Bang, Herman
giornalista, narratore e regista teatrale danese (Adserballe, Alsen, 1857-Ogden, Utah, 1912). È il maggior rappresentante del decadentismo nordico. Nato in un ambiente familiare difficile (il padre, pastore protestante, morì pazzo e la madre, artisticamente dotata, era tisica), ebbe una vita assai travagliata, che traspose nella tormentata psicologia delle sue opere. Influenzato dal realismo e dal naturalismo francesi, iniziò la sua attività letteraria con saggi critici che raccolse nei volumi Realismo e realisti (1879), Studi critici (1880), A casa e fuori (1881). La sua narrativa, segnata da un pessimismo morboso e decadente ma a volte capace di sollevarsi a una patetica ironia, è di grande interesse per l'intensa penetrazione psicologica e per lo stile impressionistico. Fra le sue opere, che rivelano una profonda comprensione per gli umili e gli infelici, vittime della cattiveria e dell'intolleranza degli uomini, citiamo le due raccolte Novelle eccentriche (1886) e Quiete esistenze (1886), che contiene la delicata storia d'amore Lungo la strada, e i romanzi: Generazioni senza speranza (1880), autobiografico, che tratta il tema della degenerazione biologica; Stucco (1887), satira della vita mondana e letteraria della capitale danese; Tine (1889), storia di un'umile donna sullo sfondo della guerra dano-prussiana del 1864; Irene Holm (1890), storia di una vecchia ballerina che vive di ricordi; Ludvigsbakke (1896), descrizione di una situazione familiare difficile.