Cile
Indice(República de Chile). Stato dell'America Meridionale (756.096 km²). Capitale: Santiago (capitale amministrativa), Valparaíso (capitale legislativa). Divisione amministrativa: regioni (13). Popolazione: 19 678 363 ab. (stima 2021). Lingua: spagnolo (ufficiale), idiomi amerindi. Religione: cattolici 66,7%, protestanti 16,4%, non religiosi/atei 11,5%, altri 5,4%. Unità monetaria: peso cileno (100 centesimi). Indice di sviluppo umano: 0,851 (43° posto). Confini: Perù (N), Bolivia (NE), Argentina (E), Oceano Pacifico (W). Membro di: APEC, OAS, ONU, e WTO, associato MERCOSUR.
Cile. Cartina geografica.
Cile. Veduta aerea del canale di Beagle e della baia Yendegaya nella costa cilena della Terra del Fuoco.
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Cile. Ghiacciai sulla Cordigliera di Darwin nella Terra del Fuoco.
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Cile. Gaucho di un allevamento bovino nella Patagonia cilena.
De Agostini Picture Library/G. Sioën
Cile. La miniera di Chuquicamta, uno dei più importanti giacimenti di rame a cielo aperto nel mondo.
De Agostini Picture Library/Titus
Cile. Recipienti lignei della civiltà precolombiana degli Atacamños (New York, American Museum of Natural History).
New York, American Museum of Natural History
Generalità
Questo Stato occupa la sezione sudoccidentale dell'America meridionale; il territorio continentale, dalla configurazione estremamente particolare, corrisponde a una fascia di terra compresa tra lo spartiacque delle Ande e la costa dell'oceano Pacifico, larga in media 175 km e lunga 4300 dal confine settentrionale alla cuspide meridionale (Capo Horn), che rappresenta anche l'estremo limite del continente. Sono soggetti alla sovranità cilena le lontane isole del Pacifico: Islas Desventuradas, Juan Fernández e l'Isola di Pasqua, che si trova in Oceania. Cilene sono le isole del Canal Beagle (Picton, Nueva e Lennox). La precisa adesione dei confini politici alla geografia fisica è all'origine del curioso disegno del Paese, largamente aperto all'oceano, ma separato dal resto dell'America Meridionale dalla barriera andina. Nonostante questa apparente separatezza, il Cile non si è sottratto alla storia politica del subcontinente, fatta di instabilità, di alternanza fra governi nominalmente liberali, o addirittura progressisti, e pesanti dittature (che ha avuto nel generale cileno Pinochet uno dei suoi culmini). Divenuto indipendente molto presto rispetto ad altri Paesi sudamericani (nel 1818), all'inizio del Duemila ha consolidato una posizione di rilievo nelle graduatorie mondiali per gli indici di benessere. La ritrovata credibilità internazionale e la solidità del sistema finanziario hanno richiamato notevoli quantità di investimenti dall'estero. La sua posizione sul Pacifico, divenuto baricentro di relazioni sempre più intense e alternative alla consolidata area dell'Atlantico, assume sempre più importanza strategica; il Cile vede dunque ampliarsi i propri margini di espansione. Un Paese, insomma, proiettato verso nuovi orizzonti di integrazione, con l'intento di cancellare le ombre del passato.
Lo Stato
Repubblica unitaria Sulla base della Costituzione entrata in vigore nel marzo 1981 (modificata poi con il referendum del 30 luglio 1989 e poi di nuovo nel 2005) il Cile è una Repubblica democratica di tipo presidenziale. Il potere esecutivo è esercitato dal presidente della Repubblica, eletto ogni 4 anni a suffragio universale diretto e senza la possibilità di essere eletto per più mandati consecutivi. Il potere legislativo è affidato al Congresso Nazionale, formato dalla Camera dei Deputati (rinnovata ogni quattro anni) e dal Senato (i cui membri sono in parte elettivi e in parte nominati dalle forze armate). L'ordinamento giudiziario è basato sul codice spagnolo, con influenze che derivano dal sistema francese e austriaco. La giustizia è amministrata nel suo massimo grado dalla Corte Suprema; sono presenti anche un Tribunale Costituzionale, tribunali d'appello e tribunali di primo grado. Il Paese non recepisce le emanazioni della Corte Internazionale di Giustizia. La pena di morte, abolita nel 2001, resta in vigore solo per reati di guerra. La difesa dello Stato è affidata a forze regolari (esercito, marina, aviazione), ma l'ordine nel Paese è garantito anche da forze paramilitari come il corpo dei Carabineros. La leva è obbligatoria a partire dai 18 anni d'età, ma è possibile effettuare anche un servizio su base volontaria. La coscrizione dura 12 mesi nell'esercito e 2 mesi in marina e aviazione. Il sistema scolastico cileno, il primo a carattere unitario dell'America Meridionale, è sempre stato particolarmente aperto a metodologie pedagogiche innovative. È strutturato in un insegnamento primario, obbligatorio e gratuito, che ha la durata di otto anni (dai 6 ai 14 di età) ed è diviso in due cicli di quattro anni ciascuno. Il primo provvede a una formazione culturale generale; il secondo prevede invece diversi indirizzi specialistici. L'istruzione secondaria ha invece una durata di quattro anni e si articola in due diversi indirizzi di studio: umanistico-scientifico (con cui si accede all'università), e tecnico-professionale (mirante a un inserimento diretto nel mondo del lavoro). L'istruzione superiore viene impartita in diverse sedi universitarie, tra cui l'Università del Cile (Santiago, 1738), di Concepción (1919) di Valdivia (1954), nell'Università del Nord (Antofagasta, 1956), nelle Università cattoliche del Cile (Santiago, 1888) e di Valparaíso (1928) e nelle Università tecniche di Valparaíso (1926) e di Santiago (1947), cui afferiscono diversi Istituti Tecnici. Nel 2014 il tasso di analfabetismo tra gli adulti era del 3,4%.
Territorio: morfologia
La geografia cilena, pur varia e contrastante, dipende interamente dalle Ande. La catena domina l'intero territorio con il suo versante occidentale, formato dal fianco di una possente anticlinale sormontata da vulcani e da edifici di rocce granitiche, intrusive. Questo piegamento si distende, prima di sprofondare nelle fosse oceaniche, in un'altra e più blanda anticlinale che dà luogo a un basso allineamento montuoso in prossimità della costa (Cordigliera della Costa). Tra le due pieghe si apre una lunga depressione sinclinale che diventa soprattutto ampia e ben marcata nella sezione mediana, dove forma il Valle Central o Valle del Chile, un'area fertile caratterizzata da terreni alluvionali. Lo stesso motivo tettonico continua nel settore meridionale del Paese, in cui però le ingressioni marine hanno dato origine a una caratteristica frammentazione insulare (Isla Grande de Chiloé, Archipiélago de los Chonos, Isla Madre de Dios ecc.) che culmina presso Capo Horn (Cabo de Hornos). Le Ande hanno aspetti assai diversi nel loro lungo e ininterrotto sviluppo. Nella sezione settentrionale esse rappresentano la prosecuzione delle alteterre peruviane, costituite da un'antica zolla peneplanata, coperta da formazioni mesozoiche e cenozoiche; morfologicamente si presentano come una successione di bacini endoreici (il più ampio è occupato dal Salar de Atacama) dominati dai grandi coni vulcanici del Lascar (5592 m), del Socompa (6031 m), del Llullaillaco (6739 m). Queste alteterre digradano verso l'orlatura montuosa costiera con versanti non molto aspri, in un ambiente però aridissimo, considerato anzi il luogo più arido al mondo, corrispondente al Deserto di Atacama (Desierto de Atacama) cui segue, a N del fiume Loa, l'altrettanto desertica Pampa del Tamarugal. Verso S la catena andina tende a restringersi e si fa più possente, elevandosi oltre i 6000 m, non solo con i grandi coni vulcanici ma anche con gigantesche masse intrusive (Ojos del Salado, 6893 m, il principale vulcano attivo del continente), culminando infine nell'Aconcagua (6959 m, la massima elevazione del continente), affiancata dal Cerro Tupungato (6750 m). A S di questi massicci la cordigliera progressivamente si abbassa; alle strutture sedimentarie e scistose tendono via via a sostituirsi le formazioni effusive (cui si collega la bella successione dei vulcani Villarrica, Osorno, Puyehue) e intrusive, gigantesche masse batolitiche che danno al rilievo andino una forma disunita, caratterizzata da isolati massicci, tra loro separati da marcate depressioni. Nella sezione merid. i massicci si elevano spesso al di sopra di profonde penetrazioni marine, di veri e propri fiordi formatisi in seguito a un generale moto eustatico che interessò tutto l'apice meridionale del continente; il massiccio più superbo, in questo tratto delle Ande cilene, è il Fitz Roy (3340 m), con le sue belle torri granitiche mentre la cima più elevata è il San Valentín (4058 m). La parte più australe del territorio si estende sulla Terra del Fuoco (di cui è però cilena solo la sezione occidentale), dominata dalla Cordillera Darwin (2467 m) e nelle isole che continuano la frammentata dorsale montuosa esterna. In relazione alle stesse forme strutturali il lungo contorno costiero del Cile è assai variabile: nel tratto meridionale, come si è detto, è frastagliatissimo, rotto da isole, penisole, penetrazioni profonde; in quelli centrali e settentrionali è invece continuo, poco accidentato, con strette pianure alluvionali costiere in corrispondenza degli sbocchi dei fiumi che scendono dalle Ande e pochi ripari naturali.
Territorio: idrografia
La configurazione del Paese impedisce lo sviluppo dell'idrografia. Tutti i fiumi hanno corso breve; quelli della sezione settentrionale, generalmente corsi d'acqua impetuosi a regime torrentizio, non raggiungono nemmeno il mare, perdendosi nei salares (unico fiume di un certo rilievo è il Loa, che sfocia a S di Iquique): la loro importanza è essenzialmente legata alla possibilità di utilizzarne le acque per l'irrigazione, cui si deve l'esistenza di alcune zone oasiche. Solo nella sezione mediana del Paese, dove si amplia la depressione tra la catena andina e quella costiera, è maggiore lo sviluppo dei bacini idrografici e, per le più copiose precipitazioni, più consistente la portata: è qui che scorre il Biobío, il più importante fiume cileno. Numerosi sono i laghi, a partire dal 40º parallelo, modellati dall'erosione glaciale; i più estesi sono il Llanquihue, ai piedi del vulcano Osorno, il General Carrera e l'O'Higgins, questi due ultimi divisi con l'Argentina.
Territorio: clima
A causa dello sviluppo latitudinale e delle differenze altimetriche, il clima cileno è soggetto a fortissime variazioni; presenta però una curiosa anomalia nell'andamento delle isoterme e delle stesse isoiete, che in certa misura attenua le differenze tra N e S, peraltro molto marcate. Tra i fattori per i quali isoterme e isoiete in genere tendono a disporsi in senso meridiano, si pongono la chiusura ininterrotta agli influssi continentali, data la barriera andina, e la corrispondente completa apertura alle influenze oceaniche e soprattutto la presenza della corrente di Humboldt, che lambisce le coste del Paese, contribuendo a livellare le temperature, specie durante l'estate australe (in gennaio ad Antofagasta, nell'estremo N, si hanno in media 19 ºC; a Puerto Aisén, 2000 km più a S, 15 ºC); essa è inoltre responsabile in larga misura, con la sua azione condensatrice dell'umidità portata dai venti marini, della grande aridità che investe il Cile settentrionale (nel deserto di Atacama le piogge possono mancare per vari anni). Le temperature non conoscono però gli eccessi di altre aree desertiche, in quanto sono mitigate dall'altitudine. La piovosità aumenta progressivamente verso S; nella sezione mediana del Paese le precipitazioni raggiungono valori di 500-1000 mm annui e si manifestano prevalentemente durante l'inverno australe: si ha perciò, specie nel Valle Central, un clima di tipo mediterraneo, mite (media annua di 16 ºC, con limitate escursioni termiche ), poco piovoso e assai adatto all'insediamento. Il Cile meridionale è caratterizzato invece da un clima temperato-freddo oceanico, molto piovoso (negli arcipelaghi cadono sino a 4000 mm annui di pioggia). Le temperature non conoscono però i rigori dei climi continentali: Punta Arenas, sullo Stretto di Magellano, ha una temperatura media di 10 ºC d'estate, di 1 ºC d'inverno. Da N a S il limite delle nevi perenni varia in fortissima misura, passando da 5000 m a meno di 1000 m nella parte meridionale; nella Terra del Fuoco, dove il clima è decisamente subantartico, i ghiacciai scendono direttamente al mare. Solo nella sezione settentrionale e mediana del Cile è valida perciò la distinzione in tierras calientes, tierras templadas e tierras frías, caratteristica dei Paesi andini.
Territorio: geografia umana. Il popolamento
La popolazione india del Cile, prima della conquista europea, era rappresentata soprattutto da araucani; nelle terre più australi vivevano i chono e i fuegini (ona, alakaluf), popoli pescatori che si distinguevano dagli araucani essenzialmente agricoltori. La resistenza che gli araucani opposero ai conquistadores fu pagata a caro prezzo; in successivi scontri essi furono quasi interamente distrutti e, in un secondo tempo, confinati verso S, oltre il Biobío, che per lungo tempo rimase, per i cileni, una sorta di frontiera invalicabile. Ma i contatti con gli europei risultarono perniciosi per i sopravvissuti indios: alcolismo e malattie li decimarono. Prima di questo momento le comunità contavano presumibilmente dai 600.000 al milione di indigeni. Dei fuegini non resta quasi più traccia; degli araucani sopravvivono solo piccole minoranze. La popolazione è ormai essenzialmente formata da meticci (72%), mentre gli amerindi sono il 5% (in prevalenza araucani). Il primo stabile insediamento europeo fu Santiago (1541), che costituì la base per l'occupazione di tutta la sezione mediana del Paese; anche nei secoli successivi questa parte del Cile fu la più popolata e la meglio strutturata. L'organizzazione più ampia e unitaria del Paese, dal Perú alla Terra del Fuoco, cominciò a realizzarsi agli inizi del secolo scorso; la popolazione tuttavia era allora ancora scarsa e prese ad aumentare dopo l'indipendenza: nel 1835 il censimento registrò un milione di ab., divenuti 2,7 alla fine del secolo. Con l'imporsi dei grandi esodi dall'Europa, anche il Cile fu raggiunto nei primi decenni di questo secolo da emigranti provenienti da più Paesi, attratti dalla varietà delle condizioni ambientali (per cui, per esempio, tedeschi e scandinavi formarono delle colonie soprattutto nella sezione centro-meridionale e meridionale, gli italiani nelle terre mediterranee centrali): nel 1930 la popolazione era già di 4,4 milioni di abitanti. Successivamente l'immigrazione andava via via diminuendo; l'incremento naturale portava rapidamente la popolazione cilena agli oltre 15 milioni di abitanti del 2002.In seguito al colpo di stato che conduceva alla caduta del presidente Allende e durante il lungo periodo della dittatura si assisteva alla fuoriuscita dal Paese di decine di migliaia di cileni – complessivamente 200.000 persone. Nello stesso tempo l'Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (UNHCR) doveva intervenire in favore degli oltre 2000 soggetti che avevano ottenuto lo status di rifugiati in Cile negli anni immediatamente precedenti il golpe. Nonostante il ristabilirsi della situazione politica, nella seconda metà degli anni Novanta i rifugiati e i richiedenti asilo di nazionalità cilena erano ancora oltre diecimila l'anno, accolti soprattutto in Canada e in vari Paesi dell'Unione Europea, scesi intorno alle mille unità solo nel nuovo millennio. La crescita annua della popolazione ha subito un continuo calo e si è assestata nel periodo 2000-2005 all'1,1%, risultando dimezzata rispetto al periodo 1960-1970; nel quinquennio 2015-2020 è calata ulteriormente, attestandosi allo 0,8%; la progressiva diminuzione della mortalità e della natalità è dovuta ad un cambiamento della struttura della società e al miglioramento delle condizioni di vita.
Territorio: geografia umana. Densità e urbanizzazione
La popolazione indigena rivendica da sempre il diritto di insediamento nelle aree rurali tradizionali; nel XIX sec., raggiunta l'indipendenza, i coloni tentarono lo sterminio degli abitanti originari risolvendosi poi a confinarli in territori ben delimitati. Queste riserve si ridussero ulteriormente in estensione durante la dittatura di Pinochet, quando oltre 200.000 ettari di foresta venivano sottratti ai mapuche, insediati a sud del fiume Biobío, in vista dello sfruttamento del legname e delle risorse idriche. La situazione, anche dopo la normalizzazione della vita politica, resta in bilico tra le pressioni delle imprese e dei grandi latifondisti da un lato e le esigenze dei nativi dall'altro. Nel 1993, con l'istituzione di una speciale commissione governativa, il caso di queste minoranze ha acquisito una certa rilevanza: è stata approvata la proposta di introdurre altre lingue (mapuche, aymará ecc.) nel programma educativo delle scuole mentre una sentenza della Corte Suprema di Giustizia ha riconosciuto agli huilliche il diritto all'uso dei terreni demaniali contro un latifondista che intendeva sfruttarli a fini commerciali. Tuttavia a cavallo del nuovo millennio le dimostrazioni di piazza delle comunità indigene, specie nelle terre del Sud, sono state duramente represse e si sono verificati scontri anche gravi tra le forze dell'ordine e i manifestanti, incarcerati e processati alla stregua di terroristi. Le organizzazioni internazionali denunciano continui episodi di discriminazione ai danni dei membri di queste comunità e il mancato riconoscimento dei loro diritti nella Carta costituzionale. Le diverse comunità tendono a raccogliersi in precise aree, sebbene ormai l'urbanesimo, molto pronunciato, determini un miscelamento sempre più profondo. Oltre i quattro quinti della popolazione abita in città; il resto in villaggi, in estancias di allevamento (specie nel Sud) o in haciendas agricole, oppure in piccoli centri minerari. Vi è in tal senso una notevole varietà di forme di insediamento determinata dalla varietà stessa delle condizioni ambientali, dal tipo di attività e dal regime della proprietà agricola impostosi in passato. Le zone montuose sono sottopopolate, con piccoli insediamenti sparsi, come Aucanquilcha situata a 5300 m, la località abitata più alta del continente. La maggior parte dei centri più popolosi si trova sulla costa, dove hanno funzioni portuali nei confronti di sezioni più o meno ampie di territorio: a N sono situate Arica, che è anche il principale sbocco marittimo della Bolivia, e Antofagasta; più a S vi è La Serena, mentre Valparaíso è il grande porto di Santiago; altri importanti centri costieri sono TTalcahuano, Valdivia, Puerto Montt. La sezione più popolata del Paese è il Valle Central, tra Santiago e Concepción, che raggruppa da solo l'80% degli ab., con una punta di 438 ab./km² nella Región Metropolitana de Santiago, mentre altrove, nel Nord e nel Sud, si hanno medie di 1-4 ab./km², laddove la densità media nazionale è di 23,4 ab./km². Il Cile settentrionale è sede di centri minerari e di oasi agricole; quello meridionale rappresenta la terra di nuova conquista in cui vi sono solo pochi centri pionieri. Santiago, da sola, ospita oltre un terzo dell'intera popolazione cilena. Essa si è sviluppata per la sua felice posizione nel Valle Central e per la facile accessibilità alla costa (dove ha due città satelliti in Valparaíso e nell'elegante stazione balneare di Viña del Mar); è sede di numerosi complessi industriali e ospita quindi ceti sociali molto diversificati. Concepción è lo sbocco principale della sezione meridionale del Valle, oltre a ospitare anch'essa rilevanti industrie.
Territorio: ambiente
Alla varietà delle condizioni climatiche e altitudinali corrisponde una notevole differenziazione di paesaggi vegetali: si passa dalle aridissime steppe del N alle formazioni arbustive, xerofile, del centro-nord, all'ambiente via via temperato della sezione centro-meridionale, dove però al paesaggio naturale si sono quasi ovunque sostituite le fiorenti colture, appena interrotte dalle formazioni riparie di pioppi. Più a S si stende invece la fitta foresta di conifere, con specie come l'alerce (Fitzroya cupressoides) e, nelle zone vulcaniche, l'araucaria (Araucaria araucana), e faggi (tra cui il Nothofagus, o faggio australe), che occupa la maggior parte del territorio del Cile meridionale, cedendo infine alle tundre dell'estremo Sud. Legata alle particolarità climatiche è anche la ricchezza di pesce delle acque costiere cilene, dovuta alla gran quantità di plancton indotto dalla corrente di Humboldt, che favorisce l'elevata proliferazione di uccelli marini (fenicotteri, pellicani, pinguini, albatri) cui si deve il notevole accumulo di guano che ha dato origine ai vastissimi giacimenti di sodanitro del Cile settentrionale. Le acque territoriali sono attraversate tra l'altro da diverse specie di balene e il Cile è uno dei Paesi maggiormente impegnati nel dibattito internazionale sulla proibizione della caccia a questi animali. La fauna terrestre conta numerose specie di Mammiferi alcuni dei quali diffusi lungo tutto l'arco andino, altri presenti solo in alcune aree: lama, vigogna, alpaca, lontra, furetto, puma, guanaco, kodkod (Oncifelis ghigna), monito del monte (Dromiciops gliroides), un piccolo marsupiale che vive sugli alberi considerato un fossile vivente, huemul (Hippocamelus bisulcus), pudú (Pudu pudu), entrambi cervidi di piccole dimensioni ritenuti in pericolo di estinzione, leone marino e foca. Oltre agli uccelli marini l'avifauna comprende altri volatili delle zone montane dove si osserva la presenza di picchio, condor, nandù, gufo. Le foreste occupano il 23,85% del territorio, nonostante il fenomeno della deforestazione che ha causato in passato la perdita di vaste superfici boschive specie nel Cile meridionale; nei primi anni del XXI sec. si è verificato un incremento delle aree forestali grazie a programmi di rimboschimento. Gli scarichi industriali e i gas emessi dalle automobili contribuiscono notevolmente all'inquinamento dell'aria specie nelle grandi città (soprattutto a Santiago), dove si riscontra anche il fenomeno della contaminazione delle acque causata da una non corretta gestione dei liquidi di scolo. La sensibilità politica al problema della tutela del patrimonio ha radici lontane: la prima riserva cilena fu istituita nel 1907 e nel 1926 il primo parco nazionale; solo venticinque anni dopo le aree protette erano diventate tredici. Nel primo decennio del Duemila un quinto della superficie territoriale cilena è considerata area protetta, stabilita per via legislativa nel 1984 attraverso la creazione dello SNAPSE (Sistema Nacional de Áreas Silvestres Protegidas del Estado) gestito dalla CONAF (Corporación Nacional Forestal). Questa istituzione ha il compito di proteggere il patrimonio naturale e di promuovere l'uso sostenibile degli ecosistemi forestali con una particolare attenzione alle popolazioni indigene le cui organizzazioni sono coinvolte attivamente nella salvaguardia dei territori abitati da queste comunità. Le aree protette annoverano 33 parchi nazionali, numerose riserve nazionali e monumenti naturali (oltre il 27%); inoltre la CONAF gestisce anche alcuni santuari naturalistici non compresi nel sistema dello SNAPSE. La legislazione nazionale prevede che le aree adibite a parco nazionale non possano essere in alcun modo sfruttate a fini economici e debbano dunque essere protette tutte le risorse in esse racchiuse mentre le zone classificate come riserve nazionali possono essere utilizzate in modo sostenibile.
Economia: generalità
Il Cile si regge economicamente sull'industria estrattiva, più specificamente su quella del rame (di cui è tra i maggiori produttori mondiali), ma può contare su altre cospicue risorse minerarie (quali nitrati, argento, molibdeno) e sulla silvicoltura; tuttavia, nonostante le ingenti ricchezze del sottosuolo e una non meno elevata disponibilità energetica, rappresentata soprattutto dal potenziale idroelettrico dell'area andina, la struttura di fondo rimane quella di un Paese secolarmente povero. Manca una solida industria nazionale, mentre l'agricoltura, chiusa tra le maglie di un latifondo poco sfruttato e un microfondo estremamente suddiviso e quindi scarsamente produttivo, riesce a soddisfare solo in parte le necessità alimentari della popolazione. Nel Paese vi è uno squilibrio nell'organizzazione degli spazi produttivi: la zona più attiva è quella centrale; a questa si oppongono le aree di Nord e Sud, territori ricchi di risorse e di recente valorizzazione, principalmente per le esportazioni verso il mercato mondiale (nitrati, rame). Le ragioni di questa situazione di grave debolezza dell'economia cilena sono molteplici. Per quanto riguarda l'attività estrattiva, essa fu avviata, dopo i primi modesti interventi coloniali, da importanti società nordamericane (come l'Anaconda Co.), cui andavano gli effettivi utili; parallelamente l'industrializzazione, intrapresa con un certo impegno solo a partire dagli anni Quaranta del Novecento, finì con il favorire i capitali speculativi, essenzialmente esteri, mentre l'apparato produttivo rimaneva carente in tutti i settori di base. Sin dagli inizi degli anni Sessanta emersero istanze moderatamente progressiste, volte a realizzare uno sviluppo più equilibrato e autonomo dell'economia cilena, ma solo nel 1970 con l'elezione del socialista S. Allende a presidente della Repubblica si ebbero le prime concrete manifestazioni di un nuovo corso della vita economica e sociale del Paese. Furono nazionalizzati l'attività estrattiva e, successivamente, tutti gli altri essenziali settori economici. In campo agricolo furono effettuati l'esproprio dei latifondi e la distribuzione delle terre ai contadini, mentre vennero introdotte misure restrittive riguardanti le importazioni, a salvaguardia dell'industria nazionale. Queste iniziative, affiancate da una politica di aumenti salariali, di impegni in campo assistenziale e di riforme sociali, suscitarono l'immediata reazione delle forze conservatrici cilene (che tra l'altro operarono una massiccia fuga di capitali) e la non meno immediata ritorsione delle multinazionali nordamericane. Così, per un concorso di responsabilità delle classi dominanti cilene, della piccola e media borghesia malcontenta della perdita di tradizionali privilegi, degli ambienti finanziari internazionali (che bloccarono tutti i crediti destinati al Cile e richiesero l'immediata restituzione di quelli già accordati), nonché per un'errata valutazione sull'effettiva consistenza delle forze che sostenevano il programma governativo, Allende fu facilmente sopraffatto dalle opposizioni e dai corporativismi. Questo favorì il successo del sanguinoso colpo di stato militare del 1973, che mise immediatamente in atto il totale rovesciamento della precedente impostazione economica. Fu imboccata infatti una politica economica nettamente liberistica mediante lo smantellamento delle protezioni doganali, l'apertura di spazi amplissimi per le iniziative finanziarie straniere, la riprivatizzazione di tutte le società già nazionalizzate, nonché il pagamento di cospicui indennizzi alle compagnie straniere che precedentemente avevano operato in Cile e la facoltà concessa loro di sfruttare nuove zone minerarie (a eccezione delle sole miniere di rame, rimaste nazionalizzate). Furono altresì restituiti ai precedenti proprietari i latifondi già espropriati e sciolte le cooperative agricole; fu operato infine un drastico taglio delle spese pubbliche e assistenziali, che avevano costituito una notevole fonte di sostentamento per le classi più disagiate. La mancanza di un programma di sviluppo condizionò pesantemente l'andamento del settore agricolo; più in generale, incapace di risolvere la grave crisi economica del Paese, la giunta militare, con la liberalizzazione pressoché totale delle importazioni, da un lato produsse la generale rovina della piccola industria locale, a basso livello tecnologico e incapace di sostenere la concorrenza internazionale, mentre dall'altro fece enormemente prosperare le iniziative delle multinazionali, attirate dall'abbondante manodopera sottopagata, dalla possibilità di sfruttamento a basso costo delle materie prime, dalle ampie agevolazioni in materia fiscale. Vennero così incentivati alcuni settori che lavoravano essenzialmente per le industrie straniere e che, quindi, in larga misura erano estranei alle reali necessità del mercato interno. Ciò portò alla crescente importazione non solo di generi alimentari ma anche di prodotti industriali di largo consumo. Con il progressivo ritorno alla democrazia (fine degli anni Ottanta), fu avviata nel Paese una riforma del sistema economico: il privato continuò a rivestire un ruolo primario, mentre lo Stato assunse le funzioni di guida e regolazione. Negli anni Novanta l'inflazione appariva notevolmente ridotta rispetto ai valori degli anni Settanta (300÷500%), arrivando al 15% del 1988, ma ciò per la massima parte grazie a manovre finanziarie, in particolare la continua svalutazione della moneta (PIL pro capite era di 2730 dollari nel 1992). La disoccupazione “ufficiale” scese, nel 1989, intorno al 7% della popolazione attiva, senza tuttavia considerare la diffusa sottoccupazione; i salari reali tuttavia avevano perduto, nella sola prima metà degli anni Ottanta, oltre il 50% del loro effettivo potere d'acquisto. Comunque gli innegabili progressi economici raggiunti (con nuovi tagli alle spese sociali, soprattutto sanità ed educazione) codussero il Cile a ottenere una ristrutturazione del debito estero. Contemporaneamente la bilancia commerciale mantenen nel periodo 1986-1991 un costante attivo (principale partner gli Stati Uniti). Nel 1997 è stato lanciato un vasto programma di privatizzazione e di modernizzazione del sistema portuale dell'America Latina, con la partecipazione di investitori stranieri. Nello stesso anno 1997 il Paese ha avviato anche una ristrutturazione del sistema bancario. Nell'agosto del 1994 il Cile è divenuto membro associato del MERCOSUR e, nel novembre dello stesso anno, membro a tutti gli effetti dell'APEC; il Paese ha siglato accordi di libero scambio con USA, Unione Europea, Canada, Cina e Corea del Sud, ha partecipato alla CSN (Comunidad Sudamericana de Naciones) ed è impegnato, con Brasile e Argentina, nel dare stabilità democratica all'America Meridionale e nella creazione dell'AFTA. Nel corso del 1999-2000 l'economia ha superato una fase di lieve recessione e ha ricominciato a crescere grazie soprattutto alla forte ripresa della produzione industriale. Il PIL, che nel 2020 ammontava a 252 756 ml $ USA (con un PIL, pro capite di 12 989 $ USA), è in crescita. L'economia del Paese appare, nel primo decennio del Duemila, tra le più forti dell'America latina: l'inflazione è relativamente bassa e il tasso di disoccupazione, tra i più contenuti dell'America Meridionale, risulta in calo.
Economia: agricoltura, foreste, allevamento e pesca
Il 9,2% della popolazione attiva è occupato nell'attività agricola, che contribuisce per il 4,2% alla formazione del PIL (2017). Nonostante il terreno coltivato occupi solo il 2,34% del territorio (a causa anche delle condizioni del terreno, prevalentemente montagnoso e arido), la produzione agricola è diversificata e favorita dal clima temperato. Prevale in genere la cerealicoltura (insufficiente però a soddisfare il fabbisogno interno), con maggioranza delle aree a frumento; scendendo verso sud si coltivano mais e poi cereali d'ambiente freddo (orzo, avena) e patate, mentre nelle zone irrigue settentrionali e centrali si pratica la risicoltura (coltura introdotta in Cile sono negli anni Trenta e che ebbe subito un grande successo). Importante è la coltivazione della barbabietola da zucchero e ancor più quella della vite (il Paese è il decimo produttore mondiale di vino, ritenuto il migliore di tutta l'America); particolari cure sono infine rivolte alla frutticoltura (mele soprattutto, oggetto d'esportazione; poi pere, pesche, prugne, oltre che arance, ciliege, uva e frutta secca). I prodotti per l'esportazione vengono principalmente coltivati nelle grandi aziende commerciali (che occupano i tre quarti del terreno arativo) situate nella regione centrale; nel centro-nord sono invece situati microfondi con le colture di sussistenza, quali legumi (fagioli, ceci e lenticchie) e cereali. Nel Paese si producono inoltre canapa, lino e iuta. § Il meridione, umido e relativamente freddo, ha cospicue risorse forestali (che coprono più del 20% del territorio), che annoverano soprattutto faggi australi e conifere, alimentando varie cartiere (il Paese è tra i primi produttori mondiali di legno e di pasta di legno); vi sono inoltre pioppi ed eucalipti; il Cile, inoltre, è tra i primi esportatori di pini del Sudamerica. § Sviluppati sono anche l'allevamento del bestiame, rappresentato in prevalenza da bovini, nel Cile centrale, e da ovini (soprattutto pecore merinos molto pregiate per la lana), in quello meridionale, mentre sugli altopiani si allevano lama e alpaca, dai quali si ricava una lana pregiata; vi sono inoltre suini, asini, cavalli e volatili da cortile. § La pesca riveste un ruolo considerevole (il Cile è tra i primi produttori mondiali di pescato) e alimenta la produzione di olio e farina di pesce. Tra le specie pescate particolare rilievo hanno il salmone e le ostriche (nelle baie di Ancud e di Quelalmahue). Lungo la fascia costiera sono situati i principali centri di conservazione e trasformazione del pesce.
Economia: industria e risorse minerarie
Il settore secondario, anche se diversificato, non è sufficientemente competitivo: esso partecipa per il 32,8% alla formazione del PIL e occupa il 22,3% della forza lavoro. Notevoli sono le differenze regionali nella ripartizione industriale; il monopolio economico è mantenuto dalla zona intorno alla capitale, Santiago, e dalla conurbazione Concepción-Talcahuano. L'industria è legata principalmente alla lavorazione delle materie prime minerarie: metallurgia del rame, siderurgia (a Talcahuano e Corral) e impianti petrolchimici. Altre industrie importanti sono quelle agricole-alimentari (lavorazione del pesce, della carne, dello zucchero e della birra, industrie enologiche) e del legno (cellulosa, pasta da carta, carta da stampa); le cartiere sono situate a Santiago, Valdiva e Talca. Notevole importanza hanno il comparto tessile (si lavorano lana, cotone, raion, fibre sintetiche), gli stabilimenti conciari e calzaturieri. Sono presenti inoltre un'industria chimica (soda caustica, acido solforico, fertilizzanti azotati), fabbriche di esplosivi per le industrie minerarie, stabilimenti farmaceutici, diversi impianti di montaggio (quale quello per automobili ad Arica). Si producono infine sigarette, pneumatici e cemento. § Il settore più ricco dell'economia cilena è di gran lunga quello minerario. Il più antico sfruttamento minerario riguarda il sodanitro, o nitro del Cile (localmente chiamato caliche, i cui principali sottoprodotti sono il borace e lo iodio), i cui vastissimi giacimenti si trovano nel Cile settentrionale (Iquique, Antofagasta, Tocopilla, Taltal) e di cui il Cile detenne per decenni pressoché il monopolio mondiale; pur avendo perduto di valore con la scoperta dei nitrati sintetici, ha sempre notevole rilievo. Nella parte settentrionale e in quella centrale del Paese si trovano colossali giacimenti di rame (i principali sono quelli di Chuquicamata, El Salvador, Andina ed El Teniente cui sono annessi impianti di fonderia e raffinazione); dal 1982 il Cile è addirittura il massimo produttore mondiale. Il Cile è inoltre ai primi posti nella produzione mondiale di molibdeno; esistono infine buoni giacimenti di ferro, argento (di cui è il quarto produttore mondiale), oro, manganese, zinco, zolfo ecc. Nel territorio cileno vi sono infine numerosi altri minerali quali il piombo, il borace, il cobalto e il mercurio. Tra i minerali energetici, si ricavano carbone (estratto presso le coste e nella zona dello Stretto di Magellano), e petrolio, estratto nella Terra del Fuoco e trasportato con un oleodotto all'imbarco di Caleta Clarencia; vi sono raffinerie a Concón, presso Valparaíso, e a Talcahuano. Giacimenti di gas naturale sono situati inoltre a Pampa Larga, Punta Delgada e Chanarcillo. Ricchissimo è il potenziale dei fiumi andini: oltre la metà dell'energia elettrica prodotta nel Paese è di origine idrica.
Economia: commercio, comunicazioni e turismo
Il Cile sta tentando di diversificare i prodotti delle esportazioni, in precedenza costituite per l'80% dal rame. Principali prodotti esportati sono comunque i minerali (oltre al rame, ferro, nitrati, argento e oro); seguiti da cellulosa e pasta di legno, frutta, vino, prodotti ittici e carne, lana, prodotti chimici, derivati dal petrolio; le importazioni riguardano essenzialmente petrolio e prodotti petroliferi, macchinari, mezzi di trasporto, prodotti elettronici e per telecomunicazioni, prodotti chimici. Gli scambi si svolgono prevalentemente con gli USA e la Cina (nel 2005 è stato concluso tra Cile e Cina un trattato di libero scambio per azzerare i dazi sul 92% delle merci scambiate); inoltre con il Brasile e l'Argentina per le importazioni e con il Giappone, i Paesi Bassi, la Corea del Sud, l'Italia e il Brasile per le esportazioni. La bilancia commerciale nel 2018 era in attivo. § La difficile e particolare topografia cilena rende molto arduo il problema delle vie di comunicazione. Il Paese è collegato da N a S, sino a Puerto Montt, da una linea ferroviaria che a N si allaccia alla rete peruviana e cui si affianca la Carretera Panamericana. Da questa fondamentale arteria ferroviaria si diramano quattro linee internazionali transandine, che collegano il Cile a N con la Bolivia e a E con l'Argentina. La rete stradale, di oltre 77.000 km nel 2011 (di cui 18.000 asfaltate) è estesa; l'arteria più importante è l'autostrada Panamericana, di oltre 33.000 km, tra Arica e Puert Montt. Vi sono numerosi centri portuali costieri: tra questi Arica e Antofagasta sono essenzialmente porti minerari, Valparaíso è al servizio della capitale, tra gli altri San Vicente, Huasco, Talcahuano, San Antonio, Punta Arenas, Magallanes. Il Cile è dotato di numerosi aeroporti internazionali; i principali sono quelli di Los Cerrillos, presso Santiago e Arica. § Il turismo è in crescita, principalmente verso le mete sciistiche nelle Ande, le spiagge del Pacifico, la Terra del Fuoco, l'Isola di Pasqua e i numerosi parchi naturali. La ripresa del 2021 è stata sostenuta dagli stimoli fiscali governativi, dalla crescita del prezzo del rame e dalla ripresa delle attività favorita anche dall’efficace campagna vaccinale.
Storia: dal colonialismo alla "guerra del Pacifico" (1879-83)
Il Cile era abitato da comunità autoctone, più o meno autonome, quasi tutte appartenenti alla famiglia degli Araucani, che entrarono in contatto con i conquistadores iberici nel 1535, quando il piccolo esercito di Diego de Almagro, cui a Lima Francisco Pizarro aveva affidato il compito di estendere a S l'impero coloniale spagnolo, oltrepassata la sponda meridionale del fiume Maule penetrò in territorio araucano. Dopo due anni, Almagro fu costretto a ritirarsi; Pedro de Valdivia, che lo sostituì, fondò nel 1541 la città di Santiago e nel 1550 Concepción. Gli Araucani intanto avevano trovato in Lautaro un capo coraggioso e geniale che li condusse al contrattacco e riuscì a fermare l'avanzata avversaria. Nel 1553 i due eserciti si affrontarono: sconfitto, Valdivia venne catturato e ucciso. La conquista spagnola però, ormai irreversibile, si consolidò lentamente ma progressivamente e gli Araucani dovettero rifugiarsi nell'estremo Sud. La storia del Cile, amministrato come Capitanía General nell'ambito del vicereame del Perú, si confuse sostanzialmente fin verso la metà del sec. XVIII con quella di tutta l'America ispanica. Protagonista delle lotte per l'indipendenza sudamericana, fu teatro di una prima, importante rivolta nel 1781, ma solo dopo la vicenda napoleonica vi fu una sostanziale modifica della situazione. I patrioti avevano il loro centro a Concepción, dove operava Bernardo O'Higgins, un liberale che il 18 settembre 1810 riunì con altri patrioti un Cabildo abierto a Santiago. Il governatore spagnolo García Carrasco venne esautorato e fu insediata una Giunta rivoluzionaria, diretta da Mateo de Toro y Zambrano. Il disaccordo tra O'Higgins, deciso ad arrivare alla proclamazione dell'indipendenza, e altri capi del movimento favorevoli al mantenimento di un vincolo con la Spagna, finì col favorire gli interessi coloniali e O'Higgins, sconfitto dagli Spagnoli nel 1814, fuggì a Mendoza e poi a Buenos Aires. Nel 1817, dopo aver trovato un'intesa con il generale José de San Martín, attraversò con quest'ultimo la cordigliera andina e il 12 febbraio 1818, a Santiago, entrambi proclamarono l'indipendenza del Cile. Il 5 aprile successivo, con la vittoria di Maipú, ebbero ragione della resistenza nemica e garantirono al Paese la libertà. Lo spirito riformistico che ispirò O'Higgins nell'impostare la struttura dello Stato inquietò l'aristocrazia creola e la gerarchia ecclesiastica e nel 1823 egli dovette abbandonare il potere e trasferirsi in Perú. L'allontanamento di O'Higgins segnò per il Cile l'inizio di un periodo in cui alla guida della Repubblica si alternavano ora questo ora quel caudillo, che dettavano sempre nuove Costituzioni (per esempio, nel 1823, nel 1826, nel 1829); in quegli stessi anni si formarono il partito conservatore e quello liberale. Nel 1829 la riconferma del liberale Pinto alla presidenza e l'immediata reazione del generale conservatore J. Prieto diedero avvio a una guerra civile. Vittoriosi a Lircay l'anno successivo, i conservatori si insediarono al potere e vi rimasero per un trentennio. Artefice dei progressi economici realizzati in quegli anni fu il ministro D. Portales che, se dotò la Repubblica di una Costituzione (1833) che assicurava all'oligarchia le leve del comando, incentivò il commercio e la produzione e sviluppò il porto di Valparaíso. I frutti della politica di Portales maturarono nella guerra combattuta, al fianco dell'Argentina, contro la Confederazione peruviano-boliviana (1836-39); il trionfo ottenuto a Yungay (20 gennaio 1839), che condusse alla vittoria finale, contribuì a rafforzare il prestigio del Cile. I mandati presidenziali di M. Bulnes (1841-46 e 1846-51) e M. Montt (1851-56 e 1856-61) accrebbero la robustezza del Paese, sia sul piano economico sia su quello militare; notevole pure l'impulso dato alla cultura, con l'apertura dell'Università di Santiago ai migliori pensatori di tutta l'America Latina. Con J. J. Pérez (1861-66 e 1866-71), successore di Montt, ebbe termine il predominio dei conservatori. L'ascesa dei liberali, subentrati con F. Errázuriz Zañartu (1871-76), poi con A. Pinto (1876-81) e D. Santa María (1881-86), rappresentava la conseguenza delle trasformazioni socio-economiche verificatesi nel Paese dall'epoca di Portales, anche per effetto di una massiccia immigrazione germanica e britannica. Ceti imprenditoriali e mercantili premevano per il superamento della vecchia struttura agricola; stava germogliando una borghesia nazionale. La cosiddetta “guerra del Pacifico” (1879-83), che vide i cileni contrapporsi all'alleanza peruviano-boliviana, si concluse con una grande vittoria del Cile. Le mire di Santiago, centrate sul controllo della produzione dei nitrati, furono soddisfatte con l'acquisto di Tacna e Arica (Tacna, nel 1929, sarebbe stata restituita al Perú) e la conquista della fascia costiera di Atacama con il porto di Antofagasta. Il felice esito della “guerra del Pacifico” stimolò ulteriormente lo sviluppo economico del Paese, accrescendo di riflesso i fermenti sociali.
Storia: i governi da Balmaceda ad Allende
Il presidente liberale J. M. Balmaceda, eletto nel 1886, cercò di rispondere alla domanda di nuove riforme; colpendo però alcuni interessi costituiti fu avversato dai conservatori che nel 1891 riuscirono a destituirlo. Molti privilegi furono restaurati e, mancando la reazione delle classi meno abbienti, in condizioni di crescente disagio, il governo si dedicò a problemi di politica internazionale. Nel 1898 raggiunse un accordo con l'Argentina per la delimitazione della frontiera centro-settentrionale e nel 1902, avvalendosi dell'arbitrato del re di Gran Bretagna, stipulò, sempre con l'Argentina, un trattato per la sistemazione dei confini meridionali (la Terra del Fuoco fu divisa fra le due Repubbliche). I successi internazionali non potevano tuttavia cancellare le difficoltà interne. Raggruppamenti progressisti contestavano frontalmente la linea dei conservatori e proclamavano la necessità di un ricambio. Il tentativo fatto da J. L. Sanfuentes, entrato in carica nel 1915, di avviare una legislazione più aperta alle esigenze sociali avvenne troppo tardi: nel 1920 l'“Alleanza liberale”, formata da liberali, radicali e socialisti democratici, travolse il partito al potere e portò alla presidenza A. Alessandri Palma, che introdusse varie leggi a favore dei lavoratori; contro di lui ancora una volta la destra conservatrice reagì con la forza e nel 1924, con l'aiuto dello Stato Maggiore dell'esercito, costrinse Alessandri Palma all'esilio. Da quel momento, in un alternarsi di colpi di forza e ritorni alla legalità, che tra l'altro videro anche la “restaurazione” di Alessandri Palma e l'adozione, nel 1925, di una nuova Carta costituzionale, il Cile fu governato con mano pesante dai conservatori, aiutati dall'esercito. Gli stessi militari, dal 1927 al 1931, ebbero un loro esponente, il generale Ibáñez del Campo, alla presidenza della Repubblica. Nel giugno 1932 la sinistra reagì e riuscì a insediare per poche settimane un governo socialista dopo il quale tornò al potere, questa volta con un programma conservatore, Alessandri Palma (1932-38). Nel 1936, sull'onda della resistenza al nazismo (la collettività cilena di origine germanica non era rimasta insensibile alla penetrazione ideologica nazista), i partiti democratici, compreso quello liberale, costituirono un Fronte popolare che nel 1938 vinse le elezioni e designò alla presidenza della Repubblica il radicale P. Aguirre Cerda. Il suo successore Ríos Morales (1942-45) dichiarò guerra all'Asse. Alla fine del 1945 la suprema carica dello Stato fu assunta da un altro radicale, G. Gonzáles Videla. Amico degli Stati Uniti, si lasciò coinvolgere dalla guerra fredda e mise al bando i comunisti. Il Fronte popolare era ormai morto. Il Paese fu nuovamente sottoposto a regimi di stampo liberal-conservatore. Le presidenze di Ibáñez del Campo (1952-58) e di Alessandri Rodriguez (1958-64) sanzionarono appunto quella congiuntura politica. Ma proprio questa involuzione, di tipo ottocentesco, provocò un importante contraccolpo. Il 3 settembre 1964, a schiacciante maggioranza, fu eletto presidente il democratico cristiano E. Frei Montalva, fautore di una “rivoluzione nella libertà”. Il suo governo si distinse per tutta una serie di misure progressiste, che trovarono la massima espressione nella riforma agraria, nella riforma scolastica, nell'accentuata partecipazione statale allo sfruttamento delle miniere di rame. Le persistenti difficoltà economiche del Paese e, insieme, la necessità di sempre più frequenti convergenze democristiane con la destra liberal-conservatrice favorirono però l'avanzata della sinistra, che, ricostituita un'alleanza frontista, Unidad Popular (comunisti, socialisti, radicali, socialdemocratici e democristiani dissidenti), vinse le elezioni del settembre 1970 portando alla presidenza della Repubblica il socialista S. Allende. Il programma di Allende, volto a una graduale realizzazione del socialismo nel rispetto della Costituzione democratica e, in particolare, all'eliminazione dell'ipoteca capitalistica straniera sull'economia cilena (nel 1971 si avviò tra l'altro la nazionalizzazione delle compagnie del rame), incontrò peraltro una violenta opposizione interna che provocò, unitamente alle pressioni economiche esercitate sul Paese dall'esterno, una grave crisi, sfociata verso la metà del 1973 nello sciopero degli addetti ai trasporti che paralizzò il Paese.
Storia: dal regime di Pinochet al ritorno della democrazia
L'11 settembre dello stesso anno, con un colpo di stato militare (nel quale trovò la morte lo stesso Allende) furono soppresse tutte le libertà democratiche, sciolti la Camera e il Senato, sospesa ogni attività dei partiti e attuata una dura repressione verso esponenti e seguaci di Unidad Popular. Il potere politico venne interamente concentrato nelle mani di una giunta militare (composta dai comandanti in capo delle tre armi e dei carabineros) e al vertice dello Stato si insediò il generale A. Pinochet, riconosciuto formalmente capo supremo dello Stato e presidente della Repubblica nel 1974. Gli anni successivi comprovarono la forma sostanzialmente dittatoriale del nuovo regime, nonostante i “plebisciti” che confermarono Pinochet alla presidenza (1978) e approvarono un nuovo progetto di Costituzione (1980): presentata come mezzo di transizione verso la democrazia, essa conteneva però clausole che avrebbero permesso al regime di mantenersi immutato per anni. Il decennio seguente, oltre l'aumento dell'attività terroristica (sostenuta principalmente dal Fronte Patriottico M. Rodriguez, responsabile anche di un attentato al capo dello Stato), vedeva il costante rafforzamento dell'opposizione legale, espressa soprattutto dal gruppo multipartitico di Alleanza Democratica (1983) e appoggiata dalla critica della Chiesa cattolica, promotrice dell'Accordo nazionale per la transizione alla piena democrazia (1985); contemporaneamente dal 1986 anche gli Stati Uniti iniziavano del resto a mostrarsi critici nei confronti della repressione attuata dal governo cileno. Nell'ottobre 1988, dopo mesi di preparazione e il rientro della maggior parte degli esuli, si teneva, quindi, un plebiscito sulla candidatura alla presidenza della Repubblica del generale Pinochet, vinto dalle forze d'opposizione coalizzate nel “Comando por el No”. In conseguenza di tale risultato queste ultime, dopo il rifiuto di accogliere le loro proposte di emendamento alla Costituzione, sceglievano il proprio candidato alla carica in Patricio Aylwin, presidente della Democrazia Cristiana: le elezioni presidenziali del dicembre 1989 ne sancivano la vittoria, determinando nel marzo 1990 il trasferimento dei poteri governativi a una coalizione a maggioranza democristiana e socialista. Aylwin riusciva a consolidare la riconquistata democrazia e le elezioni presidenziali e politiche del 1993 confermavano la maggioranza allo schieramento di centro-sinistra contrapposto a quello di destra. L'11 marzo 1994 Eduardo Frei, figlio dell'ex presidente e democristiano, diventava il nuovo presidente. Nel 1995 in Cile le basi politico-economiche, gettate dal presidente della Repubblica Eduardo Frei durante il suo primo anno di mandato, erano ben accettate dalla maggioranza della popolazione, desiderosa di dimenticare i duri anni della dittatura. Ma i primi anni del mandato di Frei erano caratterizzati dalla delicata questione del rapporto tra potere politico ed esercito, ancora comandato da Pinochet. A conferma del forte ruolo ancora detenuto dall'esercito, non solo il Senato cileno respingeva (aprile 1996) la proposta del presidente Frei di ridurne il peso politico e di abolire i nove seggi senatoriali di nomina dei vertici militari, ma, nel marzo del 1998, accoglieva nelle proprie file il generale Pinochet che, lasciata la guida dell'esercito, diventava senatore a vita. Le vivaci manifestazioni di protesta con cui la nomina era stata accolta in tutto il Paese non servivano a far recedere il Senato dalla decisione. Nello stesso anno, nel corso di un soggiorno a Londra, il senatore Pinochet veniva arrestato su ordine di cattura internazionale emesso dalla Spagna per due inchieste sulla scomparsa di cittadini spagnoli durante gli anni sanguinosi della dittatura in Cile. Ma, a causa delle gravi condizioni di salute, non veniva estradato e nel marzo del 2000 tornava liberamente in patria. Nel frattempo la crisi economica, che colpiva il Paese, e le tensioni provocate dall'arresto di Pinochet portavano a un rimpasto del governo. Con le consultazioni presidenziali del gennaio 2000 veniva eletto alla presidenza della Repubblica un socialista, Ricardo Lagos Escobar, presidente dell'Alleanza democratica, lo schieramento di sinistra che negli anni Ottanta aveva raggruppato gli oppositori del regime. Tra i provvedimenti più importanti del suo governo, l'abolizione della pena di morte (aprile del 2001), che era rimasta in vigore nel Paese per 126 anni. Nel gennaio 2006 si svolgevano le elezioni presidenziali, vinte dalla candidata socialista Michelle Bachelet con più del 53% dei consensi. L'ex dittatore A. Pinochet, cui nel 2005 era stata revocata l'immunità, moriva nel dicembre del 2006. Alle elezioni presidenziali della fine del 2009 si affrontavano l'ex presidente Frei e Sebastiàn Piñera, conservatore e leader del partito Rinnovamento Nazionale; Piñera vinceva con il 52% dei suffragi al secondo turno e si insediava nel marzo 2010, a pochi giorni dal terremoto che colpiva duramente il Paese. Nel dicembre del 2013 l'ex presidente Bachelet vinceva le elezioni presidenziali, sconfiggendo la candidata di destra Evelyn Matthei. Nel 2017 le elezioni presidenziali sono state vinte dall'ex presidente Piñera. L'arresto della crescita economica e l'inizio di una fase di recessione hanno portato nel 2019 allo scoppio di violente proteste in seguito alla decisione del governo di aumentare le tariffe del trasporto pubblico. Nell'ottobre 2020 un referendum ha sancito la volontà del popolo cileno di redigere una nuova Costituzione per sostituire quelle attualmente in vigore, emanata durante la dittatura di Pinochet. Le elezioni dell'Assemblea costituente avvenute nel maggio 2021 hanno visto imporsi le forze riformiste di sinistra. Le elezioni presidenziali del dicembre 2021 hanno confermato questa tendenza, con la vittoria del 35enne Gabriel Boric, che al ballottaggio ha superato con un margine significativo (56% delle preferenze) l’altro candidato, José Antonio Kast, di estrema destra e nostalgico dell’ex generale e dittatore cileno Augusto Pinochet. Boric ha vinto come leader della coalizione elettorale Pacto Apruebo Dignidad, formata da due coalizioni: il Frente Amplio e Chile Digno, Verde y Soberano, che include anche il Partito comunista.
Cultura: generalità
Gli aspetti caratteristici che distinguono il Cile dal resto dei Paesi latino-americani in termini culturali sono legati alla presenza di una sorta di “etichetta” folcloristica e artistica, la chilenidad, divenuta simbolo di identità e differenza culturale, benché fondata anche su elementi di origine esogena, introdotti dagli europei giunti nel Paese. L'arte, l'artigianato, le feste, la musica hanno costantemente fatto riferimento a questa sorta di paradigma; tuttavia il Cile nel Novecento ha saputo aprirsi al mondo occidentale, accogliere suggestioni e rielaborare la propria cultura nelle sue molteplici manifestazioni, che la dittatura è riuscita solo a mettere da parte per alcuni anni, ma non a eliminare. Ecco quindi il costante “divenire” che all'inizio del Duemila informa gli scenari artistici e intellettuali del Paese. Altra nota peculiare del Cile è la presenza, in ambito letterario, di un'epica elaborata nel XVI sec., da cui ha preso forma tutta la tradizione letteraria nazionale, diversificatasi e resasi, di volta in volta, strumento di analisi e condanna politica, o lente di ingrandimento delle vicende personali e comuni: basti ricordare i nomi di P. Neruda, I. Allende e L. Sepúlveda per rendersi conto della qualità del panorama cileno. I temi civili, come è intuibile, sono stati al centro anche di molta parte delle produzioni musicali, teatrali e cinematografiche della seconda parte del XX sec., che hanno visto spesso impegnati artisti costretti all'esilio. Dopo la dittatura la ricerca creativa di pittori, scultori, compositori, registi e scrittori è tornata a spaziare anche su temi e forme più ampi, senza perdere tuttavia il pathos e l'attenzione, anche stilistica, che hanno contraddistinto le opere del Novecento visto e vissuto tra le Ande e il Pacifico: dal teatro d'avanguardia ai “film narrativi”, dalla letteratura d'infanzia o di ricerca spirituale all'utilizzo dei nuovi media per installazioni e opere d'arte contemporanea. Simbolo di questo “panta rei” è senz'altro Santiago, crocevia e fulcro del Paese con le sue architetture diverse, i musei (di storia nazionale, di belle arti, di arte pre-colombiana), le sontuose chiese cattoliche, i mercati dell'artigianato e il Paseo Ahumada, ritrovo degli artisti. Sparse nel Paese vi sono altre decine di località di valore culturale, idealmente rappresentate dai siti che l'UNESCO ha inserito nella lista del patrimonio dell'umanità: il Parco Nazionale Rapa Nui, nome indigeno dell'isola di Pasqua (1995), le chiese di Chiloé (2000), il centro storico di Valparaíso (2003), le raffinerie di salnitro di Humberstone e Santa Laura (2005, sito iscritto nella lista UNESCO in pericolo) e la città mineraria di Sewell (2006).
Cultura: tradizioni
Il folclore cileno offre un esempio del tutto singolare di usi e costumi ben differenziati ma non basati su antiche tradizioni. I gruppi con tradizioni e costumi consolidati hanno creato un proprio folclore, con ostinata opposizione alle invadenze culturali esterne. Ciò accadeva, a livello popolare, già in epoca colombiana, quando la resistenza degli indigeni rifiutava ogni apporto colonizzatore; successivamente, quando ormai il tessuto sociale era quasi completamente rinnovato, il fenomeno di autonomia folcloristica si ripeteva. Tuttavia, gli elementi culturali originari sono andati dispersi e non esistono più tracce di folclore primitivo (i mapuche, una cospicua minoranza etnica, sono forse i cileni precolombiani più puri, ma non possiedono un ricco patrimonio folcloristico). Non sussiste, a ben guardare, una tradizione araucana e quel poco che se ne può cogliere non viene accettato dai cileni. La chilenidad è costruita come folclore artificiale, apparentemente autonomo, ma sostanzialmente ricalcato sull'archetipo spagnolo, evidente in vari settori della vita e usato, paradossalmente, come materia di opposizione all'ispanismo. La chilenidad, in ultima analisi, consente al cileno di non confondersi con le altre province della colonizzazione spagnola. Per questa insolita situazione, i cileni, anche folcloristicamente, offrono l'esempio di una cultura in via di continua trasformazione e alla ricerca di sempre nuovi equilibri fra modernità e tradizione. Le feste religiose mescolano sempre sacro e profano, come la festa di S. Sebastiano a Yumbel, quella della Vergine di Crisóbal a Santiago, o quella della Vergine di Guadalupa, tenuta ad Aiquina (nel Deserto di Atacama). Contraddizioni e mescolanze si riscontrano anche nelle feste civili, come quella del 12 ottobre, che commemora la scoperta di Colombo, e quella del 18 settembre, che celebra l'indipendenza raggiunta; in entrambe le ricorrenze lo spirito repubblicano si mescola all'esaltazione di ricordi monarchici. Un aspetto interessante del singolare folclore cileno è costituito dalla musica (v. oltre), che va da forme di derivazione incaica all'originalissima produzione delle genti della Terra del Fuoco (i Fuegini rappresentavano una delle culture più primitive del mondo e oggi conservano ancora in certa misura tradizioni autentiche). L'artigianato è in genere utilitario e poco ricercato, abbastanza uniforme: tipici sono i tessuti al nord e le maschere colorate al centro e al sud. Gli ingredienti base della cucina sono il pesce, la carne di manzo, le verdure e la frutta. Oltre alle tortillas, a base di farina di mais, vi sono vari tipi di pane che accompagnano piatti forti come grigliate, o una grossa bistecca con uova fritte e patatine (lomo a lo pobre). Uno dei piatti nazionali più popolari è sicuramente il curanto, a base di agnello, maiale, manzo, patate, pesce e frutti di mare.
Cultura: letteratura
La lunga e feroce guerra di conquista contro gli indomiti indigeni Araucani e le impressioni della vita locale rappresentano i due temi dell'attività letteraria nei secoli coloniali cileni. Colonia remota dipendente dal viceré del Perú, il Cile riceve da Lima, più che da Madrid, le novità anche artistiche e le rielabora con un forte senso della realtà locale. “Il Cile è l'unico Paese moderno la cui fondazione sia stata immortalata da un poema epico” ha scritto A. Bello, alludendo all'Araucana di Ercilla (1533-1594), poema vissuto prima che scritto e cavalleresca esaltazione degli eroici Araucani vinti. E non fu un caso eccezionale: sull'esempio decisivo dell'Araucana nacquero vari altri poemi epici, dall'Arauco domado (Araucano domato) di Pedro de Oña (1570-1643), primo poema di un autore americano, al Purén indómito di H. Álvarez de Toledo(sec. XVI), a Las guerras de Chile, attribuito a un J. de Mendoza. In prosa, la stessa realtà cilena si riflette in numerose cronache: quelle, per esempio, di C. Molina (Conquista y población del Perú), di A. de Góngora Marmolejo (Historia del reino de Chile), di P. Mariño, D. Rosales (Historia general del reino de Chile) e, a livello più alto, l'Histórica relación del reino de Chile (1646) del padre A. de Ovalle(1601-1651) e quelle dei gesuiti settecenteschi Olivares e Molina (ambedue esiliati in Italia) e il singolare Cautiverio feliz di F. Núñez de Pineda y Bascuñán (1607-1680), narrazione autobiografica spesso notevole per vigore descrittivo. In contrasto con tanta abbondanza di poeti epici e di cronisti, quasi nulla è la produzione di poesia lirica – ma qualche interessante spunto di poesia popolare satirica comincia ad affiorare nel sec. XVIII – e nulla quella teatrale. Agli inizi del sec. XIX l'indipendenza politica porta con sé un totale rinnovamento letterario. Un frate poligrafo e progressista, C. Henríquez (1769-1845), dà inizio alla pubblicistica politico-morale; un umanista di origine venezolana, A. Bello (1781-1865), poeta di classica eleganza, grammatico e pensatore di valore, insegna a più generazioni il gusto del bello e del pensiero critico. Esempi stranieri danno il via a una ricca e varia produzione lirica, che continua ininterrotta fino ai nostri giorni. S. Sanfuentes (1817-1860), H. Irisarri (1819-1886), E. Lillo (1826-1910), G. Matta (1829-1899) e G. Blest Gana (1829-1904) sono i lirici più rappresentativi del romanticismo, mentre con E. de la Barra (1839-1900) si compie un passo cosciente verso il rinnovamento simbolista. Né meno importante è il rinnovamento della prosa. Preceduta dalla bozzettistica “di costumi” e dall'autobiografismo (J. Zapiola, J. J. Vallejo,J. V. Lastarría, V. Pérez Rosales, gran viaggiatore e descrittore, R. Vial, che porta il costumbrismo anche sul teatro,e altri), nasce infine la narrativa, grazie a D. Barros Grez (1834-1904), L. Orrego Luco (1866-1948), A. Díaz Meza (1879-1933), ecc.; e infine un grande, autentico narratore, A. Blest Gana (1830-1920), diplomatico e ammiratore di Balzac, dà al Cile i suoi migliori romanzi dell'Ottocento (Durante la reconquista, Martín Rivas, Los trasplantados, ecc.). Nascono anche il saggio e la critica storica e letteraria con F. Bilbao, M. L. Amunátegui, B. Vicuña Mackenna e J. T. Medina (1852-1920), bibliografo ed erudito di valore. Il modernismo rinnova la poesia lirica, che fiorisce mirabilmente: non a caso il Cile ha avuto due poeti premi Nobel: Gabriela Mistral (1889-1957) e P. Neruda (1904-1973), insigniti del prestigioso riconoscimento rispettivamente nel 1945 e nel 1971, e conta nel Novecento poeti di alto rilievo quali P. de Rokha, V. Huidobro (1893-1948), fondatore del “creazionismo”, C. Pezoa Véliz (1879-1908), M. Magallanes Moure, S. Lillo, C. Mondaca, M. Jara, H. Diaz Casanueva (1907-1992), J. Valle, J. Barrenechea, N. Parra (n. 1914), M. Arteche, E. Lihn (1929-1988), A. Uribe, Gonzalo Rojas (n. 1917), Jorge Teillier (1935-1996) e numerosi altri più giovani, tra cui si ricordano Diego Marqueira (n. 1951) e Raúl Zurita (n. 1950). Importanti anche gli sviluppi della prosa narrativa, grazie a P. Prado (1886-1952), B. Lillo (1867-1923), F. Gana, A. d'Halmar, M. Latorre (1886-1955), E. Barrios, J. Edwards Bello, J. Prieto, M. Rojas (1896-1973), da molti considerato il maggiore romanziere e innovatore del Novecento cileno grazie a opere quali Hijo de ladrón (1951) e Sombras contra el muro (1964), C. Giaconi, C. Huneeus, J. Edwards (n. 1931) e J. Donoso (1925-1996), forse il più originale fra tutti. Durante il lungo periodo della dittatura militare (1973-89) non pochi scrittori hanno dovuto lasciare il Paese per stabilirsi in Spagna, negli Stati Uniti o altrove. Fra essi José Donoso, che ha consolidato la sua fama con alcuni romanzi pubblicati in Spagna e anche in Italia, dove nel 2003 è uscito il suo L’osceno uccello della notte (El obsceno pájaro de la noche, 1970). Altri, come il poeta Nicanor Parra e il narratore Jorge Edwards, sono tornati in patria ancor prima della caduta della dittatura. Comunque, accanto alla poesia cilena, che si è sempre mantenuta all'altezza delle sue brillanti tradizioni, si sono fatte strada nuove generazioni di narratori che vanno da I. Allende (n. 1942), la quale con romanzi come La casa degli spiriti (1982), D’amore e ombra (1984), Il mio paese inventato (2003) e La somma dei giorni (2007), ha venduto oltre 50 milioni di libri in tutto il mondo, ad A. Skármeta (n. 1940), di cui si ricordano Ardiente Paciencia (1985), da cui è stato tratto il film Il postino di Neruda, Match Ball (1992) e El Baile de la victoria (2003), Diamela Eltit (n. 1949), Adolfo Couve (1940-1998), Poli Delano (n. 1936), Ariel Dorfman (n. 1942) e soprattutto L. Sepúlveda (n. 1949-2020), scrittore dal forte impegno politico, autore di best-seller come Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare (1996) e Cronache dal cono sud (2007). Da menzionare anche Marcela Serrano (n. 1951), interprete di una letteratura femminile dai temi universali, e molto apprezzata grazie a opere quali Noi che ci vogliamo così bene, L’albergo delle donne tristi e I quaderni del pianto. Fuori dalle classiche categorie narrative va segnalata l'opera di A. Jodorowsky (n. 1929), tra i più eclettici e prolifici “artisti” cileni a tutto tondo del Novecento, in quanto disegnatore, regista, scrittore di romanzi, racconti, sceneggiature, saggi.
Cultura: arte
Nelle valli del Cile settentrionale sono state scoperte una necropoli e una fortezza (inespugnabile su tre lati) che sono da ricollegarsi alla cultura “El Molle”, caratterizzata da un tipo di ceramica a forte spessore e vivacemente decorata in stile geometrico. Nelle oasi del Deserto di Atacama, gli atacameños costruirono centri urbani di due tipi caratteristici: la pucara (fortilizio in zona collinosa, circondato da mura chiamate pircas) e il pueblo viejo (abitato privo delle mura di difesa), che però non hanno alcun valore artistico; l'arte fittile risente a volte di influssi andini. La terza cultura cilena, quella dei Diaghiti, è nota soprattutto per le sue urne e per un originale tipo di vaso a scarpa, detto jarro zapato, ma interessanti sono anche i gioielli in rame e bronzo che poi, per influsso incaico, furono fusi in oro e argento. Nella storia recente del Cile le arti visive hanno assunto una funzione del tutto particolare: dal 1970 si è sviluppata un'“arte di intervento e di agitazione”, che ha accompagnato l'azione di rinnovamento del governo di Unidad Popular e si è trasformata in coraggiosa opposizione alla dittatura dopo la sua caduta. Vi hanno partecipato artisti, come il pittore e grafico José Balmes, giovani e studenti, organizzati in “brigate” attive in tutto il Paese; le forme predilette sono state la pittura murale (murales) e il manifesto. Tra gli iniziatori dei movimenti surrealista ed espressionista, di influenza europea, nell'arte cilena, emerge su tutti Roberto Matta Echaurren (1911-2002), a cui, nel corso del XX sec. hanno fatto seguito personalità riconosciute a livello internazionale: Pedro Reszka (1872-1960), Camilo Mori (1896-1973), gli scultori Samuel Román (1907-1990) e Marta Colvin (1917-1995), Mario Carreño (1913-1999). Tra i contemporanei più apprezzati ricordiamo Gonzalo Diaz (n. 1947), che spazia dalla fotografia alle installazioni, come Ciro Beltran (n. 1965), Rodrigo Cabezas e molti altri appartenenti alla cosiddetta “generazione del 90”.
Cultura: musica
La vita musicale colta del Cile non presentò motivi di particolare interesse durante il periodo della dominazione spagnola. La prima figura rilevante tra i compositori fu M. Robles (1780-1837). Nel sec. XIX emersero il clarinettista, direttore di banda e compositore J. Zapiola (1804-1885), che fondò a Santiago un'orchestra sinfonica nel 1842, e F. Guzmán (1837-1885), legato al romanticismo europeo. La formazione di una scuola nazionale aperta all'uso di elementi desunti dal folclore fu merito dei compositori nati tra il 1880 e il 1890, dei quali vale la pena ricordare H. Allende, A. Allende e C. Isamitt. La musica popolare cilena è legata a componenti di origine spagnola, cui non si sono mescolati elementi indigeni. Dell'originaria tradizione indigena sopravvivono scarsi elementi riferiti ai gruppi etnici degli Araucani e di altre popolazioni indie: si tratta di danze propiziatorie e di musiche primitive legate a cerimonie religiose. Nei primi anni del Novecento si verificò un grande sviluppo della vita musicale in Cile. In particolare negli anni Venti dove si affermarono Enrique Soro (1884-1954) e Alfonso Leng (1894-1974), autore del poema sinfonico La muerte de Alsino con chiari richiami a Richard Strauss. Ma è con Domingo Santa Cruz (1899-1987) che la musica cilena subì una profonda trasformazione. Santa Cruz nelle sue composizioni utilizzò armonie politonali, spesso dissonanti, anche se all'interno di strutture barocche e classiche. Il suo esperimento stilistico influenzò la successiva generazione di musicisti, tra i quali Juan Orrego-Salas (n.1919), molto conosciuto a livello internazionale. Una grande attenzione a livello internazionale, però, è stata rivolta anche ai cantautori e ai gruppi musicali folcloristici degli anni Settanta che, costretti all'esilio dalla dittatura militare, diffusero largamente in Europa la canzone cilena popolare e di protesta politica. Tra i più noti: gli Inti-Illimani, i Quilapayùn, i Cantores de Quilla Huasi e i Canto General.
Cultura: teatro
Si ebbero rappresentazioni teatrali fin dal 1646, ma per tutto il periodo coloniale esse avvennero soprattutto in occasione di feste religiose, nelle scuole di gesuiti o a corte. Il primo teatro permanente fu costruito a Santiago del Cile nel 1802; per un secolo e mezzo ca. si riflessero qui i vari modi e le diverse scuole del teatro europeo, con non trascurabili apporti di drammaturghi locali. Dominarono gli attori-direttori e i criteri di scelta furono soprattutto commerciali. La situazione cominciò a cambiare intorno al 1936, in seguito all'emigrazione in Cile della grande attrice spagnola M. Xirgu, che introdusse le opere di Lorca e una più moderna idea del teatro. Sulla sua scia, e grazie anche alla vittoria elettorale di Aguirre, sorsero negli anni Quaranta due importanti iniziative di rinnovamento scenico, scaturite entrambe dal mondo studentesco: il Teatro Experimental de la Universidad de Chile (1941), poi Instituto del Teatro de la Universidad de Chile, che presentò soprattutto classici e opere di buon livello del repertorio europeo e americano, e il Teatro de Ensayo de la Universidad Católica (1943), che puntò maggiormente sugli autori nazionali. Il teatro cileno fu caratterizzato, fino agli anni Sessanta, da rappresentazioni riguardanti la storia e il folclore del Paese, in particolare con le opere di F. Debesa (1921-2006), J. Rojas (n.1937), L.A. Heiremans (1928-1964). Successivamente prevalsero contenuti di denuncia sociale con i testi di I. Aguirre (n.1919), S. Vodanovic (1927-2001) , E. Wolff (n. 1926), per la maggior parte ispirati a Brecht. All'inizio degli anni Sessanta, con l'attività del gruppo Ictus, entrò in scena il teatro d'avanguardia. Tra i maggiori esponenti del gruppo, J. Diaz (n. 1930), influenzato dallo sperimentalismo del "teatro dell'assurdo" europeo. I movimenti studenteschi del 1968 portarono a una maggiore politicizzazione dei repertori in una breve stagione immediatamente soffocata dal governo militare (1973) di Pinochet. Molti artisti emigrarono e quelli che rimasero dovettero limitarsi a presentare spettacoli d'evasione. Le cose cominciarono a cambiare nel 1984, grazie a una politica di cauta liberalizzazione del regime, in seguito alla quale nacquero nuovi gruppi e si affermarono nuovi talenti, con repertori attenti ai problemi del Paese e dei suoi cittadini. Denuncia sociale e cronaca sono stati al centro del teatro cileno negli anni Settanta e Ottanta. Dall'inzio degli anni Novanta, l'attenzione si è spostata sulla forma e sul linguaggio fino agli esperimenti di inzio Duemila sul "teatro dell'immagine" e "teatro del silenzio".
Cultura: spettacolo
Il balletto giunse in Cile, come l'opera, soltanto nell'Ottocento, con rappresentazioni di compagnie e complessi stranieri. Una produzione nazionale, seppure di scarsa importanza, e le scuole di danza sono sorte nel secolo attuale; dopo il 1940 si sono costituite le prime compagnie (Ballet de la Universidad de Chile e Ballet Clásico). Ricco è invece il patrimonio delle danze popolari, parte preminente del folclore cileno. Fra i balli popolari più noti e in auge fino al sec. XIX citiamo la danza della trebbiatura (huachambe), il ballo in coppie agua nieve, la zapatera. Sono poi da ricordare anche l'antica danza magica degli Araucani in onore di Canquem, l'uccello sacro della pioggia, ancor oggi eseguita in occasione di feste religiose cattoliche, e le numerose danze creole, con evidenti influssi occidentali (le argentine cielito, pericón, resbalosa, cuando; la peruviana zamacueca o cueca, considerata danza nazionale).
Cultura: cinema
Con tecnica primitiva si produssero a Santiago, Valparaíso e altrove un'ottantina di film nel periodo muto (dal 1917 al 1929), un paio dei quali premiati tra i migliori del Sudamerica. L'avvento del sonoro provocò una crisi durata quasi un decennio. Negli anni Quaranta e Cinquanta gli studi furono ammodernati, si cercò l'apporto di capitali e cineasti stranieri, si mirò a una produzione cosmopolita; si segnalò invece, nel 1958, per gli aspetti neorealistici, La caleta olvidada (La baia dimenticata) di B. Gebel. Un nuovo cinema nacque negli anni Sessanta sulla scia del documentario A Valparaíso (1962) di J. Ivens e sull'esempio del cinéma-vérité (Morir un poco, 1966, di A. Covacevich), stimolato dagli ambienti universitari e dal festival latino-americano di Viña del Mar (1966) e favorito infine dall'ascesa al potere di S. Allende. Il cosiddetto “cinema di Allende”, che non fu tutto politicamente allendista, ma fu il primo e l'unico cinema nazionale nella storia del Paese, durò meno di un triennio, ossia quanto il governo di Unidad Popular. In quel periodo il fervore morale e civile fu assicurato, secondo le linee già presentate nel Manifesto dei cineasti cileni (1970) per una “cultura autenticamente nazionale e, di conseguenza, rivoluzionaria”, dalla convinzione che “il cinema rivoluzionario non nasce per decreto”. C'era stata una preparazione culturale e politica attraverso i cineclub e il lavoro documentaristico di controinformazione sul sottosviluppo e le rapine borghesi e straniere e c'era stato l'incontro decisivo del 1969 a Viña del Mar con gli altri cineasti latino-americani, incontro in cui si cominciò a parlare di “nuovo cinema cileno” sulla base dei primi risultati del biennio 1968-69: Valparaíso, mi amor di A. Francia, Tres tristes tigres di Raúl Ruíz, Caliche sangriento (Salnitro di sangue) di H. Soto, El chacal de Nahueltoro di M. Littín. Lo slancio creativo venne favorito anche dalla nascita di un Istituto Filmico e di una sezione di cinema sperimentale. Tra i documentari spiccano Casa o mierda (1970) e Qué hacer? (Che fare?, 1972) dovuti a collettivi; Compañero presidente (1971) di Littín, El primer año (1972) di P. Guzmán. Tra i film narrativi La tierra prometida (1972) di Littín, Non basta più pregare (1972) di Francia, El realismo socialista (1972) di Ruíz, Voto más fusil (Voto più fucile, 1971) e Metamorfosis del jefe de la policía politica (1973) di Soto, che fu l'ultimo. A partire dal 1973 tutti i cineasti (quelli non imprigionati o uccisi) abbandonarono il Paese; sotto il regime di Pinochet non è più esistito un cinema cileno, mentre si è registrata una rilevante produzione di registi in esilio. Dopo Diálogos de exiliados (1974), Ruíz gira in Francia La vocazione sospesa (1978), primo premio (ex aequo) alla Mostra del film d'autore di Sanremo; Littín realizza Actas de Marusia (1975), Il ricorso del metodo (1978), presentato al Festival di Cannes, e Alsino y el condor (1982); Guzmán, dopo il documentario La batalla de Chile: lucha de un pueblo sin armas (1973-75), esordisce a Cuba con il film narrativo La rosa de los vientos (1983). Ottima l'opera prima Ardiente paciencia (1983) di Antonio Skarmeta, esule in Germania. Negli anni Novanta è soprattutto Ruiz a rappresentare il cinema cileno nei circuiti internazionali con Tre vie e una sola morte (1996) e Il tempo ritrovato (1999). Il cineasta dirige ancora Klimt (2006) e La recta provincia (2007), ma negli anni a cavallo del millennio nuovi autori e nuove produzioni testimoniano la vitalità del cinema cileno. Marcelo Ferrari, Silvio Caiozzi e Carmen Castillo sono solo alcuni dei nomi ospitati nei maggiori festival internazionali. Il Cile è poi attivo partecipe della produzione de I diari della motocicletta (2004), film diretto dal brasiliano Walter Salles e incentrato sul viaggio che contribuì a trasformare E. Guevara nel “Che”. Un cenno lo merita anche Andrés Wood (n. 1965), fattosi conoscere a livello internazionale con il pluripremiato Machuca (2004), storia di un amicizia che attraversa le classi sociali nel Cile di Allende e, poi, Pinochet. Si ricorda infine il documentarista Patritio Guzman (1941).
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