primavera 2004 il Paese è stato più volte bloccato da scioperi e manifestazioni di piazza che hanno aggravato l'instabilità politica e sociale. Le proteste riprendevano nell'aprile 2005, contro il progetto di riforma della Corte Costituzionale presentato da Gutiérrez, e portavano a scontri in piazza e alla destituzione del presidente, sostituito dal suo vice Alfredo Palacio. Nel novembre 2006 si svolgevano le elezioni presidenziali, che venivano vinte dal candidato della sinistra ed ex ministro dell'economia, Rafael Correa Delgado che sconfiggeva lo sfidante, l'imprenditore Alvaro Noboa. Nel 2007 si riuniva per la prima volta l'Assemblea costituente, voluta dal presidente Correa e approvata da un referendum popolare, per cambiare la Costituzione, alla base dell'instabilità politica del Paese. Nel marzo 2008 l'aviazione della Colombia sconfinava in territorio ecuadoriano per un'operazione contro le FARC; il presidente Correa ritirava l'ambasciatore e schierava le truppe lungo il confine. Nell'aprile 2009 il presidente vinceva le elezioni presidenziali al primo turno, conquistando il diritto al secondo mandato.
Cultura: generalità
Il mosaico etnico ecuadoriano, alla base delle tradizioni e delle culture presenti nel Paese, ha trovato una sintesi, spesso colorita, nei centri urbani, ma le zone interne sono rimaste predominio degli indios, a loro volta distinti in tribù e lignaggi di origini diverse e, ciononostante, accomunati da uno stile di vita praticamente intatto da secoli. A queste presenze autoctone di antica data va fatto risalire il ricco patrimonio artistico e archeologico (dal 3200 a. C.), cui si sono aggiunti nel tempo gli apporti dell'impero incaico e le architetture coloniali, per arrivare alle produzioni moderne e contemporanee, anch'esse, tuttavia, mai totalmente slegate dalle proprie radici native, come nella pittura primitivista o nella letteratura indigenista. In realtà, il percorso letterario dell'Ecuador ha seguito una linea comune a diversi Paesi latino-americani, a partire dalla citata “base” indigenista, per evolvere in un primo fiorente sviluppo dovuto all'opera dei gesuiti, cui sono seguiti un periodo di relativo anonimato tra Sette e Ottocento, un risveglio legato alle istanze indipendentiste e uno sviluppo novecentesco, sbocciato a partire dal modernismo. All'opera dei missionari va ascritta anche la nascita in Ecuador di un movimento teatrale, orfano però di qualsiasi eredità precolombiana, andata persa. La ricchezza del patrimonio artistico-culturale nazionale trova splendida sintesi in Quito, la capitale, la cui città vecchia fa parte, dal 1978, dei siti protetti dall'UNESCO, insieme al Centro storico di Santa Ana de los Ríos de Cuenca (1999).
Cultura: tradizioni
Le tradizioni diffuse nel Paese conservano una spiccata impronta etnica, variamente combinata, cui si aggiunge la presenza, in alcune sezioni del territorio, di numerose tribù che conservano uno stile di vita che si può a tutti gli effetti definire primitivo. Tratti peculiari della cultura degli indios sono, per esempio, le pratiche religiose, risultanti dall'incontro fra antiche credenze e culto cattolico: essi venerano Cristo e contemporaneamente la montagna sacra Imbabura. Grande importanza è conferita anche alla fiesta, fatta coincidere in genere con una ricorrenza del calendario cattolico e animata da canti, danze e sfoggio dei costumi tradizionali (vesti colorate, gonna aperta su un fianco e scialle per le donne; poncho per gli uomini). Il cappello di panama, indispensabile complemento, costituisce il copricapo nazionale. Sono queste le occasioni in cui vengono suonate, con tipici strumenti a corde o flauti di bambù, anche le musiche più caratteristiche delle Ande, fra le quali il sanjuanito o il pasillos, testimonianze vive del mondo precolombiano precocemente cancellato. Persistono le cerimonie connesse alla nascita, al matrimonio (molto complesse) e alla morte (per i morti bambini non si usa piangere; accanto alla tomba dell'adulto si pongono ago e filo perché l'abito del defunto può strapparsi nel lungo cammino oltre la vita). Completamente diverso è il mondo dell'Amazzonia, dove vivono ancora, spesso rifiutando il contatto con i bianchi, tribù primitive (come i jívaros), così come vita primitiva conducono anche, nella Sierra, i colorados, residuo di una tribù che un tempo occupava tutto il territorio dell'Ecuador. La cucina ecuadoriana, a base di mais e di riso, è sostanzialmente povera e poco varia: scarso è l'uso della carne; i piatti più tipici sono la colada, diffusa nelle Ande e fatta di carne con farina di mais, e la seviche, diffusa in tutto il Paese e fatta con pezzi di pesce macerati in succo di limone. Tra le bevande è caratteristica quella ricavata dalla naranjilla (il cui gusto unisce gli aromi dell'ananas e dell'arancia). Le tribù amazzoniche consumano sostanzialmente manioca, che fornisce insieme il pane e la bevanda detta chicha. L'artigianato è particolarmente sviluppato nei settori tessile, della produzione di cappelli di panama, della lavorazione di oggetti in legno, in pelle e in oro e argento. In ambito sportivo, molto popolare è il gioco del calcio, ma molto praticata è anche una sorta di pallapugno (pelota de mano). Altre discipline diffuse sono il basket e la pallavolo; nelle zone rurali persistono inoltre passatempi quali lotte fra galli e fra tori.
Cultura: letteratura
Della poesia popolare indigena, in lingua quechua, sorta in quella parte dell'impero incaico che forma oggi l'Ecuador, si conservano pochi frammenti, tra cui il canto Prigione o morte di Atahualpa. Durante il dominio spagnolo l'attività culturale era monopolizzata dal clero. Furono i gesuiti tra l'altro a introdurre l'insegnamento della letteratura e gli studi umanistici (1585). Esempio significativo della poesia aulica e manierista del periodo coloniale è l'antologia Ramillete de varias flores poéticas (pubblicata a Madrid nel 1675). Si segnala nella prosa solo il vescovo Gaspar de Villarroel (1587-1665), tra i primi cronisti dell'America spagnola a dar rilievo all'elemento narrativo. Piuttosto povero di sinceri valori letterari è anche il Settecento, almeno sino agli ultimi decenni del secolo, quando comincia ad accogliere le influenze francesi. Nel nuovo clima culturale stimolato dall'illuminismo s'inserisce la volontà di emancipazione dal potere coloniale, di cui fu uno dei primi portavoce Francisco Eugenio Espejo de Santa Cruz (1740-1796) con i dialoghi satirici del Nuevo Luciano (1779) e con il primo periodico ecuadoriano, da lui fondato. Il momento eroico della guerra d'indipendenza è presente in tutte le manifestazioni letterarie degli inizi del sec. XIX, come nel resto dell'America Latina, e trova la sua espressione più notevole nella poesia di gusto neoclassico di José Joaquín de Olmedo, combattente con Bolívar e suo cantore. Il romanticismo si manifesta in Ecuador dopo il 1850 con alcune personalità di rilievo, anche se ancora legate ai modelli europei, come Julio Zaldumbide (1833-1887), imitatore di Byron e Lamartine, Juan León Mera (1832-1894), noto soprattutto per il romanzo Cumandá ovvero un dramma tra selvaggi, esempio di narrativa indianista; e soprattutto con Juan Montalvo (1833-1889), che, fautore di una partecipazione attiva alla problematica politica e sociale, inaugurò una letteratura di tipo critico e polemico. Anche per merito di questa voce singolare l'Ecuador comincia a prender coscienza di se stesso e ciò sarà alla base della letteratura del Novecento, con cui il Paese raggiunge il livello internazionale. Infatti, dopo l'esperienza modernista degli inizi del sec. XX nella lirica (A. Borja, E. Noboa Caamaño, M. A. Silva, M. Fierro) e nella prosa (G. Zaldumbide), la letteratura ecuadoriana degli anni Trenta è caratterizzata dall'impegno politico-morale, che si esprime in una narrativa indianista di protesta, di livello eccezionale per la drammaticità e il vigore di rappresentazione, anche se non sempre per i valori stilistici e formali. Questo indirizzo trova i suoi cultori nel “gruppo di Guayaquil”, di tendenze naturaliste (J. de la Cuadra, E. Gil Gilbert, A. F. Rojas, J. Gallegos Lara, J. Fernández), e nei maggiori narratori ecuadoriani del Novecento: Demetrio Aguilera Malta (1905-1981), che è anche uno dei pochissimi drammaturghi ecuadoriani, Alfredo Pareja Díez-Canseco (1908-1993), Alfonso Cuesta y Cuesta (1912-1991) e Jorge Icaza (1906-1978), il cui celebre romanzo Huasipungo (1934) resta l'opera più rappresentativa di questa eccezionale fioritura. Un po' in disparte si muovono Pablo Palacios (1906-1946), autore di racconti e romanzi di tono umoristico, e Adalberto Ortiz (1914-2003), che nel romanzo Juyungo si dimostra sensibile alla ricerca di nuove tecniche. Al contrario della narrativa, la poesia non ha dato grandi nomi, a eccezione di Jorge Carrera Andrade (1903-1978), uno dei lirici latino-americani più significativi del Novecento. All'inizio degli anni Quaranta un nuovo movimento intellettuale d'ispirazione progressista si diffonde, appoggiandosi alla Casa de la cultura ecuadoriana e alla rivista Letras del Ecuador, diretta da Benjamin Carrión, mentre negli anni Sessanta si costituisce e si impone all'attenzione il gruppo dei poeti “Tzántzicos”, che incarna una forte contestazione indigenista e nel quale si distingue in particolare l'opera di Ulises Estrella, ma che ottiene nel complesso risultati piuttosto modesti, sia nella poesia lirica, sia nel teatro. Il secondo Novecento si caratterizza per il proliferare di riviste e gruppi poetici attorno ai quali crescono le personalità più influenti della letteratura contemporanea ecuadoriana. Uno degli scrittori più originali è Jorge Enrique Adoum, poeta di discendenza nerudiana e saggista pugnace, accanto al quale vanno ricordati, fra altri, Pedro Jorge Vera (pubblicista, poeta, drammaturgo, narratore), il saggista Galo René Pérez, fondatore, tra l'altro, della rivista Madrugada, il poeta e narratore Alfonso Barrera Valverde, legato al gruppo “Umbrales”. Membro di “Presencia”, è invece Carlos de la Torre Reyes, giornalista, romanziere e storico (La revolución de Quito del 10 de agosto de 1809). Vicini a questo movimento sono anche Renán Flores Jaramillo e Filoteo Samaniego, poeta e critico d'arte. Resta da segnalare il gruppo “Caminos”, con autori come Atahualpa Martínez Rosero, poeta che recupera le influenze native, Marco Antonio Rodríguez, Guillermo Ríos Andrade, Félix Yépez Pazos (Mano a mano) e altri. Fra gli autori di teatro si citano Simón Corral, José Martínez Queirolo e Santiago Ribadeneira, e tra gli scrittori più giovani Vladimiro Rivas Iturralde (El legado del tigre, 1997; La caída y la noche, 2001), Jorge Velasco Mackenzie ed Eliécer Cárdenas (Polvo y ceniza, 1979; Háblanos Bolívar, 1983; Que te perdone el viento, 1993; El obscuro final del Porvenir, 2000.
Cultura: arte
I reperti più antichi risalgono al periodo Formativo (3200-500 a. C.), in cui la ceramica, incisa o dipinta, presenta in alcuni casi affinità con quella giapponese del periodo Jōmon. I vasi del tardo Formativo sono dipinti con bellissimi colori iridescenti, ottenuti con una tecnica particolare. Dopo il 500 a. C. si svilupparono numerose culture regionali, con le quali ebbe inizio una grande fioritura di stili artistici: la ceramica, che risente di influssi mesoamericani, raggiunse livelli altissimi. A partire dal 700 d. C. si formarono grandi centri urbani e, mentre la ceramica declinava a causa della vasta produzione di massa, fiorì la metallurgia, incrementata dalla richiesta da parte delle classi nobili di oggetti e ornamenti in metallo prezioso. Nella seconda metà del sec. XV, in seguito all'invasione incaica, gli stili locali lasciarono il posto a un tipo di arte prettamente andina. L'arrivo degli spagnoli portò in Ecuador il gusto per il barocco, ancora ricco di influenze tardorinascimentali. Sorsero chiese e conventi e per tutto il sec. XVI e il XVII agirono pleiadi di scultori e di decoratori formatisi nelle missioni o sull'esempio degli scultori Diego de Robles, padre Carlos, Bernardo de Lagarda, il Caspicara e il Pampite, dei pittori Pedro Bédon, Miguel de Santiago, Nicolas Javier de Goríbar. Dopo un lungo periodo di decadenza, l'interesse per la pittura rinacque verso la metà dell'Ottocento con il romantico Antonio Salas, e subito dopo con E. Kingman, G. Paredes e Bolívar Mena, mentre nel sec. XX vanno ricordati l'espressionista Oswaldo Guayasamín (1919-1999), ospitato nei maggiori musei del mondo, Enrique Guerrero e Jaime Villa, nell'ambito del realismo sociale; Nelson Roman (n. 1945), Washington Iza e Ramiro Jácome (1948-2001) fra gli esponenti del nuovo figurativismo; aderiscono invece a correnti astratte, pur mantenendo un rigore formale del segno pittorico, Mariela García (n. 1950), Rafael Valdez (n. 1949), Jorge Artieda (n. 1946). Da segnalare anche l'opera dell'astrattista Tabara. La scultura del Novecento non offre nomi e opere di grande rilievo, mentre in Ecuador una forma d'arte diffusa, nel vero senso del termine, è quella dei graffiti, che decorano, per esempio, parte della città di Quito.
Cultura: teatro e musica
È pressoché totalmente scomparsa ogni traccia delle manifestazioni drammatiche dell'epoca precolombiana. L'attività teatrale successiva, non rilevante ed essenzialmente tributaria della lezione europea, comprende spettacoli allestiti fin dal sec. XVII dai gesuiti spagnoli con intenti catechistici, tournées (dall'Ottocento) di compagnie spagnole, francesi e italiane, spettacoli più o meno sperimentali presentati nel sec. XX da gruppi di amatori organizzati dal 1944 sotto l'egida della Casa de la cultura ecuadoriana. Un valido contributo è stato portato, sempre nel Novecento, da scrittori del movimento letterario detto “del 1925” (D. Aguilera Malta, H. Salvador, J. Icaza) e da attori come Marina Moncayo, María Teresa Montoya, Ernesto Albán. Particolare interesse presenta il Teatro de ensayo, poi Teatro pupular ecuadoriano, che, fondato nel 1964 dall'italiano Fabio Pacchioni, presenta nei villaggi Indios spettacoli che si concludono con un dibattito sui problemi delle varie comunità. I maggiori centri teatrali sono le città di Quito e Guayaquil: la prima è sede dei teatri Sucre (che accoglie anche un'annuale stagione d'opera ed è tra i più importanti dell'America Meridionale) e Bolívar e dell'Orchestra sinfonica nazionale; la seconda è sede del Teatro Olmedo (fondato nel 1857) e dell'Orchestra sinfonica del Nucleo del Guayas. La nascita dei teatri e dell'Orchestra sinfonica ha dato il via anche a produzioni, concerti e stagioni regolari in ambito musicale. La musica colta, come molta letteratura, è giunta in Ecuador grazie agli europei, anche se solo verso la fine del XIX secolo, raggiungendo i propri vertici con le opere di compositori quali Pedro Pablo Traversari (1874-1956), figura fondamentale anche in qualità di musicologo e critico musicale, e Luis H. Salgado, autore di musica sinfonica e balletti oltre che di opere divenute celebri internazionalmente, come Cumandá (1954).
Cultura: cinema
I film dell'Ecuadornon figurano tra le cinematografie più rinomate e popolari, tuttavia alcuni registi hanno ottenuto riconoscimenti in festival internazionali. Tra le opere migliori, che spaziano dal documentario alla commedia al film storico, si segnalano Ratas, ratones y rateros (1999), di Sebastián Cordero, De cuando la muerte nos visitó (2002) di Yanara Guayasamin, Cara o Cruz (2003) e 1809-1810 Mientras llega el día (2004) di Camilo Luzu.
Bibliografia
Per la geografia
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Per la storia
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Per la letteratura
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Per l'arte
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Per il folclore
P. J. Alvarado, El indio ecuatoriano, Quito, 1936; V. Panteburg, Perú-Bolivia-Ecuador, Milano, 1990.