Bellini, Vincènzo (compositore)

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compositore italiano (Catania 1801-Puteaux, Parigi, 1835). Compì i primi studi musicali con il nonno Vincenzo Tobia; nel 1819 entrò nel collegio di musica di Napoli, dove fu allievo di G. Tritto e, dal 1823, di N. Zingarelli. Le sue prime affermazioni, ottenute con le opere Adelson e Salvini (1825) e Bianca e Fernando (1826), commissionata dal teatro San Carlo di Napoli, attirarono l'attenzione del Barbaja, che gli ordinò un lavoro per il Teatro alla Scala: nacque così Il Pirata (1827), momento decisivo nella carriera del musicista, la cui fama cominciava a diffondersi in Italia e all'estero. Il libretto, dovuto a F. Romani, segnò l'inizio di una collaborazione cui Bellini tenne molto, avvertendo soprattutto nella qualità del verso del famoso librettista uno stimolo particolarmente congeniale alla sua ispirazione. Da tale collaborazione nacquero le opere La Straniera (Milano, 1829), Zaira (Parma, 1829), I Capuleti e i Montecchi (Venezia, 1830), La Sonnambula (Milano, 1831), Norma (Milano, 1831) e Beatrice di Tenda (Venezia, 1833). L'insuccesso di quest'ultima e contrasti sorti durante la sua preparazione determinarono la rottura con Romani; il librettista dell'opera seguente, I Puritani (Parigi, 1835), fu C. Pepoli. Nel settembre 1835 il compositore morì, in circostanze non del tutto chiarite, in seguito a una grave malattia intestinale. Nella situazione musicale italiana, dominata dalla figura di Rossini, Bellini si affermò con un accento nuovo e decisamente personale. Il suo interesse si accentrò sull'aspetto puramente vocale dell'opera: sebbene non manchino momenti strumentali geniali, l'orchestra ha infatti in lui minore importanza che in Rossini e così pure la caratterizzazione ritmica del discorso. La melodia belliniana rappresenta l'ultima, personalissima incarnazione del “bel canto”, rivissuto non nei suoi aspetti più virtuosistici ma in una romantica trasfigurazione che aderisce ai suoi caratteri più profondamente espressivi. La vocalità di Bellini si espresse nuova e originale nel suo stretto rapporto con il testo poetico, nel fare assorto, nel meditativo lirismo intriso di malinconia, nel procedere liberissimo che, evitando ogni facile simmetria tradizionale, si svolge e conclude in modo privo di ogni prevedibile convenzionalità e rispondente a un'intensa necessità interiore. Per tali caratteri parte della critica ha riconosciuto nel compositore soltanto l'ispirazione del lirico puro, ma non ha tenuto conto dell'attenzione alla continuità drammatica, che è parte essenziale della sua poetica e implica una visione del melodramma che va situata storicamente al di là degli assimilati presupposti rossiniani e prima della concezione di Verdi. L'estrema cura dei recitativi, spesso di straordinaria bellezza, il modo in cui si innestano nell'aria evitando schematiche soluzioni di continuità, la libera strutturazione delle diverse parti dell'opera tendono a un ideale di “tragedia lirica” che trovò in Norma la più compiuta realizzazione. A simile continuità drammatica Bellini giunse però senza rinnegare la tradizione belcantistica, rinnovandola invece dall'interno; ed è questo forse l'aspetto che meglio caratterizza la sua posizione storica. L'impronta personalissima del musicista si ravvisa già nelle prime due opere, dove non mancano pagine altissime (da Adelson e Salvini fu ripresa l'aria “Oh quante volte” de I Capuleti e i Montecchi). Con Il Pirata egli attinse a risultati di notevole organicità, che vanno al di là dei pregi e dell'interesse della pagina singola; e analoga considerazione vale, a maggior ragione, per La Straniera, più vicina dell'opera precedente a quella continuità e coerenza drammatica che trovò anche ne I Capuleti e i Montecchi una precisa delineazione, nonostante il valore diseguale di molte pagine. Seguirono i capolavori. In La Sonnambula l'ispirazione belliniana si espanse liberamente nei suoi aspetti più lirici ed elegiaci; all'idillio rivissuto come contemplazione e malinconica rievocazione di un mondo perduto seguì poi la compiuta incarnazione tragica di Norma; infine, dopo la discussa parentesi della Beatrice di Tenda (opera pur ricca di pagine altissime, ma non paragonabile ai lavori contemporanei), I Puritani, in cui si avverte la mancanza della collaborazione del Romani. Ma la cura dedicata a rifinire l'orchestrazione e l'individuazione dell'ambiente cavalleresco hanno fatto pensare alla possibilità di un'evoluzione e di un ulteriore arricchimento nell'ispirazione del musicista, prematuramente stroncato dalla morte.

Bibliografia

A. Della Corte, G. Pannain, Vincenzo Bellini, Torino, 1935; L. Cambi, A. Della Corte, G. Gavazzeni, Vincenzo Bellini, a cura di I. Pizzetti, Milano, 1936; F. Pastura, Bellini secondo la storia, Parma, 1959; G. Tintori, Bellini, Milano, 1983.

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