Böhme, Jakob

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filosofo e mistico tedesco (Alt Seidenberg 1575-Görlitz 1624). Maestro calzolaio di modesta cultura, andò soggetto, a partire dal 1610, a esperienze estatico-visionarie, che egli intese come diretta illuminazione divina. Nonostante l'opposizione dell'ortodossia luterana, le sue opere (che in un primo tempo circolavano manoscritte) si diffusero rapidamente. Per Böhme l'essere è volontà. Dio è il Dio vivente come volontà generante eternamente se stessa. Immaginando in se stessa, la volontà divina coglie l'immagine di sé in cui si riflette come nel progetto di sé, al di qua ancora della sua effettiva attuazione-realizzazione. La volontà divina, così autoriflettentesi in un'immagine di sé, è amore, ma non potrebbe consapevolizzarsi né manifestarsi come tale se non avesse in sé un principio opposto, un contrarium, che è principio di “egoità”, egoismo tendente a sopraffare, riempiendola di sé, la volontà. È questo il fondo oscuro, inconscio, della volontà, inteso da Böhme come brama, concupiscenza. La volontà si struttura cioè di due componenti: una noetica-razionale (l'idea di ciò che la volontà vuole; nel caso di Dio l'idea di se stesso) e una inconscia-irrazionale (l'eterna natura o brama, la forza di volere della volontà). La volontà divina si realizza costringendo la propria natura a sottomettersi alla propria idea, impedendole cioè di attualizzare l'egoità. Questa, messa così al servizio dell'amore, è il contrarium che, attuandolo, lo manifesta, per contrapposizione. La prospettiva di Böhme non è manichea. Nell'uomo in cui, in seguito alla creazione, l'eterna natura si è particolarizzata (finitizzata) diventando la radice, il principio della sua individuale egoità, essa è possibilità del male. Il peccato originale è la messa in atto di questa possibilità: anziché sottometterla alla volontà divina (all'idea) l'uomo ha deliberatamente, e quindi liberamente, fatto propria l'egoità della sua natura. L'incarnazione di Cristo consente all'uomo di tornare a rimettere la propria natura all'idea o volontà divina e di ripetere così in sé, ma indipendentemente da quella che eternamente avviene in Dio, la genesi divina. La filosofia di Böhme è dunque filosofia della libertà, fortemente polemica nei riguardi della dottrina della doppia predestinazione. A questo, che ne costituisce il nucleo metafisico ed etico-religioso, si accompagnano ampie disquisizioni cosmologiche ed escatologiche. Scritta in forma oscura e di ardua lettura, l'opera di Böhme conobbe ciononostante un'enorme diffusione negli ambienti teosofico-mistici non solo dei Paesi di lingua tedesca, ma anche in Olanda, Inghilterra, Francia e Russia. Böhme influì sul Romanticismo (Novalis, Baader) e sull'idealismo (Schelling, Hegel) tedeschi e sulla filosofia russa della religione. Tra le opere principali si ricordano: Von der Menschwerdung Jesu Christi (1620; L'incarnazione di Gesù Cristo), De signatura rerum (1622; Sul significato delle cose), Von der Gnadenwahl (1623; Della elezione per grazia), Mysterium magnum (1623), Aurora, oder Morgenröte im Aufgang (postuma, 1634; Aurora o il rosseggiare del mattino in ascesa).

Bibliografia

L. C. Richter, Jacob Boehme, Amburgo, 1949; F. Spunda, Das Mystische Leben Jacob Boehmes (Lehre und Symbol), Zurigo, 1955; H. Gunski, Jakob Boehme, Stoccarda, 1956; F. Hartmann, Il mondo magico di Jacob Böhme, Roma, 1982.

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