Aung San Suu Kyi
leader politica birmana (Rangoon 1945). Figlia di Aung San, lasciò la Birmania (ora Myanmar) prima per l'India, poi per la Gran Bretagna, dove completò gli studi a Oxford. Sposata un insegnante inglese, si trasferì con lui a New York. Tornata a Rangoon nel 1988, in un momento di diffuse agitazioni sociali represse con ferocia dai militari, è scesa in campo contro il regime, fondando la Lega nazionale per la democrazia (LND), vincitrice a schiacciante maggioranza delle elezioni del 1990; risultato peraltro non riconosciuto dai militari che, dopo aver escluso dalla competizione elettorale i leader dell'opposizione, tra cui la stessa Aung San Suu Kyi, agli arresti domiciliari (alternati alla residenza coatta) dal luglio 1989, hanno rifiutato di cedere il potere. Nel 1991, in riconoscimento del suo impegno democratico e del suo coraggio civile, è stata insignita del premio Nobel per la pace. Nel luglio 1998 Aung San Suu Kyi si è resa protagonista di una singolare protesta contro il regime dei generali di Rangoon rimanendo per giorni chiusa nella sua automobile davanti a un posto di blocco che le impediva di incontrare i propri compagni della Lega nazionale per la democrazia (LND). Tutto ciò avveniva mentre a Manila si svolgeva il Forum dell'ASEAN (l'associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico), presenti ben 21 ministri degli Esteri tra cui anche il rappresentante di Rangoon, nonché il segretario di Stato statunitense Madeleine Albright. Quest'ultima esortava il governo birmano a cercare delle soluzioni alla grave crisi economica e sociale che da tempo attraversa il Paese. Nel settembre 2000 Aung San Suu Kyi era nuovamente costretta agli arresti domiciliari, che venivano revocati nel 2002 per un breve periodo. Dopo le manifestazioni di protesta (settembre 2007) Aung San Suu Kyi incontrava un rappresentante delle Nazioni Unite, per discutere la difficile situazione politica. Nel maggio 2009 veniva nuovamente arrestata e sottoposta agli arresti domiciliari. Nel novembre del 2010 non poteva partecipare alle elezioni politiche, venendo liberata subito dopo, ma alle successive elezioni del marzo 2012, alla guida della Lega Nazionale per la Democrazia (NLD), riusciva a ottenere una storica vittoria. Alle elezioni del 2015, le prime libere dalla fine della dittatura militare, la Lega Nazionale per la Democrazia ha ottenuto una grande vittoria, registrando più del 70% dei voti. Non potendo diventare lei stessa presidente di Myanmar a causa un articolo della Costituzione che proibisce l’assunzione di tale carica ai cittadini sposati con stranieri, nel 2016 è diventato presidente un suo stretto collaboratore, l’economista Htin kyaw. Aung San Suu Kyi ha assunto nello stesso anno la carica di ministro degli Esteri e di Consigliere di Stato (carica assimilabile a quella di Primo Ministro), esercitando de facto la guida del Paese. Alle elezioni del 2018 la LND ha ottenuto una nuova vittoria, ma il suo consenso nel Paese è diminuito a causa delle violenze perpetrate dall’esercito birmano conto la minoranza musulmana Rohingya. Le elezioni del novembre 2020 hanno riconfermato Aung San Suu Kyi alla guida del paese, ma il risultato elettorale è stato contestato dai militari del Paese, che hanno accusato l'LND di brogli elettorali. Per questa ragione, il 1° febbraio 2021 le forze armate birmane hanno organizzato un colpo di stato, in seguito al quale Aung San Suu Kyi è stata arrestata insieme al presidente Win Myint e richiusa nella prigione di Naypydaw. Il 5 febbraio 2021 la leader birmana è stata trasferita agli arresti domiciliari presso la sua abitazione di Naypydaw.
Aung San Suu Kyi è considerata in tutto il mondo un’icona della pace e della non violenza, a cui hanno espresso il proprio sostegno molti intellettuali e artisti. Nel 2003 gli U2 le hanno dedicato il singolo Walk on, contenuto nell’album All that you can’t leave behind, mentre nel 2011 il regista francese Luc Besson ha diretto un film incentrato sulla sua vita dal titolo The Lady. Negli ultimi anni, il suo atteggiamento indifferente nei confronti delle violenze ai danni della minoranza Rohingya, le hanno però causato molte critiche presso l’opinione pubblica mondiale.